“Seppure in quantità variabili, i pazienti guariti da COVID-19 producono anticorpi contro il virus. Questo è bene perché rende affidabile la diagnosi sierologica e, se gli anticorpi fossero proteggenti, promette bene per l’immunità“; ad affermarlo con un post su Twitter è Roberto Burioni, medico, docente di Microbiologia e Virologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, che cita pure https://www.nature.com/articles/s41591-020-0897-1un articolo sullo studio cinese pubblicato da Nature Medicine, in cui si legge: “a 19 giorni dai sintomi il 100 per cento dei pazienti esaminati (285) avevano sviluppato le IgG contro Sars-CoV-2. Con livelli diversi, ai quali peraltro – precisano gli autori – non corrispondevano particolari caratteristiche cliniche dei pazienti”.
Le IgM vengono prodotte temporalmente per prime in caso di infezione. Con il tempo il loro livello cala per lasciare spazio alle IgG. Quando nel sangue vengono rilevate queste ultime, le IgG, significa che l’infezione si è verificata già da diverso tempo e la persona tendenzialmente è immune al virus. È importante dunque che lo studio abbia trovato gli anticorpi deputati alla protezione più duratura.
articolo a cura di Francesco Recchia