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    18 febbraio 1944: la lettera d’Amore di Felice ad Evelina, scritta 80 anni fa

    i due erano innamorati; lui le scrive da Anagni, preoccupato per lei e per le oscure angosce che incombevano su Roma (dove lei risiedeva) e sull'Italia. È saltata fuori svuotando una cantina nel centro di Roma e chi l’ha comprata (al costo di 7 euro, spese di spedizione comprese) era in cerca di fotografie d’epoca. Una testimonianza preziosa di amore e di passione d'altri tempi; "ti penso sempre tanto, amore mio, e non vivo che per te e di te...": ecco il testo completo
    18 Febbraio 20247 Mins Read
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    di Ivan Quiselli

    L’Amore: senza dubbio, il dono più bello che ci è concesso, nobile sentimento senza confini di spazio e di tempo, il meccanismo che, da sempre, “move il sole e l’altre stelle“, e che dà senso a tutta la nostra esistenza.

    Nella storia dell’Uomo trovano posto non solo una moltitudine di grandi amori struggenti ed appassionati, andati ben oltre i confini del tempo, cantati da grandi poeti o narrati dagli scrittori, amori che hanno risolto o provocato conflitti, amori che hanno lasciato il segno o che hanno cambiato le sorti del mondo… ma anche tanti, tantissimi amori quotidiani, a loro modo straordinari, molti dei quali persi nei meandri del tempo, dimenticati, vivi soltanto nella memoria di chi li ha vissuti o venuti a mancare con essi.

    E’ tra questi che si inserisce l’Amore tra Felice ed Evelina, protagonisti – loro malgrado – della storia che stiamo per raccontarvi.

    Di loro due, per quanto ne sappiamo, non resta che una lettera spedita da Anagni a Roma il 18 febbraio 1944: esattamente 80 anni fa.

    Di Felice ed Evelina conosciamo i nomi e i rispettivi indirizzi di allora, ma né una ricerca su Google né quelle portate avanti a cura della nostra redazione negli Archivi di Stato di Roma e Frosinone, hanno restituito informazioni più approfondite sulle loro vite, sulle professioni svolte da ognuno, sulle loro famiglie, su ciò che di loro è stato terminato il disastro della guerra.

    a sinistra, il palazzo nel quartiere Piscina in cui risiedeva Felice, ospite della famiglia Menenti
    l’elegante palazzina di via Cosenza, nel quartiere Nomentano a Roma, in cui abitava Evelina

    le abitazioni di Anagni e di Roma dove vivevano rispettivamente Felice ed Evelina

    Il loro Amore in bianco e nero è riemerso qualche anno fa da una vecchia cantina nel centro di Roma, ritrovata lì da un robivecchi – assieme anche a chissà cos’altro – e poi rivenduta su eBay al costo di 7 euro (spese di spedizione comprese), più o meno il prezzo di un pacchetto di sigarette, più per il suo valore filatelico che personale o storico.

    Nella lettera, con estrema dolcezza e delicatezza, lo scrivente Felice – che in quei giorni si trovava ad Anagni – racconta alla sua amata Evelina (alla quale si rivolge affettuosamente con l’appellativo di Eva) i fatti tragici accaduti pochi giorni prima e manifesta tutto il suo ardente desiderio di rivederla e riabbracciarla quanto prima.

    Dall’epistola – invero – si evince poco della vita dei due; il testo è scritto a matita, con una grafia non semplice da leggere ed interpretare, ma con uno stile elegante e ricercato, senza cancellature o errori.

    Il contesto storico in cui è stata scritta è quello che fa riferimento a uno dei periodi più tragici della storia recente, l’occupazione nazifascista di Roma: nello stesso giorno in cui fu scritta la lettera – il 18 febbraio 1944, appunto – un decreto di Benito Mussolini sanciva la pena di morte mediante fucilazione per i renitenti e i disertori. Questi bandi, tuttavia, ebbero scarso successo e anzi rafforzarono la resistenza partigiana clandestina – molto attiva anche nella zona a sud di Roma, tra Paliano, Valmontone, Palestrina – verso la quale furono attratti inevitabilmente i tanti renitenti in fuga dalla leva.

    il decreto firmato da Mussolini il 18 febbraio di ottant’anni fa

    Tre giorni prima, il 15 febbraio 1944, i bombardamenti alleati avevano raso al suolo l’Abbazia di Montecassino. Un mese più tardi, il successivo 19 marzo, anche Anagni verrà bombardata, così come era già accaduto ad alcune città del Lazio e come, nelle settimane seguenti, sarebbe successo ad altre città.

    Anagni dopo il bombardamento del 19 marzo 1944 (foto Frattali)


    IL TESTO DELLA LETTERA

    Anagni, 18 febbraio 1944

    Eva mia cara,
    eccomi a darti notizie ma questa volta non molto buone. La mattina che ti lasciai (ore otto) tutto sembrava andar bene, invece… Alle 9 partimmo da Porta Maggiore con un autocarro diretto ad Arce e si filava magnificamente quando tra Valmontone e Colleferro arrivano gli aerei e nulla di male.
    Poco dopo si riprende e quando stiamo nei pressi d’Anagni ci piombano addosso 3 aerei e incominciano a mitragliare. Facciamo appena in tempo a buttarci giù e ripararci in una buca, io fui più svelto e me la cavai bene.
    Ma Domenico che ritardò qualche attimo fu colpito da un proiettile alla gamba destra sopra il ginocchio (10 cm) spezzandogli l’osso. Intanto gli aerei si avvicinavano sempre più contro gli autocarri finché non li distrussero tutti. E’ inutile scriverti il resto: dopo tanto riesco a farlo caricare su un’auto e a portarlo all’ospedale di Anagni dove fu subito operato e dove si trova.

    Ora non può muoversi e ne avrà per 40 giorni; io vengo qui due o tre volte la settimana in bicicletta a trovarlo e farò così finché lo faranno rimanere perché pare che dopo una decina di giorni lo porteranno a Roma o Tivoli o Firenze. Avevano paura per l’infezione, ma pare che non ci sia più pericolo e tutto si risolverà benino. Io forse la prossima settimana verrò a Roma ma con una macchina privata che parte da Anagni e ti spiegherò meglio tutto a voce. Qui ho saputo che hanno di nuovo bombardato Roma e puoi, amore caro, figurarti come sono in pensiero. La posta tra Anagni e Roma funziona un giorno sì e uno no e potrai scrivermi all’indirizzo che ti mando. Domenico lo porteranno via da Anagni ti farò sapere l’indirizzo e come sta e tu potrai farmi sapere sue notizie e tue che sono tanto ansioso con tutte queste novità che continuamente ci sono.

    Ti penso sempre tanto amore mio e non vivo che per te e di te. Avremo la fortuna di spuntarla tutti e bene ci sembrerà rinascere e vedrai amore come saremo felici e come arriva anche per noi il tempo buono. Mi pensi tanto come già io a te? Ti amo veramente Eva e ti vorrei con me, sempre, sempre con me. Tu stai attenta, amore, non andare tanto in giro e ti prometto che dopo metteremo tutto a pari. Domenico (che è qui a fianco perché sono venuto a trovarlo) ti fa tanto salutare insieme a tutti i tuoi; da parte mia affettuosi saluti a tutti e a te amore mio, caro tutto. I miei bacioni più affettuosi e abbracci. Non dire nulla ai parenti.

    Felice.


    Un piccolo ma vero spaccato di vita che fa comprendere come la guerra mondiale, descritta sempre come un elenco di date, combattimenti e morti, abbia anche lasciato spazio ai rapporti umani di amicizia, fratellanza e – appunto – di Amore.

    La vicenda privata di Felice ed Evelina rientra in un momento collettivo di tragedia nazionale; la loro è una piccola storia come tante altre che contribuiscono a comprendere e a conoscere la Storia, quella con la “S” maiuscola, e ciò dà a questa lettera uno straordinario valore intrinseco di memoria strappata all’oblio, destinata – altrimenti – a essere cancellata per sempre.

    Non sappiamo – né forse mai sapremo – cosa sia accaduto dopo e cosa sia stato stato di loro e del loro amore: se si sono sposati, se hanno avuto dei figli, se sono stati felici negli anni a seguire, se sono riusciti – poi – davvero “a mettere tutto a pari“.

    Ci piace pensare – però – che abbiano coronato tutti i loro sogni di amore e di vita. Noi, intanto, siamo qui, felici di averne rinnovato il ricordo, altrimenti perso nel tempo e nello spazio, nella speranza – forse nemmemo troppo vana – di vedere un giorno abolita ogni forma di guerra e di violazione dei diritti umani.

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