di Monia Lauroni
La Corte Costituzionale interviene a tutela dei dipendenti pubblici in pensione. La vicenda di riferimento è quella di un dipendente statale del cassinate collocato in pensione. L’uomo si è visto recapitare la comunicazione dell’INPS con la quale è stato informato del pagamento differito del Trattamento di Fine Servizio (TFS).
Al fine di tutelare le proprie ragioni il “quasi pensionato” ha affidato le sue ragioni legali all’Avv. Antonio D’Alessandro, del Foro di Cassino, ritenendo ingiusto il ritardo nel pagamento dopo una vita di onorato servizio.
Ma cosa è accaduto nella surreale vicenda? “In effetti, segnala il difensore, attualmente per i dipendenti statali la norma prevede il pagamento del TFS entro 105 giorni solo nel caso di cessazione dal servizio per inabilità o per decesso”.
Quindi si può contare su tempi congrui solo… se si muore. In tal caso il pagamento viene erogato ai legittimi eredi. Invece in caso di cessazione del rapporto di lavoro, per raggiunti limiti di età o di servizio, il pagamento viene effettuato non prima di 12 mesi dalla cessazione dal servizio. In tutti gli altri casi di cessazione del rapporto di lavoro, ad esempio per dimissioni o licenziamento, in base a quanto previsto dalla normativa, il pagamento della prestazione TFS sarà effettuato non prima dei 24 mesi.
E c’è giurisprudenza di massimo rango, in merito al tema. Sul punto è dovuta intervenuta la Corte Costituzionale con la sentenza n. 130 del 23 giugno 2023. Ricordano i giudici costituzionali che “la garanzia della giusta retribuzione, proprio perché attiene a principi fondamentali, si sostanzia non soltanto nella congruità dell’ammontare concretamente corrisposto, ma anche nella tempestività dell’erogazione”.
Ma c’è di più: “Il trattamento viene, infatti, corrisposto al momento della cessazione dell’impiego al preciso fine di agevolare il dipendente nel far fronte alle difficoltà economiche che possono insorgere con il venir meno della retribuzione. In ciò si realizza la funzione previdenziale, che, pure, vale a connotare le indennità in scrutinio, e che concorre con quella retributiva”.
In sintesi, si deve pagare quanto prima perché la “nuova vita “inizia subito, e bisogna far fronte alle sue esigenze economiche. E ancora: “La perdurante dilatazione dei tempi di corresponsione delle indennità di fine servizio rischia di vanificare anche la
funzione previdenziale propria di tali prestazioni, in quanto contrasta con la particolare esigenza di tutela avvertita dal dipendente al termine dell’attività”.
Con detta pronuncia la Consulta chiede al legislatore di intervenire tempestivamente per modificare l’attuale previsione normativa differita sui trattamenti di fine servizio statali.
La Corte, pertanto, ha riaffermato il principio che occorre pagare il TFS ai dipendenti statali in tempi congrui. Dal canto suo l’Avv. Antonio D’Alessandro sul punto così si esprime: “voglio sperare che tutti i Parlamentari si attivino immediatamente nella opportuna sede per modificare la attuale previsione normativa”.
“E’ ingiusto che un dipendente statale collocato in pensione dopo una vita di sacrifici debba ricevere dallo Stato il pagamento ritardato del trattamento in parola; una tale previsione normativa allontana il cittadino dallo Stato”.