di Monia Lauroni
Centro, cardine, perno, fondamento. ‘Pivot’ potrebbe essere tradotto in termini differenti e differenti ambiti. A Veroli Pivot si traduceva in un solo nome: Luciano; Luciano Iannarilli.
E Luciano quei termini così belli, così importanti, che a volte si ha pudore ad usare, li racchiudeva tutti. Non solo su un campo da basket, non solo nella piazza della sua Veroli.
Erano suoi, gli appartenevano come un peccato originale.
Luciano era cosí, stringeva la vita sua e di chi gli stava attorno, in una mano. Mani grandi da campione. Mani che quando afferravano il pallone non ce n’era più per nessuno.
Erano gli anni delle grandi Glorie cestistiche a Veroli, 20 anni di vittorie, scontri, incontri, trasferte, gioie, bestemmie e applausi. Erano gli anni ’70, quando Luciano con il suo carisma dentro e fuori campo, emergeva in tutto il suo talento atletico e soprattutto umano.
Non aveva nemici Luciano, solo avversari. In campo. Fuori no, ognuno ha imparato qualcosa da lui e lui ha dato una parte di sé a chiunque lo conosceva.
Quella parte che resta nella memoria e non conosce sudario e sepolture. Quella parte viva che i suoi amici hanno voluto che diventasse un memorial.
Con la stessa determinazione che Pivot metteva in gioco sul campo, quegli amici hanno realizzato per il 7 ottobre alle ore 18,00 il Primo Memorial “Luciano Iannarilli, tutti uniti intorno al Grande Pivot”.
La tensostruttura del Palacoccia di Veroli ospiterà una partita di Basket in sua memoria. In campo scenderanno i compagni di squadra, i coach Corrado Senia e Roberto Zeppieri; i cestisti che sono ‘nati’ sotto la sua guida, Marco Sciandrone, Roberto Lella, Gerardo Costa, Alceste Zeppieri, Getullio Angeletti Catanossi, ancora tanti altri e gli avversari di un tempo, Massimo Capponi di Frosinone, Alessandro Caruso di Sora, Roberto Mangiapelo di Alatri.
Una partecipazione voluta che racconta da sola la stima, il rispetto e l’affetto nei confronti di Luciano anche da parte degli ‘avversari’.
Più delle parole, che in certe occasioni sottraggono e non aggiungono, a parlare è il logo realizzato per l’occasione da Paolo Gaetani.
Un numero, il 14, il numero della maglietta del grande Pivot. Il numero 1 si ‘squarcia’ ed emerge una figura d’uomo slanciata verso l’alto con in mano un pallone.
Come se spiccasse il volo verso l’ultimo canestro.
Quel numero 14 sarà il numero che indosseranno tutti i giocatori in campo. Tutti con la stessa maglia, tutti con lo stesso pensiero che sarà più percezione che ricordo.
Perché persone come Luciano si percepiscono, come un bagliore leggero. E non si spengono mai. Giacciono sul fianco di una comunità e abitano una vita mai interrotta.