Dal Coordinamento intercomunale Salute Ambiente e Territorio riceviamo la seguente nota che di seguito pubblichiamo integralmente e senza modifiche:
Per comprendere il futuro della valle del Sacco nell’economia circolare delineata dal Piano regionale di gestione dei rifiuti (2019-2025) e per renderci conto che poco o nulla cambierà nelle politiche ambientali del nostro territorio dobbiamo partire da Colleferro, che si conferma crocevia di interessi politico-economici legati al fiorente mercato dei rifiuti laziali (DCR 5.8.2020, n. 4).
Nonostante il grande clamore mediatico di alcuni fatti (Accordo di programma, bonifica SIN, inceneritori e discarica di Colleferro), che non hanno aggredito la questione ambientale, la valle del Sacco resterà strenuamente avviluppata al traffico e al business dei rifiuti con una impiantistica a supporto del fabbisogno regionale.
Continuare ad avvelenare la valle del Sacco, in nome della sostenibilità ambientale e sotto la bandiera dell’economia circolare, con la falsa ambizione di riqualificare le aree compromesse nel SIN, è uno dei criteri preferenziali del Piano: scelta condivisa dal Consiglio regionale, salvo l’opposizione di pochissimi Consiglieri, e appoggiata dai Comuni “satelliti” di Colleferro.
Il Piano infatti riconverte i 2 inceneritori di colle Sughero in un compound industriale, una nuova struttura “strategica”, e ipotizza due scenari: far arrivare a Colleferro gli “scarti provenienti dal trattamento dei rifiuti urbani indifferenziati prodotti da Roma Capitale” e in tutto il territorio regionale.
Questo processo “comincerà dalla riconversione del sito di Colleferro, trasformando gli inceneritori in altra tipologia impiantistica che persegua obiettivi di recupero di materia … per ricevere e trattare i rifiuti urbani e nello specifico sia la frazione organica stabilizzata (FOS) sia gli scarti non combustibili per trasformarli in materie prime seconde (MPS), sottoprodotti e prodotti… dai TMB in esercizio nel Comune di Roma Capitale e della Regione”, secondo il nuovo paradigma sostenibile: l’economia circolare.
Se per il Presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, il compound è “una vera e propria rivoluzione impiantistica” e per il Comune di Colleferro un ottimo affare, per la comunità è una scelta sbagliata, perché se la Regione ha pianificato la nascita di un ecodistretto dei rifiuti vuol dire che non intende bonificare il territorio e ridurre i quantitativi da smaltire, ma incrementare i profitti attraverso la green economy.
“La Regione e Lazio Ambiente spa, di concerto con gli Enti locali interessati, stanno valutando la possibilità di ridurre la potenzialità impiantistica” da 500 a 250 mila tonnellate (pag. 326 del Piano). Il compound avrà comunque una dimensione sovracomunale, superiore al suo fabbisogno di ambito territoriale, come la dotazione impiantistica per i rifiuti del Consorzio Minerva, di cui siamo in attesa degli sviluppi, mentre i risultati negativi li abbiamo già visti e sono sui bilanci dei Comuni soci: perdita di circa 150 mila € per un mese di attività del 2019 e ricapitalizzazione per oltre 1 milione di €.
Se per la bonifica di colle Sughero, l’area dei 2 inceneritori contaminata da cromo esavalente, e per la loro dismissione siano stati stanziati fondi, a quanto ammontino e quando saranno avviate tali operazioni non è stato reso pubblico, nella disattenzione generale di Enti e Autorità locali.
Il “superamento” degli inceneritori è avvenuto dunque con l’imposizione di un nuovo impianto con significative ricadute sul piano ambientale e sanitario, poichè peggiorerà la qualità dell’aria e non garantirà il cambio di rotta tante volte millantato nella valle del Sacco. Gli scarti del compound che arriveranno a Colleferro e che produrrà Minerva necessiteranno di una discarica di servizio e Colle Fagiolara ha ancora volumetrie disponibili (circa 250-300 mila tonnellate).
Il 5.1.2020 i cancelli del sito sono stati “chiusi” dai Comuni per calcolo allo scopo di fermare i conferimenti e riservare la capienza residua al compound e al Consorzio. Gli atti della Regione dimostrano che la discarica di Colleferro non ha raggiunto la saturazione e che quindi non poteva e non può essere chiusa prima del suo esaurimento: la copertura a “panettone” non la vedremo nemmeno a Natale!
Con la recente modifica dell’autorizzazione (AIA, DR 4.5.2020, n. G0 5173) si sta effettuando solo la messa in sicurezza della discarica (non la chiusura), che necessita di interventi di adeguamento statico, di rimodellamento della conformazione del sito e di altri aggiornamenti funzionali: possiamo ritenere che si stiano approntando le condizioni per la ripresa dei conferimenti della FOS, che potrà generare introiti potenziali per Lazio Ambiente (circa 10.000.000,00 €) e per il Comune di Colleferro.
La società ha avviato infatti un progetto con l’Università La sapienza di Roma per la messa in sicurezza geotecnica dell’area attraverso l’utilizzo di terreno vegetale e FOS. Inoltre al fine di far fronte alla maggiore produzione di energia da biogas da digestione anaerobica Lazio Ambiente ha indetto un bando di gara (20.7.2020) per installare a colle Fagiolara un cogeneratore della potenza elettrica di 700KW.
Quanto agli ATO, dopo i “giochi” di palazzo tra Raggi e Zingaretti, la soluzione individuata dal Piano rifiuti è stata quella di riportarli nella dimensione provinciale: il subambito di Roma è sparito e finché la Capitale non avrà raggiunto l’autosufficienza impiantistica per il trattamento e smaltimento dei rifiuti resta la possibilità di ricorrere sine die agli impianti degli altri ATO, vanificando l’autonomia degli ambiti territoriali.
Questa opzione nel vecchio Piano era prevista solo in caso di dichiarata emergenza rifiuti. Ora invece il ricorso ad un ambito diverso è strutturate e quindi possiamo essere certi che nei prossimi anni nel Lazio non ci sarà la chiusura del ciclo dei rifiuti a livello di singoli ATO.
Lo stesso discorso vale per “la ciambella”, il territorio dell’area metropolitana, compreso Colleferro. Quando sarà autosufficiente per il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti? Quando saranno avviati gli studi del Programma di valutazione epidemiologica della popolazione residente nel SIN bacino del fiume Sacco? Intanto il Presidio Sanitario Ambientale (PRE.S.A) presso l’ospedale di Anagni, finanziato per 960.000 €, e pubblicizzato con la grancassa, tra il 2017 e il 2019, dall’ex Assessore regionale Buschini e poi Valeriani è stato soppresso.