di Giovanni Negri
Cesanese, terremoto in vista? Forse. Ma sarebbe un terremoto tutto positivo, carico di novità potenzialmente dirompenti. Questo il bilancio dopo la presentazione del libro-ricerca di Piero Riccardi, saggista e produttore di vini, nell’affollata sala della Maison “Al Piglio”: “L’ Enigma Cesanese” (Iacobelli Editore).
Due le clamorose novità che irrompono nella storia del campione enologico della Ciociaria: 1) sulle tavole della Roma antica non è affatto detto che questo vino fosse conosciuto e bevuto: non ha fondamenta scientifiche e riscontro storico la favola di Plinio mille volte invocata sui vini di Ariccia come genitori del Cesanese; 2) il Cesanese Comune, sedicente fratello citato nei disciplinari D.O.C.G. e D.O.C. come vino con pari dignità e titolo del Cesanese di Affile, semplicemente non esiste. Non c’è, non è presente, non si trova in alcun vigneto di Piglio, né di Olevano, né di Anagni, né in qualsivoglia Comune della D.O.C.G. e D.O.C.
Le scarne tracce di un remoto passato riconducono a un vitigno del tutto diverso sotto il profilo genetico dal Cesanese di Affile, unico e incontrastato titolare del nome e dell’identità del vino, il cui ingombrante fratello “Comune” ha inflitto solo danni, oscurando prestigio e identità del Cesanese autentico.
E’ alla luce di queste novità anche genetiche e vitivinicole oltre che storiche, che i tre Comuni di Piglio, Olevano e Affile – che attualmente donano i propri nomi alle D.O.C.G. e D.O.C. – si appresterebbero a chiedere un nuovo disciplinare per le terre storiche del Cesanese, passo così rilevante da condurre potenzialmente a una diversa e infine unica D.O.C.G. capace di rappresentare l’unicità storica di questo vino.
Il Giallo del Cesanese, comunque, è solo all’inizio. Se le origini del misterico grappolo sono altre, da dove mai viene questo vitigno vagabondo che a un tratto si insedia nella Valle dell’Aniene? Riccardi una tesi ce l’ha, ed è anche carica di fascino. Per svelare i segreti autentici del Cesanese bisogna forse andare verso il roccioso Santuario di Vallepietra, cercare le tracce di frati perseguitati nella loro terra d’origine e pronti a prendere il mare, scoprire un piccolo villaggio sul confine laziale-abruzzese dal nome profondamente evocativo di Cappadocia. Ma è inutile, adesso, rivelare di più: lo fa assai meglio il libro di recente pubblicazione. Che scrive, con ogni probabilità, un nuovo capitolo della storia del Cesanese.