di Monia Lauroni
Essenziale come la notte e il giorno. La malattia e la cura. La rabbia e la quiete. Il delitto e la redenzione. La materia, lacerata come schegge di granata. Palazzo che implode, burrasca che avanza.
Questo era Luigi Centra, l’artista, lo scrittore, il poeta, il Maestro, l’uomo.
Nato a Carpineto Romano, ma profondamente verolano. Oggi quella Veroli lo piange.
Luigi Centra non era di Veroli, era del mondo. Era parte dei suoi colori, della sua stravagante genialità, della sua irrequieta frenesia di fare, organizzare, viaggiare, diffondere l’arte.
Era l’essenziale all’interno di quella materia che dipingeva del tutto diversa, screziata, rugosa, talora ispida. Era l’attrazione, velatamente morbosa, di immagini sospese nell’ambivalenza, era il chiasso e il silenzio, la rabbia e il colore.
Luigi Centra sapeva scardinare le regole della coerenza restando coerente a se stesso. Il mondo di Centra era fatto di disordine stratificato; un mondo imperfetto nella sua limitatezza, viscerale e appassionato, sanguigno ed erotico. La stabilità svaniva, si sgretolava, crollava come i muri delle case abbandonate, si rendeva estranea e nello stesso tempo abitava. I suoi quadri, le sue pubblicazioni sono quello che resta di lui come ferita da taglio, rumore, presenza doppia, emergenza, scambio di binari per un viaggio.
Luigi resta. È tracciato sul suo camice sporco di colore, nel percorso difficile al limite dell’impossibile di urlare a colori la cenere dei rami secchi trovata nel bosco di castagni. Amava la natura, la storia, la gente. Amava l’amore, come la l’arte.
Centra il poliedrico, l’irrequieto, il cosmopolita. L’ultimo Moikano della Pop Art riconosciuto in ogni luogo dove è stato. Con le sue stonature cromatiche, il suo restare in bilico tra le linee di confine che separano la vita dalla morte, la rabbia dalla noia, il mare dalla sabbia, il tempo dalla fine, ci ha stupiti ancora una volta.
Arte e ancora arte, diffusa, regalata per riempirne il mondo, arte e solidarietà, arte e riconoscimenti, e ancora arte e progetti. Quei progetti che non lo tenevano mai fermo e che anche adesso, nell’inevitabile frammentazione dell’esistenza, lo accompagneranno tra i colori del suo ultimo viaggio.
Ciao Maestro.