Matteo Grimaldi è nato nel 1981 a L’Aquila. Dopo la laurea in Informatica, si è trasferito a Firenze, dove ha lavorato come libraio prima, ed oggi come insegnante. Ha esordito nella letteratura per ragazzi con La famiglia X. Per Giunti ha curato l’adattamento del Libro della giungla nella collana I miei primi classici. Il suo ultimo romanzo è Il violino di Filo (Giunti).
Oltre alla Sua attività di scrittore è noto il suo impegno riguardo tematiche delicate, legate principalmente ai diritti per tutti. La sua pagina Facebook conta oltre 100mila followers e Lei si ritrova spesso vittima di critiche ed insulti. Che cosa le rimproverano?
Ho molto a cuore il tema dei diritti. Penso che solo un Paese che riesca a ridurre il divario dei privilegi sociali, che ragioni in chiave inclusiva e si occupi di tutelare le minoranze, ancora così discriminate e maltrattate, possa essere definito “civile”. Uno dei temi a me cari è quello dei diritti LGBT; spesso sensibilizzo i lettori della pagina all’argomento. Questo provoca ahimè le reazioni degli omofobi che purtroppo non tollerano che qualcuno, senza interpellarli né togliendo loro alcunché, parli di diritti, e allora arrivano in massa a insultare e spesso lo fanno con me che ci metto la faccia.
Come mai le persone riescono a prendersela e ad accanirsi così tanto su aspetti che invece dovrebbero essere scontati nella vita di ciascuno?
L’omofobia e il razzismo, come d’altronde tutte le discriminazioni nei confronti delle minoranze, sono forme di intolleranza che non hanno giustificazioni. Sono spesso dovute al contesto culturale, a insegnamenti non dati fin da piccoli. La famiglia è la prima agenzia educativa, se manca nel proprio importantissimo ruolo le conseguenze sono anche queste.
La famiglia X è il romanzo che l’ha fatta conoscere al grande pubblico e che ha innescato la discussione. Ce ne parla?
La famiglia X è innanzitutto una storia scritta per giovani lettori, la storia di Michael, un ragazzo di 13 anni allontanato per un periodo dai propri genitori naturali, che non sono in grado di provvedere a lui, e affidato a una coppia di giovani ragazzi, Enea e Davide. È la storia di un legame, quello dell’affido, che io considero molto speciale. Per essere genitori affidatari bisogna essere delle rocce perché l’affido è per definizione un rapporto a termine, ma non sono a termine i sentimenti che si provano e l’unione che si crea. Volevo raccontare la bellezza di un legame purissimo che nasce dalla semplice volontà di aiutare chi attraversa un periodo di difficoltà. L’ho fatto dagli occhi di un ragazzino che ha ben altre priorità rispetto a quella di stabilire se esista una tipologia di famiglia più giusta di un’altra.
Michael ha la scuola che non va, i suoi amici, Zoe, una ragazza così diversa da lui, ma per certi versi così vicina, Davide ed Enea, questi due giovani uomini così diversi, che non conosceva, ma con i quali si ritrova a vivere e ai quali accetta di dare fiducia.
In questo periodo si discute molto di DDL Zan e Lei ha espresso pubblicamente il suo supporto al disegno di legge. Può spiegare ai nostri lettori di cosa si tratta?
Il disegno di legge Zan rappresenta un’estensione della vecchia legge Mancino, approvata nel 1993 per i reati di incitamento alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici e religiosi, e con questo disegno di legge estesa a motivi di orientamento sessuale, misoginia e abilismo. Si parla quindi di discriminazione mossa da una forma di repulsione per un orientamento sessuale diverso, oppure verso l’altro sesso e verso le persone con disabilità. Se dovesse passare, come mi auguro, i reati d’odio con queste caratteristiche avranno un’aggravante che poi peserà nella definizione della pena.
È da poco uscito in libreria il Suo nuovo romanzo “Il violino di Filo”, pubblicato da Giunti. Una storia fortemente ispirata dalla sua esperienza diretta – Lei è aquilano ed era a L’Aquila la notte del terremoto. Ma il Suo, al contrario di quanto si potrebbe pensare, è un romanzo pieno di vita, di allegria, di avventura dedicato ai giovani lettori e consigliatissimo agli adulti. Ce ne parla?
Il violino di Filo è la storia di Filippo, un bimbo di 9 anni col grande talento per il violino, e dei suoi compagni d’orchestra che si apprestano insieme a partecipare a un concorso musicale per scuole. Nella notte una violentissima scossa di terremoto sveglia la città stravolgendo completamente i piani e gli equilibri di tutti, grandi e piccoli. Da qui inizia l’avventura di Filippo e dei suoi amici che vogliono a tutti i costi partecipare al concorso nonostante la scuola sia crollata, si ritrovino tutti in tendopoli diverse, e la professoressa non ne voglia sapere. È un romanzo pieno di avventura e colpi di scena, una storia riscritta dai giovanissimi protagonisti, che non si accontentano di un No, che sono pronti a lottare per prendersi le cose belle della vita, che resistono a qualunque cosa, anche a un terremoto.
Come mai con i Suoi romanzi ha scelto di parlare ai ragazzi?
I giovani lettori sono lettori molto speciali. Non si lasciano ingannare da proposte editoriali di scarsa qualità, condividono le storie che amano, innescano discussioni e passaparola bellissimi, ti fanno complimenti e ti criticano se ritengono, ti fanno domande scomode, sono curiosi, vogliono sentir parlare di tutto, specialmente di argomenti che in famiglia, per una sorta di paura, i genitori preferiscono non affrontare. E invece non ci sono argomenti tabù, quello che conta è il linguaggio e il modo di affrontare certi temi. E scrivere libri per ragazzi che possano accendere delle riflessioni, come delle piccole luci, è davvero per me una sfida entusiasmante e sempre nuova.
intervista a cura di Chiara Tarquini