Circa 20mila euro spesi per l’acquisto di 4100 dispositivi di protezione individuale dal 18 marzo scorso; a fare i conti è la consigliera comunale del Partito Democratico Sandra Tagliaboschi che in una nota inviata a questa redazione spiega quanto segue: “da una prima ricognizione, che ho effettuato con l’accesso agli atti richiesto come consigliere comunale, risulta che dal 18 marzo 2020 ad oggi il Comune di Anagni ha speso circa 20 mila euro (per l’esattezza 19.398 euro) per l’acquisto di 4.100 mascherine di protezione”.
Come tutti sanno, in molti Comuni – solo per citarne alcuni di quelli a noi più vicini, Frosinone, Ferentino, Fiuggi, Acuto, Paliano e Sgurgola – i sindaci hanno fatto consegnare le mascherine a tutti i cittadini direttamente a domicilio tramite la protezione civile o il servizio postale”.
Aggiunge, poi, la consigliera: “il Comune di Anagni non ha ritenuto necessario provvedere ai bisogni dell’intera popolazione nonostante i costi delle mascherine, soprattutto nella prima fase della pandemia, non fossero alla portata di tutti e un aiuto in tal senso dalla pubblica amministrazione sarebbe stato indispensabile. Ma, dal momento che una buona quantità di dispositivi di protezione sono stati acquistati e che ad essi vanno aggiunti quelli donati dalle attività locali, almeno 2000, c’è da chiedersi come siano state utilizzate le circa 6.000 mascherine comunque a disposizione del Comune di Anagni.
A chi sono state distribuite e, soprattutto, quali criteri sono stati seguiti per la loro consegna? A parte la distribuzione nell’ex ospedale ai pazienti con gravi patologie e quella effettuata ai percettori di buoni spesa, non sono state rese pubbliche altre modalità di consegna delle mascherine. Visto che essa non ha riguardato tutti i cittadini, tra i quali molti anziani, come sono stati individuati gli anagnini che le hanno ricevute?
Essendo state acquistate le mascherine con soldi pubblici, per un’esigenza di trasparenza, imprescindibile per un’amministrazione comunale, il sindaco dovrebbe fare chiarezza sulla gestione della vicenda e senza nascondersi dietro il fatto che ad occuparsene è stata la Polizia Locale.
I cittadini hanno il diritto di sapere, soprattutto chi le mascherine non le ha ricevute in base non si sa a quali canoni di discrezionalità”.