Un luogo incantato, affascinante, situato su di un acrocoro a qualche centinaio di metri sul livello del mare, lontano dal caos della città, raggiungibile solo con mezzi adatti e circondato di boschi, nuvole, Natura. E il mare in lontananza.
È qui – tra i Comuni di Bassiano, Sezze e Sermoneta, non lontano da Latina e dagli splendidi Giardini di Ninfa – che si trova la Tenuta Antoniana dell’Azienda Agricola Biologica “Marco Carpineti”, immersa in una sorta di paradiso naturale che anagnia.com ha visitato per voi, nei giorni scorsi, su invito dello stesso Marco e dei figli Paolo e Isabella.
Uno scenario naturale unico nel suo genere nel quale è immerso “Limito“, una vera e propria opera di land-art, un suggestivo labirinto “che – si legge in una nota – rilegge la vigna in una chiave inedita e racconta l’intento della famiglia Carpineti: un vigneto inclusivo come metafora della vita e rappresentazione di bellezza, arte e creatività.
L’opera si compone di un elaborato disegno che ospita due spirali e un labirinto, il tutto avvolto da un turbinio di onde, che vogliono abbracciare chi percorre l’interno della vigna. L’idea nasce dalla volontà di creare un vigneto in grado di includere e accogliere, di ospitare invece che di creare barriere”.
PAOLO CARPINETI: ““PERDERSI PER RITROVARSI”, SONO LE PAROLE, IL CONCETTO CHE HA ISPIRATO LA REALIZZAZIONE DI QUESTA OPERA DI LAND-ART”
“Il labirinto – spiega Paolo Carpineti – è metafora del percorso della vita che ognuno di noi svolge cercando di trovare la strada per il raggiungimento dei propri sogni, della propria visione e realizzazione. Ci sono momenti in cui sono presenti ostacoli e interruzioni, situazioni in cui si deve cambiare direzione per imboccare finalmente quella giusta”.
“LIMITO”, IL VIGNETO A FORMA DI LABIRINTO
80 metri di diametro, quattro ingressi e due soluzioni differenti, due piazzole per la sosta poste ai lati di esso, circondate da otto cipressi, che svettano come colonne e rappresentano, per chi lo attraversa, un “punto di riferimento”. Questo è “Limito“, il vigneto/labirinto inaugurato dalla famiglia Carpineti che consta di due spirali che, come onde, danno dinamicità all’intero disegno e possono essere percorse entrando da un lato ed uscendone dall’altro. Vi si coltivano Bellone, Abbuoto e Nero Buono dell’azienda ed attraversarlo, immergervisi, sentirne gli odori, i colori e i suoni provenire da esso è un’esperienza sensoriale ed esistenziale che ha eguali.
Ad impreziosirlo, una splendida e sinuosa installazione del giovane e talentuoso artista corese Alessio Pistilli dal titolo “Otium”; un’altalena unica nel suo genere, alta più di sette metri e dalla forma iconica ed inusuale.
I VITIGNI
I vitigni piantati sono in primis Bellone e Nero Buono, varietà riscoperte dall’azienda quando erano praticamente dimenticate. Una vera scommessa e un progetto preciso, valorizzare queste uve attraverso l’approccio biologico declinandole in tipologie diverse, in base al microclima e al suolo di ogni tenuta e persino nell’ormai consolidata e apprezzata versione metodo classico con lo scopo di ottenere dei veri e propri cru in grado di esprimere il terroir in maniera unica. Ad aggiungersi alle due varietà anche un’altra uva antichissima: l’Abbuoto. Presente in questi luoghi già in epoca remota era il vino bevuto dagli antichi romani. Il vitigno faceva infatti parte del blend del vino Cecubo, decantato da Orazio e Plinio, come antesignano della grande viticoltura.
Le tre varietà sono state scelte con l’idea di rappresentare nel labirinto proprio le uve antiche di quei luoghi e rafforzare ancora di più il concetto di territorio. La particolare conformazione del labirinto sposa anche una precisa sperimentazione: con le sue onde e le sue ombre, vuole infatti sviluppare un impianto nuovo che sia funzionale alla giusta maturazione delle diverse uve e in grado di valorizzare e gestire al meglio la pianta e i suoi frutti. Inoltre, la scelta ha portato a creare un disegno preciso anche in base alla colorazione delle uve e delle loro foglie in maniera che, con l’arrivo dei primi freddi, cambiassero colore e trasformassero il disegno in un tripudio di nuance che si accendono, fornendo allo spettatore un continuo cambio di scena. Un’architettura funzionale ed estetica al tempo stesso, che si realizza in senso rinascimentale, per ridare dignità a luoghi antichi che un tempo brillavano, in grado di rispettare il luogo, integrarsi con esso e con il cambiamento climatico, per valorizzare l’ascolto del suo genius loci e la sua bellezza intrisa di cultura.
“Perché – spiega la famiglia Carpineti – vogliamo rendere le nostre tenute, nate e pensate per produrre uva, dei musei a cielo aperto. Trasformare ciò che è produttivo in qualcosa di artistico. Tornare a parlare di bellezza, creatività, ingegno e distintività. Ciò che ha reso l’Italia per secoli una terra di bellezza e bacino di una capacità del “fare” unica al mondo“.