Un progetto da 60 milioni da investimenti e mille posti di lavoro, che ha riscosso il (quasi) pieno sostegno del consiglio comunale di Anagni – riunitosi in seduta lo scorso 29 febbraio – forte anche del consenso, espresso tramite voto, dei due consiglieri comunali di minoranza Danilo Tuffi e Giuseppe De Luca, con un’unica voce fuori dal coro, quella dell’avv. Luca Santovincenzo, capogruppo di LiberAnagni, che si è astenuto.
A spiegare ad anagnia.com le motivazioni dell’astensione è lo stesso consigliere comunale, già ascoltato dal nostro giornale – nei giorni scorsi – su altri argomenti.
Avvocato, Lei si conferma un esponente politico che ha opinioni diverse da tutti gli altri che sono intorno; può spiegarci i motivi della scelta di astenersi sulla votazione del progetto di logistica in località Cangiano di Anagni?
Ho appreso del progetto durante la seduta della commissione del venerdì; il giovedì successivo è stato portato in Consiglio con espressa indicazione di “urgenza”. In Commissione ero l’unico presente per la minoranza e lì ho saputo, come poi ribadito dalla società in Consiglio, che del progetto la società aveva discusso in precedenza con un comitato di quartiere. Gli atti e documenti del progetto in Commissione non c’erano, come non c’era nessuna relazione dell’Ufficio Tecnico. C’era solo la società con qualche cartina. Ho chiesto di trasmettermi i files e nell’inerzia del Presidente di Commissione ho dovuto rivolgermi all’Ufficio Tecnico per averli soltanto il martedì successivo. Meno di 24 ore per esaminarli prima del Consiglio. Ho chiesto di fissare una nuova Commissione aperta e lo stesso Presidente mi ha pure fatto ostruzionismo. Tuttavia, sono riuscito a far approvare alla Commissione di inserire nelle opere di riqualificazione il secondo accesso a San Bartolomeo dalla via Casilina.
Sì, ma stando alle parole del sindaco, il progetto è “un’occasione a impatto ambientale zero”…
In Consiglio Comunale il progetto è stato esposto con lo stesso schema del biodigestore, con slide, presentazione tecnica ed il cappello del Sindaco che ha parlato – appunto – di “impatto ambientale zero”. Ho fatto presente a tutti che non è proprio così: 396.753,4 mq di area edificabile, di cui 144.696 mq di superficie coperta in terreno attualmente agricolo è un insediamento enorme ed insediamenti di questo tipo non sono mai ad impatto ambientale zero, perché comportano sacrifici al territorio ed alla Comunità. Sacrifici in termini di incremento di consumo del suolo, in termini di impatto visivo ed in termini di qualità dell’aria. Cambiano la vita a chi vive lì, se fosse anche solo per chi ha comprato casa e vedrà stravolta la vista sul paesaggio, la qualità dell’aria, la sicurezza e la quiete per il traffico delle (auspicate) centinaia di futuri dipendenti provenienti dalla via Casilina.
Ecco, parliamo di livelli occupazionali, sono previsti 800 nuovi posti di lavoro…
Al riguardo ho chiesto garanzie e hanno parlato di “stime”. Ho fatto notare che certe stime, se errate, pongono il rischio di cattedrali nel deserto. Un rischio da valutare e ponderare. Ho fatto domande ed ho fatto notare più volte che la cittadinanza non era stata informata del progetto e del Consiglio, ed ho nuovamente chiesto di tornare in Commissione informando la Comunità con avvisi pubblici, cosa che avrebbe potuto consentire di valutare alla presenza dei portatori di interesse altre opere di riqualificazione del quartiere. La discussione, nella sostanza, non c’è stata né in Consiglio né in Commissione. Non è arrivato nessun contributo dai colleghi consiglieri, se non le solite autocelebrazioni ed il suggerimento di una futura pista di atletica che non si è tradotto in atti. Nessuno ha spiegato le ragioni dell’urgenza e men che meno nessuno ha recepito la mia richiesta di tornare in Commissione. In altre realtà progetti così impattanti come quelli in località Cangiano di Anagni vengono resi pubblici per tempo e discussi in sede istituzionale con la Comunità, in Commissione o anche in Consulta. Vengono coinvolti tutti, i cittadini, i portatori di interessi e le comunità di quartiere. Vengono chiesti pareri ai responsabili. Ci si prende il tempo che ci vuole. Tutti, e dico tutti, vanno messi in condizione di farsi una idea, di pesare il rapporto sacrifici/benefici.
E’ per questo, dunque, che si è astenuto?
Sì, è per questo mi sono astenuto. Non avevo gli elementi idonei né per votare a favore né per votare contro. Se avessi avuto maggior tempo per valutare positivamente il progetto e soprattutto in maniera condivisa con la cittadinanza, non avrei avuto problemi a votare favorevolmente.
Credo di poter aggiungere, anzi, che un mio voto favorevole a quelle condizioni sarebbe stato un atto irresponsabile. Infatti, quanto accaduto non è apparso normale né regolare, perché non rispettoso né dei diritti e delle prerogative della minoranza, né dei principi di trasparenza, partecipazione e buona amministrazione, con conseguenti rischi anche sul piano della regolarità del successivo iter autorizzativo. Rischi di cui ora sono inevitabilmente responsabili coloro che hanno votato favorevolmente. Inoltre, è passato un messaggio a mio avviso molto negativo, ossia che per riqualificare il quartiere bisogna accettare la logistica vicino casa. Il sacrificio di pochi che serve a dare posti di lavoro a tutti.
Non funziona così.
Quello di San Bartolomeo – tra l’altro – è un quartiere per cui Lei si è battuto molto e nel quale ha riscontrato un consenso importante…
Da anni con tantissime persone di quella Comunità abbiamo condiviso tante iniziative, tra cui la battaglia che finora ha bloccato il biodigestore. E’ un quartiere penalizzato da sempre e la responsabilità è solo delle amministrazioni comunali. E’ quindi il Comune che ha il dovere di riqualificare il quartiere, e non è giusto condizionare la riqualificazione alla logistica, come non è giusto legare il sacrificio di quella Comunità ai posti di lavoro. Di questo si sarebbe potuto e dovuto anche discutere in una nuova Commissione. In quella sede si sarebbe potuto valutare anche se c’erano alternative di localizzazione. Certi insediamenti possono progettarsi anche in altri contesti del territorio, magari riqualificando aree dismesse lontane dai centri abitati. Far passare certe logiche, dunque, fa pensare a un sottile ricatto che da cittadino e rappresentante dei cittadini non posso ritenere accettabile. E’ lo stesso copione del biodigestore e i cittadini anagnini lo conoscono bene.