“Per noi la cantina sociale non è solamente una passione, ma una religione”. È così che esordisce uno degli storici soci della Cantina sociale di Piglio dinanzi al disfacimento di un bene così duramente costruito e condiviso. È questa la reazione più comune di tutti i paesani che – dopo sessantatré anni di attività della stessa – stanno assistendo alla caduta dei propri sogni e sforzi incessanti, sentendosi ormai impotenti di fronte a un impero di credenze che piano piano sta crollando davanti ai loro occhi.
La cantina sociale di Piglio – attiva dal 1960 – secondo le informazioni correnti viene dichiarata in liquidazione. Le notizie odierne, gli articoli, i canali social, i cittadini e i più curiosi turisti che ormai da anni frequentano il piccolo borgo di Piglio, non fanno che rimanere frastornati dinanzi alle notizie ormai popolari: “è la fine di un’era”, “si cercano acquirenti”, “il fallimento sembra prossimo”.
Secondo alcuni di essi – in particolare per i più fedeli – al di là della questione economica, un patrimonio del genere non può assolutamente andare distrutto. La cantina sociale non può essere vista come l’antagonista della vicenda, neanche ora che è – per alcuni – travolta dal debito; le sorti di tale patrimonio non devono infatti interessare solamente chi vi ha investito negli anni, o chi vi ha lavorato, ma la totalità della comunità pigliese e anche i paesi limitrofi, soprattutto i territori che fanno parte del comprensorio del vino Cesanese.
In un contesto così turbolento – che secondo alcuni non lascia spazio a ipotesi di rinascita – risuonano le parole speranzose dell’onorevole Luca Sbardella, attuale presidente della suddetta.
Il presidente – in carica da circa cinque anni – contrario alle correnti negative che non sembrano concedere la speranza di un domani prosperoso, si dichiara fermamente convinto a non abbandonare la causa.
“Attualmente io e il consiglio (costituito da cinque persone) stiamo gestendo questa delicata situazione, stiamo cercando di salvare il salvabile” – risponde Sbardella alla domanda di anagnia.com “cosa succederà adesso?” – “l’obiettivo – spiega – è di non far scomparire per nessuna ragione la Cantina. Questa rimarrà aperta al pubblico, sarà operativa per la prossima vendemmia e per la vendita. Non abbiamo gettato la spugna come molti credono e come alcune false notizie dichiarano. Non permetteremo che un bene così importante per la comunità pigliese veda la fine“.
Sorge dunque spontanea la domanda: “si cercano acquirenti?”. “Più che acquirenti – precisa Sbardella – siamo determinati e aperti alla presenza di potenziali soci o nuovi investitori che entrino per supportarne il rilancio“.
La situazione della Cantina sociale è dunque chiaramente in bilico, in particolar modo per la questione del debito che secondo alcuni non è irrisolvibile, mentre secondo altri è ormai insormontabile.
Certo è che alla Cantina Sociale va attribuito il merito, quasi unico, di essere stata la guida di nuovi produttori apparsi nel territorio e di quelli che hanno coraggiosamente ampliato e migliorato la produzione e l’invecchiamento del Cesanese; quanto premesso ha determinato, nel 2008, il riconoscimento da parte del Ministero dell’Agricoltura (oggi Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste) dell’attribuzione DOCG (Denominazione di Origine Controllata e Garantita) al “Cesanese del Piglio”, che risulta la prima e unica uva a bacca rossa del Lazio che può fregiarsi di tale titolo.
Con la speranza che questa realtà pigliese non cessi di esistere, siamo fiduciosi che i soci, gli imbottigliatori e i Consiglieri di amministrazione, affiancati da tutti i produttori del Cesanese e sostenuti dalle autorità comunali, provinciali e regionali, adottino un efficace piano di azione in grado di risanare le sorti della Cantina sociale.
articolo a cura di Silvia Scarselletta