Lo smarrimento, la paura e la solitudine sembrano essere l’eredità che due anni di lockdown e crisi internazionali hanno lasciato a tutti noi e in particolare ai ragazzi: ci ritroviamo a guardare il mondo da una finestra sempre più angusta e sempre più spesso filtrata dalla realtà virtuale di uno smartphone.
Tuttavia, l’entusiasmo dei giovani è spesso un fiume carsico, pronto a sorprenderci all’improvviso. Vogliamo raccontarvi un punto di vista diverso, del quale come volontari dell’associazione Intercultura siamo stati testimoni.
Innanzitutto, ci presentiamo: l’Associazione Intercultura è una ONLUS con una rete di 5.000 volontari presenti su tutto il territorio nazionale. Intercultura fa parte della rete internazionale AFS, presente in 65 Paesi nel mondo: ha statuto consultivo presso l’UNESCO e il Consiglio d’Europa e collabora a molti progetti internazionali e dell’Unione Europea. Le origini dell’Associazione risalgono al 1915, quando un gruppo di giovani volontari diede vita ad un’organizzazione umanitaria denominata American Field Service (AFS), con l’obiettivo di soccorrere i feriti sui campi di guerra.
Promuoviamo il dialogo interculturale e l’educazione alla pace attraverso programmi scolastici internazionali: ogni anno più di 2.200 studenti delle scuole superiori italiane trascorrono un periodo di studio all’estero e oltre 800 ragazzi da tutto il mondo vengono accolti nel nostro Paese. Dal nostro esordio in Italia, nell’ormai lontano 1955, abbiamo realizzato oltre 70.000 programmi di scambio.
Tutto molto bello (sulla carta). In tempi normali bisogna avere il coraggio di mettersi in gioco, affrontare un percorso di selezione, mettere tutta la propria vita di diciassettenne in una valigia e partire.
In tempi di pandemia, quando ogni certezza sembra minata, il divano di casa sarà pure angusto ma è senz’altro confortevole! Noi adulti, frenati dal buon senso, ce ne saremmo stati tranquillamente a casa ma i ragazzi no: quest’anno abbiamo registrato il più alto numero di iscritti di sempre al concorso di Intercultura. Settemila giovani si sono candidati per vivere un periodo all’estero nell’anno scolastico 2022-2023.
I ragazzi con la leggerezza e il coraggio della loro età hanno puntato sull’importanza delle relazioni umane e del confronto con gli altri. Quando qualcosa manca, ci si accorge della sua importanza! Prima di noi adulti, i nostri ragazzi hanno capito che anche da una pandemia si può uscire rafforzati, capaci di valorizzare la diversità e il dialogo, un dialogo che non si improvvisa, ma si costruisce pazientemente.
Tra questi “costruttori di speranza” ci sono anche dei giovani di Anagni e siamo lieti di raccontarvi le loro storie. Nell’anno scolastico 2021/2022 dall’istituto Natalie Belli e Sofia Alonzi, due studentesse del Liceo Linguistico Convitto Nazionale “Regina Margherita” si sono trasferite rispettivamente in Ungheria e in Argentina.
La testimonianza di Natalie, studentessa di Anagni
Ci racconta Natalie: “Ho deciso di intraprendere quest’esperienza per conoscere nuovi modi di vivere e per mettermi in gioco con una cultura completamente diversa dalla mia. Non sono mancate di certo alcune difficoltà, come per esempio la lingua che ancora adesso sto cercando di imparare… Non immaginate figuracce e fraintendimenti, che ripensandoci ancora oggi mi fanno venir da ridere.
Potrei raccontarvi che l’Ungheria è ricca di luoghi meravigliosi, la capitale Budapest è ricca di storia, ti rimane nel cuore e ogni giorno c’è qualcosa d’interessante da fare. Potrei dirvi che mi piace il Lángos, una pizza fritta ripiena di panna acida e formaggio.
Invece vi racconterò che ho scoperto di essere più indipendente di quello che credevo. Nella città che mi ha accolto, Kiskunfélegyháza, ogni persona ha un sorriso sul volto. Mi sono ritrovata più ricca grazie ai miei compagni di scuola che ormai chiamo amici e alla mia famiglia ospitante che mi ha aiutata in questo nuova esperienza, scoprendo lati del mio carattere che non sapevo di avere.
È un’esperienza intensa, ricca di emozioni anche di piccoli ostacoli e “prove” da superare ma che vale la pena di vivere soprattutto per le nuove amicizie e tutti i ricordi che ho collezionato in questi mesi della mia “Vita in Ungheria” e che porterò sempre con me”.
Sofia Alonzi, studentessa anagnina: “io fortunatissima!”
Sofia ha dovuto rinviare la sua partenza perché la situazione pandemica in Argentina non permetteva di ottenere il visto. Mesi di sospensione, di contatti frequenti con la nuova famiglia che la aspettava. Finalmente si parte. “Mi sento fortunatissima – ci scrive Sofia – aldilà delle mie aspettative: mi sento una figlia e una sorella in tutto e per tutto nella mia nuova famiglia. Ancora non mi capacito di trovarmi in un altro continente. L’attesa è stata dura e l’essere arrivata non cancella quei momenti pieni di ansia e incertezza, semplicemente li avvalora”. Intanto inizia il nuovo anno scolastico in Argentina, si parte con entusiasmo, trovando tempo anche per impegnarsi come volontaria in un centro per bambini.
Pierpaolo, studente dell’I.I.S. “Regina Margherita” di Anagni pronto a partire per la Thailandia
Pierpaolo, altro studente dell’I.I.S. “Regina Margherita”, concorso di selezione superato e pronto a partire per la Thailandia è in attesa: la pandemia ancora non consente gli scambi con alcuni paesi dell’asia. Ma si sa, il mondo è piccolo, e quindi eccolo pronto ad ospitare Pablo, arrivato a settembre dal Cile.
“Aprire la propria famiglia all’ospitalità – dice Pierpaolo – è senza dubbio impegnativo, ma ti porta ad incontrare una cultura che altrimenti sarebbe rimasta sconosciuta per te. Per quanto possiamo essere differenti su alcuni aspetti, troviamo molti altri punti di incontro: è questo il bello della diversità! Se dovessi definire quest’esperienza con una parola, direi “imprevedibile”. Non sai mai che aspettarti con Pablo. Un’unica certezza: si acquista un’apertura mentale non indifferente”.
Sofia, Natalie e Pierpaolo durante il loro percorso di selezione hanno conosciuto Arianna e Alberto, precipitosamente rientrati dal Brasile e da Hong Kong a marzo 2020 in piena pandemia: interrompere all’improvviso è stata una doccia fredda, ma l’esperienza fatta dura tutta la vita.
Si torna arricchiti non perché si diventa studenti capaci di migliori performance scolastiche, ma perché si impara a vedere il mondo dal punto di vista degli altri. Dell’anno all’estero non rimane solo una lingua che hai imparato o un paese che hai visitato. Resta molto di più. I ragazzi ospitati diventano figli e fratelli.
Come Arianna, non dici più “la studentessa della Serbia che abbiamo ospitato” ma “mia sorella Tamara”. Quando a sua volta è partita per il Brasile, Arianna si è ritrovata figlia di Vanessa: “la mia mamma ospitante, è stata dal primo giorno la mia figura di riferimento. Continuiamo a sentirci tutti i giorni, condividiamo momenti delle nostre giornate, ci sentiamo vicine anche a 9.000 km di distanza. Il giorno in cui mi è stata comunicata la notizia del rientro anticipato a causa covid, ci siamo fatte una promessa: rivederci o in Italia o in Brasile il prima possibile.”
Le famiglie che ti ospitano diventano tuo padre e tua madre: la chiami “mamma ospitante” solo per non confonderla con la tua mamma naturale. Arriva il Natale e Alberto si ritrova con la sua mamma italiana e la sua mamma di Hong Kong a preparare una strana commistione di tortellini e dumplings. Quella stessa mamma Ming che gli spediva le mascherine da HK quando qui da noi erano introvabili!
Da un anno in Argentina torni con il desiderio di proseguire gli studi universitari in Spagna e cosa fa Oreste a Madrid? Si mette a disposizione dei ragazzi in arrivo e in partenza dalla Spagna come volontario: diventa naturale restituire ciò che gratuitamente hai ricevuto.
Dall’I.I.S. “Dante Aligheri” di Anagni trascorri un anno in Islanda e come Riccardo non ricordi più i paesaggi mozzafiato o le lezioni di chimica in islandese, ma il tuo anno all’estero ha il volto di Alicja, oggi volontaria in un campo di accoglienza in Polonia per assistere i profughi ucraini, oppure di Rodrigo che da Cuzco arriva nella tua stessa università. L’Islanda ha il volto di Fridrich, volato da Reykjavik ad Anagni per una vacanza insieme. E mentre si pranza in giardino, tra mille risate si fantastica di esportare la mozzarella di bufala sul circolo polare artico!
In questi giorni di guerra Valentina è stata costretta a rientrare rapidamente dal suo anno di scambio in Russia. Le foto che ha condiviso con tutti noi, parlano di una vita entusiasmante, di una famiglia accogliente, di imparare ad andare con i pattini su un lago ghiacciato.
“In cinque mesi in Russia – ci racconta Valentina – ho conosciuto persone che si sono fatte subito strada nel mio cuore e avuto l’onore di essere partecipe della loro meravigliosa cultura e delle loro tradizioni. Ho abbracciato uno stile di vita diverso dal mio, imparando che se non si vive una situazione non la si può giudicare. Ognuno è diverso. Tutti proveniamo da contesti differenti che condizionano le nostre scelte: nessuno deve essere soggetto a generalizzazioni e pregiudizi. Ho imparato che ci sono cose che non possiamo controllare, ma possiamo controllare il modo in cui reagire. Insomma, ero andata lì per imparare il russo e sono finita per ricevere anche grandi lezioni di vita”.
Ora tutto sospeso, atrocemente e dolorosamente sospeso: ma Valentina continua a credere nella Pace come tutti noi, sperare comunque senza speranze, contra spem spero come scrive la poetessa ucraina Lesja Ukrainka.
Il ritorno di Valentina e le notizie terribili che arrivano dall’Ucraina ci hanno posto davanti ad una domanda importante: l’esperienza dei nostri ragazzi è solo un’illusione di fronte alla cruda realtà delle tensioni geopolitiche?
Ci è venuta in mente una pagina di di Jón Kalman Stefánsson, che nel suo libro “Il cuore dell’uomo” dice più o meno così: “Il ragazzo legge quelle pagine mentre la pioggia sferza il mondo. Legge e cerca di tradurle, dimenticando che ora da qualche parte il mare sale e inonda la terra. Ha trovato le parole nella sua lingua e le ha usate per costruire un ponte affinché gli altri possano visitate mondi lontani, vite, sensazioni, visitare ciò che è distante da noi e di cui non sappiamo niente.
Una nazione che attinge la sua ricchezza solo nei propri pensieri è ristretta e se è una nazione vasta diventa addirittura un pericolo per le altre, perché tutto le è estraneo, a parte i suoi valori e le sue usanze.
Tradurre la lingua dell’altro ti aiuta a comprendere chi è lontano. L’uomo è meno incline all’odio o alla paura, se comprende l’altro. È più difficile per i generali costringerti ad uccidere se comprendi il tuo nemico”.
Ci sembra di poter dire che quando in nostri ragazzi si sforzano di capire un paese nel quale li catapultiamo, anche attraverso una lingua mai sentita prima, fanno un atto rivoluzionario e di speranza.
Dmitrij Muratov, direttore del giornale indipendente russo Novaja Gazeta e premio Nobel per la pace, ha condannato l’invasione russa dell’Ucraina, pubblicando l’edizione del 25 febbraio in due lingue, russo e ucraino: conoscersi, capirsi, creare dei ponti che accomunano le nostre vite… un atto rivoluzionario e di speranza, come quello dei nostri ragazzi!
D’altra parte, come ci ricorda l’antropologo Robert Hanvey, “Chi è chiuso nella gabbia di una sola cultura, la propria, è in guerra con il mondo e non lo sa”.
Intanto il concorso nazionale è terminato e già altre due studentesse della nostra città si preparano a partire nell’anno scolastico 2022/2023. Giulia Diurni e Chiara D’Ercole, dal Liceo linguistico “Regina Margherita” e dal Liceo scientifico “Dante Alighieri” saranno accolte in Finlandia e negli Stati Uniti. Anche la Thailandia sta riattivando i programmi di scambio: dita incrociate per Pierpaolo.
Il resto ve lo racconteremo al loro rientro. In bocca al lupo ragazzi!
articolo a cura di Stefano Necci, Centro Locale Intercultura Frosinone