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    Home » Acuto. Sentenza Corte di Appello: la nota del legale dell’imputato
    Frosinone e Provincia

    Acuto. Sentenza Corte di Appello: la nota del legale dell’imputato

    13 Febbraio 20233 Mins Read
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    Acuto
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    Di seguito pubblichiamo integralmente e senza modifiche una nota inviata a questa redazione dall’avv. Fulvio Giorgilli:

    Scrivo in riferimento all’articolo apparso ieri 12 febbraio sulla testata
    giornalistica on line Anagnia.it, relativo alla “…condanna a sette anni
    di reclusione confermata in appello per un uomo di Acuto che è stato
    accusato di pedofilia su una ragazzina all’epoca dei fatti 13enne ed a lui
    legata da vincoli di parentela….”, riportato in calce per intero.

    In qualità di legale difensore dell’uomo citato nell’articolo di cui, per
    ovvi motivi, ometto il nome, esercito il diritto di replica, ai sensi
    dell’art.8, L 47/1948, ed a tale proposito chiarisco alcuni passaggi della
    vicenda.

    Innanzitutto, il titolo del reato non è quello di pedofilia ma di presunte
    molestie sessuali, per il quale la pena già comminata in primo grado di sei
    anni più uno per le aggravanti, è quella minima prevista dal codice penale
    e non la massima, come erroneamente indicato.

    Ad oggi non è dato conoscere le motivazioni esatte della sentenza della
    Corte di Appello, depositate nei prossimi mesi. Per contestarle, come è
    certamente noto, è ancora percorribile la via del giudizio per Cassazione,
    solo all’esito del quale si potrà dichiarare definitivamente chiusa la
    vicenda processuale.

    Ricordo, infatti, che l’imputato non è considerato colpevole sino alla
    condanna definitiva ovvero sino alla sentenza che non si può più impugnare.
    Dunque, per l’uomo, oggi di certo non si “spalancano le porte del carcere”,
    come frettolosamente scritto nell’articolo.

    Alquanto deprecabile è anche la dichiarazione della collega difensore della
    parte offesa, come riportata nel pezzo, perché ella lo diffama
    chiamandolo “orco che si è avventato su una vittima indifesa”, ben
    conoscendo il principio sopra richiamato della colpevolezza dell’imputato
    attestata solamente all’esito della definitività della sentenza di
    condanna. L’avvocato della parte offesa si assume la responsabilità delle
    sue affermazioni. Ritengo che sarebbe stato opportuno un maggiore controllo
    editoriale rispetto al contenuto di tale affermazione diffamatoria riferita
    dalla collega avversaria e così riportata, anche relativamente alla
    continenza delle espressioni utilizzate, pur ammesso il diritto di cronaca.

    Ritengo l’articolo profondamente lesivo della immagine dell’uomo e per egli
    pericoloso dato che la piccola comunità di Acuto potrebbe risalire alla sua
    identità e giudicarlo ancor prima che il giudizio penale su di lui sia
    definito e definitivo.

    In ordine alla questione delle prove processuali preciso che, al contrario
    di quanto si legge nell’articolo, le testimonianze assunte nel giudizio di
    primo grado non hanno dimostrato alcunché avendo avuto solamente una
    valenza de relato ovvero i testimoni hanno riferito quanto da loro detto
    dalla ragazzina non sussistendo, allo stato, alcuna altra prova dei fatti,
    nè fisica nè oggettiva, mentre l’attuale pronuncia di colpevolezza si è
    basata solamente sulle dichiarazioni della parte offesa che sono da
    considerare tutt’altro che assolutamente credibili, come erroneamente valutato
    dal tribunale di primo grado ed, a questo punto, sembra anche da parte
    della Corte di Appello. Infatti, non è ammissibile che la parola di una
    presunta vittima di abusi sessuali, ancorché minorenne, possa portare ad
    una condanna sic et simpliciter. In definitiva, qui si tratta della
    parola della “presunta” parte offesa contro quella del “presunto” colpevole
    il quale, giustamente, si è sempre dichiarato innocente e continuerà a
    farlo sino alla fine del giudizio di Cassazione. Il concetto di presunzione
    è d’obbligo in questo caso giudiziario.

    Invito i lettori a non dimenticare il noto principio processualpenalistico
    per cui, qualora non si sia in presenza della certezza della colpevolezza,
    il giudice dovrà necessariamente optare per la presunzione di innocenza. Si
    confiderà, a questo punto, sul prossimo giudizio finale della Corte di
    Cassazione che chiuderà la vicenda e sulla applicazione di tale principio
    da parte dei giudici di legittimità.

    Per quanto precede, vorrà pubblicare questa mia nota di replica, come da
    richiesta.

    Cordialità.

    Avv. Fulvio Giorgilli

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