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    Home » Veroli. C’era una volta la “vecchia guardia” dell’Addolorata 
    Cultura e spettacoli

    Veroli. C’era una volta la “vecchia guardia” dell’Addolorata 

    3 Aprile 20243 Mins Read
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    di Monia Lauroni

    Ci resta sempre un po’ difficile dire grazie. Non siamo abituati.

    Ci resta ancora più difficile pensare che quello che secondo noi ‘ci spetta di diritto’, perché è lì da sempre, perché deve essere così, perché è tradizione, ha bisogno di essere creato. E poi smantellato e poi ricomposto ancora. 

    Ogni anno riposiamo i nostri tormenti sull’immagine che più di tutti è l’immagine del nostro cuore, del nostro essere verolani.

    Il sepolcro di Sant’Agostino è nostro, ci appartiene. È il nostro intimo e la nostra storia. È qualcosa più del sacro, più del dolore e della redenzione. È la parte più nascosta di noi, quella che non raccontiamo a nessuno e che nessuno potrebbe capire.

    Dimentichiamo troppo spesso che quel sepolcro è fatto di lavoro, di giorni intensi, di rinunce, di ore trascorse a porte chiuse a collocare, sistemare fiori, posizionare fari, allungare teli.

    Un lavoro che ha bisogno di uomini e di donne, del loro tempo e anche della loro forza.

    Non appare dal nulla, dal buio dell’altare, ma è opera del direttivo della Confraternita Carità Morte Orazione e Pia Unione dell’Addolorata.

    Secoli di spiritualità racchiusa nelle mani di pochi. 

    È grazie a loro e a qualche volontario di passaggio se il ‘miracolo’ succede ancora.

    Per chi è più giovane sono fratelli e sorelle che sono lì da sempre. Indietro nel tempo si scoprono altri volti, altre mani, altri nomi che hanno tessuto quella tela che è arrivata fino ad oggi. 

    Alcuni se ne sono andati, altri troppo vecchi, troppo stanchi.  Ma la loro impronta resta ancora viva tra i rami d’ulivo che cingono l’altare.

    La vecchia guardia, possiamo definirla, quella che ha lasciato un’eredità di gesti ripetuti, notti concitate, matasse di fili da sciogliere e veli da posare.

    Ognuno aveva il suo ruolo, ognuno la sua visione che provava ad imporre al resto del gruppo. Troppi sarebbero gli aneddoti da raccontare, storie di amicizia e serate d’incensi. Racconti che lasciamo ai protagonisti di farcene dono.

    C’era allora Don Checco Mancini, amante dei fari gialli, che a dirla tutta non piacevano a nessuno. Mario Tarquini che riempiva il lavoro di storia e poesia. Massimo Papetti, Valter Stirpe, Pierluigi Brugnetti, Gianni Federico, Lauroni Carlo, Lauroni Ferruccio, Americo Magliocchetti con lo sguardo prospettico d’artista, Alfredo Del Brocco autore anche dei due bellissimi angeli che corredavano il sepolcro di Santa Salome. 

    Si era stanchi e felici insieme. E poi le sorelle che vestivano la Madonna con un atto d’amore intimo come pane caldo ed il suo profumo. Era la vita lungo le strade di paese, la grazia salvifica di aver compiuto qualcosa che sarebbe rimasta nei secoli. 

    Tutto questo parlare vuole essere un ricordo, un grazie ed una semplice piccola memoria per chi ha tenuto il filo fino ad oggi.

    Ma anche un invito alle generazioni più giovani di sentirsi parte attiva di questo miracolo abitudinario.

    Nuovi occhi, nuove forze, stesso amore.

    Non lasciamo che il filo scappi di mano. Il cielo è troppo vasto per riportarlo giù.

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