La didattica a distanza è stata estenuante per tutti – inclusi i docenti – ma per alcuni ha avuto anche degli effetti positivi.
La concentrazione con la DAD svanisce in poco tempo, sono stati effettuati degli studi che lo attestano, uno schermo piatto fa sembrare tutto più distante e poco stimolante. Per alcuni, però, è stata un’esperienza tutt’altro che negativa. Nello specifico parliamo di persone costrette a stare in casa anche senza pandemia, in particolare ragazzi che non potendo comunque spostarsi dai centri di recupero, hanno potuto usufruire delle lezioni a distanza, stare a contatto non solo con i tutor, ma anche con i propri parigrado.
Anagnia ha intervistato Gianmarco Turco, professore di diritto in un istituto comprensivo in provincia di Roma: ”prima alcuni ragazzi studiavano solo nei centri, alcuni venivano da noi solo per i compiti in classe una volta ogni due mesi”.
Le parole del professore
“Sono un insegnante di Diritto, mi rapporto quotidianamente con ragazzi di una fascia di età abbastanza problematica di per sé, e mi rapporto con persone privatiste che non frequentano per vari motivi.
La nostra scuola si poggia a degli istituti con ragazzi che hanno situazioni anche piuttosto difficili e noi li facciamo recuperare in classe. Le difficoltà con la dad sono tante, ma c’è anche del positivo: abbiamo fornito lezioni a chi non poteva.
I ragazzi non si sono sentiti abbandonati, anzi sono stati seguiti maggiormente. Ma sicuramente la lezione in presenza rimane l’unico mezzo per entrare in contatto con le persone, è importante soprattutto per la socialità. Alcuni hanno trovato lo stesso il modo di non fare lezione inventando scuse, ma siamo riusciti comunque ad integrare la partecipazione di tutti i ragazzi. La nostra scuola è inclusiva, è un istituto paritario, dobbiamo quindi garantire un servizio diverso rispetto a quello delle statali, essendo un istituto privato.
Noi insegnanti siamo anche dei tutor; nell’istituto sono presenti circa sessanta professori. Io personalmente insegno in sette classi e durante il periodo del lockdown ho dovuto far fronte, come tutti, alle difficoltà legate all’erogazione delle lezioni a distanza. La cosa più strana è stata ritrovarmi a fare lezione in un’aula vuota, dove c’ero solamente io e la lavagna. Essendo un professore molto giovane penso che la scuola si stia trasformando, noi che facciamo parte della nuova generazione di insegnanti cambieremo il modo di insegnare.
La vecchia scuola ormai è finita. L’insegnante non può più essere quello che mette voti, anche perché gli studenti sono cambiati: la tecnologia ha sostituito i genitori, ci troviamo con ragazzi che hanno avuto la vita più dura degli altri per cui hanno delle difficoltà oggettive, di conseguenza cerchiamo di essere prima educatori e poi erogatori di voti. Dobbiamo essere aperti, disponibili e comprensivi. La nostra scuola ha ben cinque indirizzi diversi tra cui: informatico, scientifico sportivo, alberghiero, sociosanitario, e linguistico. Per quanto riguarda l’ indirizzo enogastronomico, quindi l’ alberghiero, ci sono state maggiori difficoltà: da casa i ragazzi non potevano fare i laboratori di cucina. Al posto di sette ore di cucina hanno seguito sette ore di teoria. Ovviamente non hanno recuperato quello che dovevano fare nei laboratori, ma al di là dei laboratori sono dell’idea che le lezioni vadano svolte in presenza, per la socialità, per la concentrazione, per tutto.”
Ricordare i pro e i contro ci aiuterà ad affrontare un eventuale prolungamento di questa tipologia di erogazione dei servizi scolastici, la quale è ancora incerta per l’inizio del nuovo anno scolastico.
articolo a cura di Chiara Tarquini