80 anni fa esatti – l’8 aprile 1944 – e proprio nei minuti in cui viene pubblicato questo articolo (alle ore 10.00 in punto) Piglio scrisse una delle pagine peggiori della sua storia millenaria, cioè quella relativa al terribile bombardamento seguito ad una incursione aerea – ancora oggi non si sa bene se di matrice tedesca o americana – e che pose fine alla vita di undici persone.
Questi i loro nomi: Angela Atturo, Maria De Santis, Adele Felli, Clorinda Felli, Mario Graziani, Alessandro Graziani, Colomba Loreti, Nazzarena Mapponi, Luigi Martucci, Matilde Neccia e Lina Tufi.
Di quel giorno così tragico, riportiamo di seguito la testimonianza di una persona che assistette al fatto ed è stato in grado di garantirne la veridicità; si tratta di Luciano Ninni Pacetti, venuto a mancare a novembre 2022.
“Dopo tanti anni ho l’occasione di scrivere una testimonianza e non una storia falsata, di un evento che ha lasciato indelebile nel tempo una ferita di guerra sulla mia giovane persona; il bombardamento dell’8 aprile 1944. Vengo ai fatti: alle ore 10 circa in chiesa Mons. Pio Appetecchia stava celebrando i riti del Sabato e noi bambini partecipavamo intensamente a tutti i riti della settimana santa che si completavano la mattina del sabato santo con lo “scioglimento” e il suono festoso delle campane. Ma quel giorno non fu cosi! Una squadriglia di caccia bombardieri apparve sul cielo di Piglio in direzione di “Via Nuova; in quel momento cominciarono a fischiare le bombe che avevano sganciato gli aerei! Dovevo restare sepolto sotto le macerie insieme ad altri meno fortunati ma mi sono salvato, pur restando comunque ferito, correndo verso casa a pochi metri dallo scoppio delle bombe, nel vicolo traverso tra le due piazze di Piglio. Piglio, fino alla vigilia di S. Giuseppe del 18 marzo 1944, era un Paese tranquillo; conviveva con una Compagnia tedesca e noi bambini assistevamo alle marce e alle esercitazioni che giornalmente faceva il reparto. Il Comando della Compagnia era in Piazza G. Marconi, fabbricato Scussa, l’infermeria in Via Maggiore, fabbricato sorelle Borgia, e le cucine da campo erano posizionate ai “due ponti” nello spiazzo prospiciente l’asilo comunale “Giuseppe ed Elvira Corbi”. Il pomeriggio del 18 marzo il Paese piombò nel caos e nella paura; arrivò la notizia che era stato ucciso un maresciallo tedesco, che insieme a due commilitoni nella campagna di Piglio voleva acquistare delle uova per festeggiare il Suo onomastico, Giuseppe. Un giovane del luogo lo uccise, i commilitoni fuggirono e diedero la notizia al Comando di Acuto, dove erano di stanza. Dalla Piazza della Collegiata vedevamo il fumo dell’incendio che i soldati tedeschi avevano appiccato alla campagna di Piglio sul luogo dell’eccidio; cominciarono nella zona i rastrellamenti di cittadini di Piglio e di Acuto che venivano portati al comando di Acuto, dove subirono sevizie e torture nell’edificio scolastico, con lo scopo di scoprire l’assassino. Ma in mezzo a quegli ostaggi non c’era l’assassino come non c’erano cinque giorni dopo a Roma quelli di via Rasella! Piglio ha pagato con la fucilazione di cinque Innocenti, di cui due non dovevano e non potevano essere fucilati data la giovanissima età. Questi due ragazzi, che allora avevano 16 anni circa, li rivedo seduti su una camionetta tedesca in Piazza G. Marconi a Piglio prima di essere trasferiti sul luogo dell’eccidio avvenuto alle ore 16. Si doveva completare la rappresaglia con la fucilazione di altri ostaggi detenuti a Piglio, nei giorni successivi. Con il plotone di esecuzione pronto vicino la vecchia caserma dei Carabinieri, arrivò la Grazia, la fucilazione fu sospesa e una parte degli ostaggi fu rimessa in libertà, compreso mio fratello Francesco che doveva scavare la fossa a quelli che dovevano essere fucilati.. Ma i tedeschi, non avendo potuto completare la decimazione, non erano soddisfatti. La rappresaglia vera fu il bombardamento! La sera precedente il bombardamento delle vecchiette piangevano e dicevano che un tedesco gli aveva detto che “domani tutti caput”. Difatti l’8 Aprile tutta la Guarnigione tedesca era fuori Piglio, agli Altipiani di Arcinazzo; a Piglio erano restati solo i soldati di guardia agli ostaggi relegati negli angusti locali di piazza G. Marconi, sopra il vecchio ufficio postale e un soldato tedesco che morì vittima di una scheggia nelle scale del bar trattoria allora di Flamini. Ma questa non è la prova. Durante il bombardamento una bomba sganciata sul pendio della collina non esplose, ruzzolando attraversò la strada provinciale arrivò a fondo valle, e si adagiò sul prato di proprietà del sig. Tito Felli. La bomba diventò un centro di attrazione specialmente per i più grandi di età; tra questi c’era uno studente in legge, il quale dichiarò che i dati scritti sulla bomba erano in tedesco, lingua che lui conosceva. Dopo aver piantonato la bomba i tedeschi, una quindicina di giorni dopo, la fecero brillare e i segni del cratere ancora esistono. Le poche famiglie che erano rimaste in paese vennero fatte allontanare dalle abitazioni per un raggio di 500 metri con l’ordine di lasciare le finestre aperte delle abitazioni; la mia famiglia si rifugiò in un fienile sulla Via Nuova. Perché tutto questo zelo se già avevamo subito i danni di un bombardamento? La testimonianza di questa bomba doveva scomparire. Ecco la dimostrazione del teorema: il bombardamento dell’8 aprile 1944 è stato effettuato dai tedeschi!”.