di Monia Lauroni
Si svolgerà dal 9 al 12 maggio la 43esima edizione del Certamen Ciceronianum Arpinas, l’evento culturale internazionale organizzato dal Centro Studi Umanistici “Marco Tullio Cicerone” di Arpino, in collaborazione con la Città di Arpino e l’Istituto di Istruzione Superiore “Tulliano”, che gode dell’Alto Patronato del Presidente della Repubblica.
Circa 250 giovani latinisti parteciperanno alla sfida di traduzione dal latino e commento esegetico , linguistico e stilistico di un brano di Cicerone.
Oltre 50 gli accompagnatori, 14 le nazioni rappresentate: Austria, Belgio, Bulgaria Croazia, Germania, Italia, Lussemburgo, Olanda, Polonia, Romania, Serbia, Spagna, Svizzera, Ungheria.
La sfida richiede doti sopra la media, non può definirsi una semplice traduzione di parole dal latino all’italiano. La traduzione di Cicerone richiede metodi ed abilità che vanno oltre il significato delle parole.
Parole e frasi che richiedono una lettura ripetuta e attenta fino a sentirne il gusto della parola, fino a vedere le immagini, fino ad immaginare la gestualità adoperata, ad assaporarne le pause.
Endiadi da cesellare e verbi principali da rincorrere fino a schiudere il mistero dei concetti, in punto di diritto e di oratoria.
Cicerone era complesso nelle sue strategie.
Intelligente, affabulatore, astuto, colto, forse il più grande retore del mondo antico. Quella parte di ‘antico’ che nella storia ha avuto un ruolo fondamentale.
Per dirla alla Concetto Marchesi: “Nessun greco sarebbe stato capace di diffondere, come ha fatto Cicerone, il pensiero greco per il mondo” (Demostene in un certo senso ci provò, ma commise “l’errore tecnico” di scegliersi un “vilain” su cui incarognirsi, Filippo di Macedonia, senza maturare appieno la sua immensa bravura).
Quel giovane di provincia nato ad Arpino, di bassa nobiltà, a quindici anni era già a Roma ad ascoltare l’epicureo Fedro con l’amico Tito Pomponio Attico.
Entrare in ‘sintonia’ con la mente di Cicerone, cercare tra le righe la sua modernità non è cosa da poco.
E sarà comunque un privilegio cimentarsi con quell’uomo politico così ‘italiano di oggi’, così pronto a passare dalla parte dei vincitori, al quale va riconosciuto lo straordinario merito di avere latinizzato, italianizzato se vogliamo, otto secoli di filosofia destinati a perire con la lingua greca o latina pura.
Tra la storia, la bellezza, i battiti culturali di Arpino.