I sondaggi in politica lasciano il tempo che trovano, ma la statistica non mente ed è un utile strumento per analizzare i risultati di una elezione.
Le ultime elezioni regionali nel Lazio, che hanno visto il trionfo del candidato di centrodestra Francesco Rocca con il 53,88% dei voti, staccando nettamente Alessio D’Amato (centrosinistra) fermo al 33,50% e Donatella Bianchi (M5S+Polo Progressista) al 10,76%, hanno segnato un trend interessante sul voto giovanile.
Gli elettori della fascia d’età 18-34 anni, per il 46% hanno votato Francesco Rocca ed i partiti del centrodestra (Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia), che è risultato essere, dunque, lo schieramento più votato dai giovani del Lazio. Si tratta di un dato interessante perché conferma che i giovani – al netto di un astensionismo ormai endemico e sempre più preoccupante in tutte le tornate elettorali del nostro Paese, escluse, forse, e solo perché rispondono ad altre logiche, le comunali – hanno abbandonato la tradizionale “postura” progressista tipica delle giovani generazioni per abbracciare i programmi del centrodestra.
Già nelle Elezioni Politiche il 35% degli elettori della fascia 18-34 anni aveva votato centrodestra (rispettivamente diviso in Fratelli d’Italia 22%, Lega 8% e Forza Italia 5%) ed il Lazio orbitava attorno a quella media. Alle Elezioni Regionali questa cifra è arrivata al 46% ed ha ulteriormente smentito l’idea consolidata secondo cui gli elettori di centrodestra siano principalmente anziani. L’anzianità dell’elettorato conservatore e moderato in Italia è una narrazione consolidata che, però, è ormai smentita dai fatti.
Se questo sia un “vento momentaneo” determinato dai successi politici di Fratelli d’Italia – ormai forza trainante della coalizione di centrodestra – più che un fenomeno in via di consolidamento è presto per dirlo, ma è un dato sul quale tanto a destra quanto a sinistra dovrebbero riflettere.
Cercare di comprendere cosa serva ai più giovani, quali siano le loro istanze ed anche le loro idee, uscire in altre parole dalla “torre d’avorio” in cui la politica, quando deve affrontare la questione giovanile, si chiude, per parlare veramente ai ragazzi e dei ragazzi. Capire e farsi capire dai giovani – che poi, magari, a 30 o 34 anni, quando cioè hanno una famiglia propria o potrebbero averne una e si ritrovano ad affrontare gli stessi problemi degli “adulti”, non rispondono neanche più a quella strana categoria in cui in Italia confiniamo i “giovani” – significa aprire le porte agli elettori di oggi e di domani, al Paese che verrà, ad un’Italia che ancora non è ma vorrebbe essere qualcosa di profondamente diverso da quella attuale e sulla quale insistono, purtroppo, ancora tante narrazioni sbagliate.
Cerchiamo, tutti, anche chi non fa attivamente politica, di fare tesoro di questi numeri, perché fotografano una situazione importante del nostro territorio ed impongono, di conseguenza, a chi ha il compito di decidere, delle scelte nette; a chi osserva – anche partecipando attivamente – un cambio di paradigma e l’abbattimento di preconcetti ormai stantii ed incapaci di fornire un reale strumento di comprensione della realtà politico-sociale del Paese reale.
articolo a cura di Filippo Del Monte