L’emergenza Coronavirus sta cambiando radicalmente le nostre abitudini. Si esce di meno, pochissimo, si acquistano solo generi di prima necessità e gli aperitivi con gli amici sono un lontano ricordo. Da un paio di giorni poi, i dati diffusi dalla Protezione Civile certificano che i contagi stanno diminuendo. Tuttavia, è ancora presto per affermare che siamo fuori dal tunnel. Al momento infatti non siamo ancora in possesso di un vaccino in grado di sconfiggere il Covid-19 e le cure attualmente messe in atto – si pensi ad esempio ai farmaci per curare l’artrite – sono sperimentali. La scienza si divide su quale sia la strada migliore da seguire; una cosa però è certa: bisogna rimanere a casa. Solo così infatti, si potranno arrestare i contagi.
Ma questo stare a casa
cosa implica per noi? Cosa comporta rimanere tra le mura
domestiche, limitando il più possibile i contatti con il mondo
esterno? Innanzitutto, la quarantena ci sta aiutando a recuperare i
rapporti con i membri delle nostre famiglie: si parla di più
rispetto a prima, si condividono idee, ricordi, passioni e speranze
future. Si assapora un buon bicchiere di vino, si legge un libro, si
riordina la casa.
C’è chi ascolta musica – dentro o fuori il
balcone – c’è chi cucina, c’è chi insegna un gioco nuovo ad un
bimbo che cresce. In buona sostanza, possiamo dire – prendendo in
prestito quanto ha scritto Renato Farina qualche giorno fa sul
quotidiano Libero – che “si cerca l’essenziale. E
l’essenziale oggi si trova oltre la soglia del visibile”.
Si trova cioè oltre qualcosa che non possiamo afferrare, che non
possiamo né vedere né sentire, solo contemplare. A prescindere dal
fatto che si possa credere in Dio o meno, la fase storica che stiamo
attraversando certifica che da soli non possiamo farcela. E allora è
preghiera anche portare del cibo a chi una casa non ce l’ha; è
preghiera anche dedicarsi ai propri cari. E’ preghiera anche
rispettare le regole che impongono di non uscire. Non si prega
solo con il Rosario in mano, insomma.
E se pregare aiuta perché rigenera la mente e lo spirito, riscoprire l’essenziale significa di questi tempi anche prestare attenzione a ciò che i nostri sindaci ci suggeriscono di fare. La morte non ci spaventa mai abbastanza se colpisce gli altri. Ma l’assurda scomparsa di Emanuele, il giovane di 34 anni originario di Cave ucciso a Roma dal Covid-19, ci ricorda che nessuno è immune dal contagio. Ci ricorda anche che nessuno si salva da solo ed è quindi necessario stringersi l’uno all’altro per erigere una barriera che fermi questo maledetto virus.
Ieri – lunedì 23 marzo 2020 – l’edizione regionale del Tg3 ha documentato con cura il lavoro svolto dalla Protezione Civile di Piglio e possiamo dire che in quel servizio è riassunto anche gran parte di ciò che qui si sta cercando di dire.
I nostri Comuni, i cittadini della nostra provincia stanno rispondendo bene alle norme imposte dal governo e dai sindaci tutti. Quello che non dobbiamo perdere di vista però è il bene comune, il bene della nostra collettività. Un bene che si realizza se saremo in grado di accantonare il superfluo per riscoprire l’essenziale.
Solo così, una volta che il virus svanirà, saremo in grado di dirci cittadini migliori rispetto al passato.
articolo a cura di Angelica Stramazzi