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    Home » L’artista Ornella Ricca ospite al Castello di Gaeta con l’istallazione “Adesso ho un po’ paura”
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    L’artista Ornella Ricca ospite al Castello di Gaeta con l’istallazione “Adesso ho un po’ paura”

    2 Ottobre 20234 Mins Read
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    di Monia Lauroni

    È difficile scindere Ornella Ricca da Pietro Spagnoli.

    Nessuno muore mai veramente se c’è chi continua a viaggiare col suo nome stampato nelle ossa. 

    Cosí fa Ornella, all’apparenza fragile e minuta ma giganteggiante nella sua mission di artista e di compagna di un’artista con cui ha diviso idee, progetti e successi internazionali.

    Non a caso, proprio lei, con una delle ultime installazioni pensate e realizzate a quattro mani due menti ed unico battito, è stata ospite, sotto invito dell’Università di Cassino e del Lazio Meridionale, al Castello Angioino di Gaeta per la  Notte Europea dei Ricercatori,  progetto S.R.E.E.T. in essere dall’8 al 30 settembre.

    L’arte non è una semplice attività creativa, può essere molto di più.

    “Comunque adesso ho un po’ paura”, potrebbe definirsi l’ultimo atto della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Bruciata, per poi spargere i miseri resti di carta e cenere su una superficie verticale, formata da trenta pannelli, tanti quanti gli articoli della Dichiarazione. 

    Uno sfregio al politically correct, quasi uno schiaffo; un messaggio chiaro, diretto, senza giri di parole: è l’arte “sopra le righe”, che non teme giudizi e canzona tabù e convenzioni di ogni genere. Denuncia politiche, distrugge ideologie e stravolge i pensieri. Un grido d’aiuto contro la  “disumanizzazione” dell’altro. 

    Affinché questi temi possano entrare nel cuore prima che nella mente, c’è bisogno di trasformarli in emozioni mediante il potere immediato ed empatico dell’arte. Una tendenza intrinseca, che cerca di ribellarsi da sempre alla sua condizione. 

    Spagnoli e Ricca sono stati in grado di sovvertire con tanta lucidità ogni luogo comune; di azzerare ogni retorica e “descrivere” il nostro tempo spietatamente nella sua abiezione, nel suo scempio più sgradevole. 

    Questo spericolato andare controcorrente infischiandosene del consenso a buon mercato, ha fatto dei due artisti il punto di meditazione per i grandi problemi del mondo.  Il populismo, il sovranismo e il razzismo dilaganti sono sintomo di un male che è la conseguenza di non aver portato a termine il progetto nato con la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, quando  nel 1948  dalle macerie di due guerre mondiali, era nato un concetto fondamentale da cui ripartire: la convinzione che tutti gli esseri umani sono uguali tra loro.

    L’ideale dei diritti umani portava con sé una promessa di giustizia, oggi calpestata, lesa, ferita e “bruciata”.  In un tempo in cui la Terra sanguina per i misfatti dell’intelligenza umana, un tempo malato d’uomo, un tempo in cui tutto è dispersione, lacerazione, separazione, rotolare di ruota senza carro, dove vittime e carnefici sono intrappolati e prigionieri dello stesso mare, l’opera di Pietro e Ornella, chiede respiro, un momento per riflettere ai piedi di quell’ “urna cineraria” ancora aperta. 

    I pezzi di cenere stanno volando via dal mondo e sopra ci sono dei messaggi e degli enigmi che non abbiamo decifrato. Esortava Fellini nel suo ultimo film La voce della Luna: “Se tutti facessimo un po’ più di silenzio, forse qualcosa potremmo capire”. 

    E nel Castello di Gaeta in tanti sono ripartiti da qui, dalle ceneri silenti di quei diritti, rinate troppe volte per tentare ancora il volo. Al momento della sua creazione Pietro e Ornella non avevano ancora ben chiaro il viaggio che avrebbe percorso la loro opera. 

    Ora possiamo essere certi che è stato un tragitto di successi e di mute parole nel dizionario di un’umanità che, anche grazie a loro, potrà trovare ancora un’altra estate. 

    L’istallazione è composta da trenta “urne cinerarie aperte”, tante quanti sono gli articoli della Dichiarazione, su cui gli artisti hanno composto i resti di cenere e carta bruciata.

    Completa l’installazione una colonna su cui è poggiato un busto molto piccolo, a rappresentare  l’uomo contemporaneo che in questo momento non ha il diritto di essere raffigurato a giusta grandezza.

    Il “contenuto” di una simile opera non è riassumibile, si assorbe strada facendo. Con gli occhi di Pietro Spagnoli che viaggiano, comodissimi, nel volto e sulle gambe della sua Ornella.

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