Avrebbe dovuto essere un blocco temporaneo, inizialmente disposto per mettere in sicurezza pazienti e strutture dal pericolo di contagio da Coronavirus; si è trasformato poi in una chiusura “temporanea” per “lavori di sanificazione, smaltimento elettromedicali dismessi e revisione percorsi interni di accesso/dimissione del paziente”. Fino ad arrivare ad oggi, in cui un altro pezzo glorioso delle attività del presidio ospedaliero di Anagni, la sala operatoria APA, si avvia inesorabilmente ad essere ufficialmente cestinata senza che nessuno riesca ad invertire la rotta.
Come spiega Paolo Carnevale, giornalista, su “L’Anagnino”: “secondo quanto riferiscono alcune fonti all’interno dell’ex struttura ospedaliera, le strutture necessarie ad operare per la chirurgia ambulatoriale sarebbero state riaperte; ma con un netto calo delle prestazioni erogate. I numeri, almeno a giudicare dalle indiscrezioni ricevute, sarebbero chiari; mentre prima le prestazioni venivano erogate per 4-5 giorni a settimana, riuscendo quindi ad effettuare diverse decine di interventi al mese adesso ad Anagni si riuscirebbero ad effettuare operazioni di chirurgia ambulatoriale al massimo una volta alla settimana. Con il risultato che ci sarebbe un netto abbassamento del numero delle prestazioni effettuate”.
Una sanità, quella dell’area nord della provincia di Frosinone, che negli ultimi anni è stata colpita da continui e ingenti tagli alle strutture presenti sul territorio e ai servizi sanitari. In prima linea, come sempre, ci sono le associazioni che provano in tutti i modi a scoperchiare, ancora una volta, le responsabilità politiche dell’attuale disastrosa situazione e per portare in piazza le reali esigenze dei cittadini e delle cittadine ma, nonostante le lotte portate avanti, molti loro appelli sono rimasti inascoltati.