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    Home » Dacia Maraini e la sua Ipazia, raccontate da Veroli
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    Dacia Maraini e la sua Ipazia, raccontate da Veroli

    finora una delle serate più intense dell'estate verolana.
    13 Luglio 20233 Mins Read
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    Superba. Solo posti in piedi, lunedì sera al Chiostro di Sant’Agostino a Veroli, per assistere alla presentazione dell’ultimo libro di una vera e propria icona del panorama letterario italiano: Dacia Maraini. 

    Ospite della rassegna letteraria promossa dalla libreria Ubik di Frosinone ‘Incontriamoci a Veroli’, lei, una delle personalità del mondo intellettuale più importanti e influenti di questo momento storico, non ha deluso le aspettative dell’affamato pubblico.

    ‘Nel nome di Ipazia’, la sua ultima opera presentata. Oltre novanta minuti di aneddoti, particolari inediti, riflessioni, confronti, storie personali e inedite ed il ricordo di Pier Paolo Pasolini in una veste/immagine unica.

    Una serata di grande valenza sul piano culturale e della conoscenza. 

    “Mia madre – ha raccontato– è sempre stata una donna coraggiosa, è andata via dalla Sicilia e dalla sua agiata famiglia per sposarsi con un toscano e andare a vivere in Giappone solo con una borsa di studio. Vivevano molto modestamente, poi sono arrivata io, ma hanno sempre mostrato coraggio. Il caso più evidente è stato quando hanno dovuto scegliere se andare o meno in campo di concentramento”. 

    Un passaggio biografico della vita della Maraini, questo, che ha determinato gli sviluppi futuri dell’esistenza e segnato profondamente anche la scrittrice, all’epoca giovanissima: “quando il Giappone ha fatto il patto con Italia e Germania fu chiesto agli italiani in Giappone di aderire alla Repubblica di Salò. I miei genitori, pur non essendo politicizzati, non avevano una mentalità razzista e non firmarono. Io sarei dovuta finire in un orfanotrofio che poi è stato bombardato e ha visto morire tutti i bambini ospiti. Invece finii in un campo dove ci lasciavano senza cibo ad ammalarci, un’esperienza terribile. Anche lì mia madre mostrò un coraggio incredibile: non camminava più, perché denutrita, ma si mise a cucire da terra per guadagnarsi qualche patata che le guardie le donavano in cambio del lavoro”.

    Dalla madre e pittrice di Dacia a Ipazia, passando per le donne che hanno fatto la storia. 

    Testimonianze di diverse epoche che dimostrano come la società non abbia fatto poi tutti questi passi in avanti. 

    “La storia spesso fa un passo avanti e due indietro – il monito della Maraini ai giovani-  Io vedo che i ragazzi oggi sono convinti che i diritti di cui godono sono eterni.  Non è così: si possono anche perdere, quindi bisogna difenderli, non sono caduti dal cielo ma sono stati conquistati”.

    Non solo diritti, ma la scrittrice ha toccato il triste tema dei femminicidi parlando di questione “culturale e non di genere”, auspicando che la società possa “regolare i cambiamenti e non subirli”. Intervistata da Rita Irene Cipriani, la bellezza della Maraini non è stata smentita: la voce pacata e le sue parole ferme. Intervento pulito, di profonda intelligenza, spirito critico e dolcezza.

    Per riflettere sul destino femminile, dare voce a tutte le donne senza nome né volto che in ogni paese lottano per la libertà e per la parità dei diritti. Nel nome di Ipazia. Nel nome di Dacia Maraini. 

    In fusione armoniosa con una Veroli che racconta dalle sue poltrone rosse la vita ingiusta e imperfetta per non restarne vittima.

    articolo a cura di Monia Lauroni

    dacia maraini veroli
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