100mila euro per interventi che sarebbero dovuti essere destinati alla messa in sicurezza della croce ferrea posta sulla sommità della copertura della chiesa di sant’Agostino, nel pieno centro storico cittadino, e per la sistemazione del cornicione dello stesso edificio, soggetto – da qualche anno a questa parte – ad un grave stato di deterioramento che aveva determinato la transennatura dell’area immediatamente attigua all’entrata della chiesa. A stanziarli, grazie anche dalla pressante campagna di stampa portata avanti da questo giornale, era stato – a febbraio 2019 – il Fondo Edifici di Culto del Ministero dell’Interno, ente dotato di personalità giuridica cui è affidata la missione di assicurare la tutela, la valorizzazione, la conservazione e il restauro di un immenso patrimonio diffuso su tutto il territorio nazionale, costituito da oltre settecento chiese, conventi, caserme, un castello, unità immobiliari, fondi rustici, cascine, boschi e selve.
L’intervento – avevano fatto sapere dal FEC – era finalizzato “a prevenire eventuali, ulteriori rischi di distacchi di elementi architettonici decorativi a tutela della pubblica incolumità”.
Il Comune di Anagni si svincola, l’assessore e vicesindaco Vittorio D’Ercole… si defila
L’importo finanziato era oggettivamente limitato ed è stato utilizzato – perlopiù – per realizzare delle opere di consolidamento ritenute prioritarie rispetto al restauro della facciata. Della questione, del lavoro svolto e delle dinamiche relative al cantiere affidato per somma urgenza e modificato in corso d’opera per lavorazioni non valutate in fase progettuale ma a lavori iniziati avevamo più volte chiesto conto al vicesindaco e attuale assessore all’Urbanistica avv. Vittorio D’Ercole il quale però aveva preferito smarcarsi adottando un atteggiamento evasivo, per nulla adeguato all’importante ruolo politico rivestito. Evidentemente le domande poste erano state ritenute scomode ed imbarazzanti, tali da non meritare una risposta.
L’intervista all’arch. Margherita Eichberg, Soprintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Roma, la provincia di Viterbo e l’Etruria meridionale
Ci siamo – dunque – rivolti all’arch. Margherita Eichberg, Soprintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Roma, la provincia di Viterbo e l’Etruria meridionale, che – dei lavori alla chiesa di sant’Agostino – era stata nominata Responsabile Unico del Procedimento, cioè quella figura incaricata tra le altre cose di autorizzare il direttore dei lavori alla consegna dei lavori e di svolgere le attività di accertamento della data di effettivo inizio, nonché di ogni altro termine di svolgimento degli stessi.
Le sue risposte sono state cortesi ed esaustive, a fronte delle stesse domande “scomode” rivolte al vicesindaco, che – come detto – ha preferito invece defilarsi. Riportiamo, di seguito, l’intervista integrale.
Arch. Eichberg, perché sono stati smontati i ponteggi senza aver provveduto al rifacimento della facciata che era uno dei due principali obiettivi dell’appalto?
Perché sono finiti i lavori appaltati.Al termine di qualsiasi lavorazione intrapresa in cantieri fissi, vanno infatti smontati tutti gli apprestamenti di cantiere, ivi compresi i ponteggi, che nel caso specifico, come previsto in progetto, sono stati noleggiati a caldo (in quanto di proprietà della stessa impresa) e compensati per il periodo dei lavori. Va fatta una premessa: l’immobile è annoverato negli elenchi del patrimonio del Fondo edifici di culto (FEC), ente dotato di personalità giuridica legalmente rappresentato dal Ministro dell’Interno pro tempore. L’origine di questo patrimonio deriva dalle leggi della seconda metà del 1800 con le quali lo Stato italiano soppresse alcuni enti Ecclesiastici, ed è amministrato da una Direzione centrale del dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione del Ministero, affiancata da un Consiglio di amministrazione. A livello provinciale è gestito dalle Prefetture. La sua missione è quella di assicurare la tutela, la valorizzazione, la conservazione e il restauro dei beni, per questi ultimi avvalendosi della collaborazione con il Ministero della cultura.
I lavori sono cominciati a seguito di un intervento del Comando Provinciale dei VV.FF. che, allertato dal comune di Anagni, aveva provveduto a rimuovere le parti pericolanti della facciata. A seguito di forti eventi atmosferici, si era evidenziato il particolare stato di degrado del cornicione e della facciata stessa del sacro edificio, e lo stato di precarietà della croce metallica posta sul timpano.
La Soprintendenza verificava la gravità della situazione, le incoerenze e la mancanza di elementi orizzontali atti ad impedire infiltrazioni di acque meteoriche sulla facciata, e riteneva utile prevedere un intervento esteso a tutta la superficie, non escludendo la possibilità del distacco di stucchi, cornici, parti di intonaco, non rilevate con certezza dall’esame visivo da terra. Il Fondo Edificio di Culto assicurava una copertura finanziaria di € 100.000,00.
I lavori sono state avviati in somma urgenza in quanto necessari a rimuovere lo stato di pericolo per la pubblica incolumità ed affidati ad un’impresa di fiducia, che disponeva di maestranze e mezzi d’opera necessari ad un tempestivo intervento.
Una volta montati i ponteggi si è potuto meglio verificare la situazione, constatando che esisteva un problema ancora più grave di quelli rilevati dal basso, costituito dall’instabilità del timpano in muratura (sul quale era incastrata la croce), evidenziata da una pericolosa oscillazione. L’instabilità era evidente, anche ad una semplice sollecitazione manuale, e causata presumibilmente dell’incoerenza dei materiali costruttivi, combinati con l’eccessiva altezza in ragione di un esiguo spessore.
La perizia di variante redatta in corso d’opera non ha sensibilmente alterato la natura dell’intervento, ma ha definito aspetti di dettaglio da porre in atto per la salvaguardia del monumento e della pubblica incolumità attraverso una ridistribuzione delle risorse economiche a disposizione, rinunciando alle lavorazioni relative alla riqualificazione della facciata, limitando l’intervento al solo rifacimento delle porzioni di cornicioni che presentavano pericolo di crollo e la posa di copertine sulle parti aggettanti per impedire infiltrazioni d’acqua.
Sono state progettate le opere strutturali da porre in atto per la risoluzione immediata del problema statico del timpano, eliminandone la pericolosa oscillazione.
La riqualificazione della facciata sarà oggetto di futuro intervento ed approvazione di quanto successivamente richiesto al Fondo Edificio del Culto.
Perché sul cartello dei lavori non sono riportate le somme relative al finanziamento e all’importo dei lavori?
Anche se sul cartello non è stata riportata la cifra del finanziamento, tra i documenti tenuti in cantiere era presente la “notifica preliminare” che, oltre ad altre informazioni, riportava in modo evidente la somma totale del finanziamento e l’importo a base d’appalto.
Visto che non è stata consolidata la croce metallica che è stata depositata nella chiesa come mai sono mancati i fondi per rifare la facciata?
Relativamente al riposizionamento della croce metallica previsto in progetto (rimossa nel corso dei lavori per ridurre le oscillazioni trasmesse alla muratura), la stessa non è stata riposizionata nella sua sede non per mancanza di fondi (in quanto previsti in progetto sia per il suo restauro che per il riposizionamento) ma perché in fase di sopralluogo congiunto con gli ingegneri progettisti si è valutato di non procedere, al momento, alla ricollocazione della stessa ma di rinviarla all’esito di una serie di indagini e approfondimenti conoscitivi.
Le stesse saranno incluse all’interno di una campagna più estesa di indagini diagnostiche e conoscitive sul bene, per un più completo e generale intervento di consolidamento strutturale e restauro, che dovrà riguardare anche le murature, le volte e le coperture, per il quale è stato richiesto un finanziamento.
Per rifare la facciata sarà necessario, una volta trovato un altro finanziamento rimontare nuovamente i ponteggi? A quanto ammonta il costo dei ponteggi riconosciuto all’impresa?
Come già detto, al termine di qualsiasi lavorazione intrapresa nei cantieri fissi, vanno smontati tutti gli apprestamenti di cantiere. E’ stato un onere dell’impresa le visite periodiche e gli eventuali aggiustamenti delle opere provvisionali durante i periodi di sospensione.
All’atto di una nuova perizia per il completamento delle opere di restauro e riqualificazione dell’immobile di culto, allo stesso modo verranno previsti oneri per gli apprestamenti di cantiere compresi i ponteggi occorrenti, per tutta la durata delle lavorazioni.
Può da ritenersi “etico”, secondo Lei, che con fondi statali sia stato appaltato un lavoro di somma urgenza per il restauro della facciata e per il consolidamento della croce in ferro e non aver completato né l’uno né l’altro?
Il fine principale della nostra Amministrazione è quello di assicurare la tutela del patrimonio culturale e la salvaguardia della pubblica incolumità, per cui, come chiarito in precedenza, considerato quanto è stato riscontrato dopo l’installazione dei ponteggi (instabilità del timpano e pericolo di ribaltamento), considerata la necessità di redigere una perizia di variante, si sono dovute effettuare delle scelte in ragione delle suddette priorità, e non è stato possibile completare l’intero intervento previsto.
Ci può spiegare cosa ha determinato la variante al progetto che ha impedito di trovare delle piccole somme necessarie per ritinteggiare la facciata?
Vista la motivazione alla base della variante di progetto e le lavorazioni previste per la sua realizzazione, non è stato possibile trovare somme residue per il restauro della facciata, considerato inoltre che la stessa necessita non soltanto di una tinteggiatura ma di una serie di opere propedeutiche al buon risultato, attinenti a lavorazioni di tipo OSA (consolidamenti, lavaggi, rifacimenti di parti di intonaco, ecc..) e che tali opere vanno previste per superfici molto grandi, pari a circa oltre mq. 500.
Sempre nell’ottica della tutela del bene e della salvaguardia delle persone, si è deciso di effettuare soltanto quelle lavorazioni in facciata di primaria importanza, come il rifacimento dei cornicioni (si ricorda che la segnalazione dei VV.FF. riguardava anche la caduta di parti di essi) e si è stabilito di sostituire interamente le lastre di copertura dei cornicioni stessi, in parte in amianto e in parte in ardesia ammalorata (e non solo una percentuale come previsto nel progetto iniziale) con nuove lastre in rame sagomate su misura.
Oltre alla pandemia, c’è stato qualcosa d’altro che ha determinato quest’allungamento dei lavori visto che da 180 giorni previsti si è passati a quasi 720 giorni?
Le cause cha hanno determinato l’allungamento dei tempi di realizzazione dell’intervento sono state: lo smaltimento dell’amianto (non previsto); la redazione del progetto di variante; la sospensione del cantiere a causa della pandemia ; la difficoltà, una volta riaperto il cantiere, di approvvigionamento dei materiali, soprattutto il ferro per l’intervento strutturale, a causa della chiusura dei fornitori.
Ci può relazionare sui lavori effettivamente eseguiti sulla chiesa?
Si premette che i lavori sono stati utilmente completati secondo quanto previsto in progetto di variante, approvato con regolare atto di sottomissione, e sono stati regolarmente collaudati. In sintesi essi hanno riguardato: lo smontaggio della croce metallica; il rifacimento dei cornicioni pericolanti e il consolidamento delle parti pericolanti; lo smaltimento delle lastre di copertura in amianto; la realizzazione delle nuove copertine in rame; l’esecuzione dell’intervento strutturale sul timpano, che ha previsto la realizzazione di pilastrini in muratura e di profili in ferro, per aumentare la massa del timpano e “ricucirlo” alla muratura sottostante al fine di ridurre il rischio di ribaltamento e di crollo. Tutte opere previste nella perizia di variante e rientranti nel finanziamento approvato.
articolo a cura di Ivan Quiselli