Una tradizione che sì, si rinnova, ma che guarda al passato della città e alla Fede devozionale comunitaria che da secoli la città di Anagni nutre nei confronti del suo protettore San Magno, santo patrono. E che, per la prima volta nella storia recente, la città celebra senza riempirsi di luminarie e senza vestirsi a festa, viste le restrizioni ancora in vigore in materia di contenimento dell’emergenza sanitaria.
Ma, nonostante le restrizioni, la comunità anagnina non ha rinunciato ad alcune delle tradizionali celebrazioni che quest’anno hanno avuto un significato particolare per via del particolare momento che sta vivendo; nessuna serata di festa, oggi 19 agosto, né la tradizionale processione lungo il centro storico della città. Si svolgerà, però, questa mattina la tradizionale fiera delle merci lungo tutto il corso Vittorio Emanuele a cui gli anagnini, tutti gli anni, partecipano numerosi.
E, per quanto riguarda l’aspetto religioso, ieri – in piazza Innocenzo III – si è svolta la tradizionale messa in onore del santo patrono. A celebrarla, mons. Leonardo D’Ascenzo, arcivescovo di Trani-Barletta-Bisceglie e già rettore del Pontificio Collegio Leoniano di Anagni dopo esserne stato direttore spirituale, vicerettore e responsabile della comunità propedeutica.
Partendo dal Vangelo di Matteo in cui Gesù invita a non aver paura di coloro che uccidono il corpo ma di colui che ha potere di uccidere e l’anima e il corpo, mons. D’Ascenzo ha esordito parlando della paura di ciò che è legato alla dimensione corporea della nostra vita per poi metterci davanti l’orizzonte più ampio della vita che va oltre la dimensione corporea.
Ha quindi, poi, fatto riferimento al tempo della pandemia in cui abbiamo sperimentato proprio queste paure. Quindi ha richiamato la citazione di un documento di diversi anni fa riguardanti le vocazioni di cui abbiamo bisogno e nel quale veniva ricordato il valore della vita come dono ricevuto e come dono da offrire per mettere l’accento su un aspetto della nostra esistenza che tutti potremmo condividere, al di là del credo religioso di ciascuno: la vita non ce la siamo data, è un dono, e un dono è fatto apposta per essere donato.
I martiri hanno realizzato proprio questo duplice aspetto della vita. La sua riflessione poi si è avviata alla conclusione ricordando una felice espressione di un sacerdote che anni addietro aveva ascoltato: nella vita le possibilità di scelta sono solo due, non ce n’è una terza. O si vive da martiri o si vive da vampiri, o si vive per donare o si vive per approfittarsi degli altri, o si vive dare il proprio sangue o si vive per succhiare il sangue altrui.
Alla funzione religiosa, celebrata all’aperto, hanno partecipato in molti, tra cui anche diversi rappresentanti istituzionali dei Comuni viciniori, tutti rigorosamente distanziati e muniti di mascherine. Seduti ordinatamente gli uomini e le donne di Anagni hanno dimostrato ancora una volta il loro attaccamento alla terra d’origine e un bellissimo senso di appartenenza alla propria comunità.
articolo a cura di Ivan Quiselli; si ringrazia don Marcello Coretti per la preziosa collaborazione e disponibilità