di Piero Riccardi
Lunedì 24 giugno, nella sala eventi di “Al Piglio, Maison de Charme”, si è tenuto un incontro tra i viticoltori delle tre Denominazioni di Origine del Cesanese: Affile, Olevano Romano, Piglio.
Una sorta di Stati Generali sul Cesanese alla luce delle novità scientifiche sul più rappresentativo vitigno a bacca rossa del Lazio, per decidere del suo futuro e del suo rilancio come vino e soprattutto come territorio.
Il pomeriggio di studio e confronto è stato promosso su iniziativa di tre produttori di Cesanese, Antonello Coletti Conti (docg Piglio), Michael Formiconi (doc Affile), il sottoscritto Piero Riccardi (doc Olevano Romano), ospite, ma attivo tra i promotori, Giovanni Negri con la sua nuova azienda Al Piglio che oltre al ristorante e alle Camere di Charme, presto diventerà produttore di vino Cesanese.
L’occasione è servita per lanciare un’idea, la creazione di un marchio identificativo del territorio del Cesanese storico che potrà essere utilizzato come bollino, su base assolutamente volontaria, non solo dai produttori di vino, ad esempio sulle bottiglie, ma anche da ristoranti, alberghi, agriturismo, aziende agricole che producono e lavorano nel territorio. Il nome del marchio è Terre Storiche del Cesanese.
Un marchio che non vuole sostituirsi a quello delle doc/docg, con le sue Strade del Vino, i suoi Consorzi, ma semplicemente affiancarli, per una comunicazione chiara e unitaria di tutto il territorio nella sua interezza e complementarietà.
Due o tre cose sul Cesanese
Per comprendere l’importanza del momento che sta vivendo il Cesanese – vitigno e vino – proviamo a partire da ciò che si sa del Cesanese, da ciò che è conosciuto, ovvero da ciò che si dice e si scrive quando si parla di Cesanese.
Vediamo i punti salienti:
- il Cesanese è il vitigno a bacca rossa più rappresentativo del Lazio;
- con il nome Cesanese si indica sia il vitigno che il vino che se ne ricava;
- come vitigno principale è presente in tre denominazioni – due Doc, Affile e Olevano Romano e una Docg, Piglio – inoltre entra come uvaggio in altre denominazioni e può essere menzionato in etichetta come Igt Lazio;
- del vitigno Cesanese allo stato attuale risultano due tipologie, iscritte entrambe nel Registro Nazionale delle varietà da vino del Masaf, ovvero il Cesanese di Affile e il Cesanese Comune;
- i profili genetici dei due Cesanesi pubblicati che accompagnano la scheda varietale del Registro Nazionale, pur condividendo il nome Cesanese, evidenziano due varietà distinte con nessuna parentela tra di loro;
- nel disciplinare della Doc Affile è prescritto l’utilizzo esclusivo di Cesanese di Affile, mentre nei disciplinari delle DO Piglio e Olevano Romano è previsto l’utilizzo di Cesanese di Affile e/o Cesanese Comune indifferentemente.
E vediamo invece le novità scientifiche, ciò che sta emergendo dagli ultimi studi e ricerche.
Nel corso degli ultimi anni, data l’importanza del vitigno Cesanese per la viticoltura laziale, sono stati portati a termine numerosi studi, ricerche e tesi di laurea sul vitigno. In tutti, determinante è stato il ruolo di Arsial e di Crea Viticoltura Enologia. Buon ultimo, in ordine di tempo, arriva il recente studio nell’areale viticolo di Olevano Romano, Genazzano, San Vito Romano, i cui risultati sono stati resi noti nel 2023.
Due fatti sono emersi chiaramente:
a) che tutte le accessioni di Cesanese analizzate nell’area di studio si sono rivelate Cesanese di Affile, mentre nessun riscontro si è avuto del Cesanese Comune;
b) che il Cesanese di Affile non ha parentele genetiche con altri vitigni italiani.
Entrambi i fatti sono eclatanti, ma vanno analizzati separatamente e meritano un approccio diverso.
a) la non presenza di Cesanese Comune nei vigneti delle denominazioni di Olevano Romano e di Piglio appare ormai un dato di fatto scientifico. Un precedente studio nell’areale della docg di Piglio (Arsial, Crea Ve) aveva dimostrato come il vitigno considerato un forte candidato per essere Cesanese Comune fosse in realtà la varietà nota come Maiolica.
Questa non presenza di Cesanese Comune negli areali di Piglio e Olevano ha una decisiva ricaduta sui due disciplinari che lo prevedono in totale alternativa al Cesanese di Affile. Il vino Cesanese a denominazione Piglio e Olevano Romano può essere ottenuto da Cesanese di Affile e/o Cesanese Comune.
Ma come la mettiamo se il Cesanese Comune non si trova?
Dai dati del Catasto Viticolo regionale, secondo l’elaborazione del Sistema informativo agricolo nazionale, al febbraio 2022, nel Lazio risultano coltivati a Cesanese Comune 344ha, appena poco sotto di quelli del Cesanese di Affile che ammonterebbero a 369ha.
Ma nelle denominazioni Piglio e Olevano Romano – che lo prevedono per disciplinare – non si trova. Nello Studio citato del 2023, nell’areale Olevano Romano è stato cercato intervistando vecchi e giovani viticoltori che asserivano di avere sicuramente Cesanese Comune. Io stesso avevo iniziato questa ricerca di Comune su informale richiesta di Arsial già da qualche tempo e anche nel caso di questo Studio ho collaborato attivamente con i ricercatori del Crea Ve per scovarlo. Nulla, del Cesanese Comune nessuna traccia, tutte le segnalazioni, alla prova di analisi genetica, si sono rivelate Cesanese di Affile. Va anche detto che le piante di vite prese in considerazione per lo Studio dovevano avere 50 anni e oltre. Dunque, spesso eravamo di fronte a vecchie viti contorte per le potature e per gli anni, allevate con il vecchio sistema della conocchia di canne, ma nessuna si è rivelata per Cesanese Comune.
Possiamo aggiungere che anche ad una analisi visiva, ampelometrica e ampelografica, c’erano davvero pochi dubbi che potessero essere Cesanese Comune, dato che il Cesanese di Affile ha delle caratteristiche morfologiche uniche, in particolare la foglia, che lo rendono inconfondibile.
Io stesso ho dei vigneti di Cesanese in Olevano Romano iscritti alla Doc – con barbatelle acquistate dal vivaio francese Guillaume che fece a suo tempo una selezione massale nei nostri territori – che al Catasto viticolo e dunque sul Fascicolo aziendale risultano al 70% Cesanese Comune e al 30% Cesanese di Affile, quando è tutto Cesanese di Affile. Iscritti d’ufficio in questa percentuale semplicemente perché era materiale standard, ovvero non proveniente da cloni omologati, anche se io stesso avevo dichiarato che era tutto Cesanese di Affile.
Situazione che si replica per gli altri viticoltori di Olevano Romano che ho avuto modo di contattare, tutti vigneti che fanno parte di quei 344 ha coltivati ufficialmente a Cesanese Comune.
Dunque, dire che il Cesanese Comune esiste perché è coltivato diventa un’affermazione tautologica.
E se il Cesanese Comune non si trova coltivato nelle aree delle tre Denominazioni, non si trova neppure fuori. Ho avuto modo di visitare alcuni vigneti ai Castelli Romani che dal coltivatore erano detti di Cesanese Comune, ma che erano a tutti gli effetti Cesanese di Affile.
Come scrivo ne L’enigma Cesanese (Iacobelli editore, Roma, 2023), non dico che il Cesanese Comune non esiste, almeno un esemplare c’è, quello iscritto nel Registro Nazionale delle Viti, da cui è stato estratto il profilo genetico, recuperato – mi hanno detto – alcuni anni fa dal prof. Tempesta. E ora ne spunterebbe un altro esemplare a Marcellina. Quindi esiste, certo, ma è proprio questa rarissima presenza a dirci chiaramente come prima cosa che almeno attualmente non è coltivato neppure nelle vigne fuori i territori delle tre Do storiche.
In ogni caso, come ben si sa, è una varietà a sé stante, che nulla ha a che vedere con il Cesanese di Affile, avendo parentele con il Coda di Volpe campano.
Il problema nasce quando un disciplinare Do/Docg lo prevede addirittura in purezza al 100% in sostituzione integrale del Cesanese di Affile, che in effetti è quello coltivato nelle tre Do.
Per fare una similitudine, è come se per Disciplinare potessimo fare il Barolo con il Nebbiolo e/o con il Nebbiolo Comune, dove il Nebbiolo Comune è in effetti geneticamente Dolcetto o Albarossa o Croatina, un’altra varietà che non c’entra affatto con il Nebbiolo.
Questo è un gravissimo problema che non solo coinvolge due dei tre Disciplinari di Denominazione – Piglio e Olevano Romano – ma crea un danno all’immagine del Cesanese stesso, dal momento che il Cesanese di Affile non ha parentele con altri vitigni italiani e dunque è unico.
Come analizzo nel libro, l’errore del Cesanese Comune è banale. Inizia nel 1888, con due pubblicazioni sulla viticoltura laziale, una di Flavio Mengarini, l’altra di Camillo Mancini. Ma Mancini lo dice chiaramente, l’ampelografia laziale è al punto zero nel 1888 e loro non fanno altro che trascrivere nomi che gli forniscono i viticoltori. Ma sappiamo bene quanto ancora oggi i viticoltori siano soliti inventarsi storie e nomi, ne conosco molti dalle nostre parti che affermano di essere i soli ad avere il Cesanese vero, il Cesanese nostrano o il Cesanese antico e alcuni sono perfino convinti, a dispetto di prove genetiche, di essre gli unici ad avere il Cesanese bianco.
Ora, se sappiamo che il Cesanese di Affile e il Cesanese Comune sono due varietà che nulla hanno a che vedere una con l’altra si deve trovare il coraggio di dirlo. Non si crea alcun danno – come mi paventava allarmato un vecchio funzionario laziale oggi non più in attività che diceva “e chi glielo dice ai viticoltori che a Piglio o a Olevano Romano il Cesanese Comune non esiste!”. Certo, alcuni di primo acchito potrebbero prenderla a male, ma io penso che il Cesanese se ne gioverebbe, anzi, potrebbe essere un punto di forza incredibile per una nuova comunicazione sul Cesanese. E al Cesanese Comune si darà la dignità di avere un nome suo proprio, senza che sia comune di qualcosa che non è. Difficile dargli un nome? Se si vuole, ci si può riuscire.
Ma c’è un secondo aspetto che legato alla non presenza di Cesanese comune nelle nostre denominazioni potrebbe avere un effetto leva sulla comunicazione del Cesanese.
Mi riferisco alla non parentela genetica del Cesanese di Affile con altri vitigni italiani, un aspetto che pone importanti interrogativi sulle origini del Cesanese di Affile, aprendo nello stesso tempo scenari che nuovi studi storici appena pubblicati stanno prospettando.
Per dare la giusta importanza al Cesanese non occorre ricorrere alla storia che fosse conosciuto e apprezzato dai Romani e dai suoi imperatori. Questa sì che è mitologia di bassa lega.
La tesi che espongo nel L’Enigma Cesanese sulle sue origini non vuole essere mitica. E’ una ricerca attenta alle fonti e credibile, basata sui recenti studi di storia medievale nella Valle dell’Aniene – e non solo ovviamente – che stanno portando alla luce la forte influenza dei monaci ortodossi basiliani provenienti dalla Cappadocia che arrivarono e si fermarono per alcuni secoli nell’area, ben prima che arrivasse Benedetto da Norcia. Molte tracce hanno lasciato, a partire dal famoso affresco della SS. Trinità a Vallepietra, nomi di paesi come quello di Cappadocia in Abruzzo alle spalle di Vallepietra, ovvero monaci e martiri bizantini che hanno fondato città, paesi e diocesi e che ancora oggi ne sono i Santi Patroni. Certo, chi ha vinto nella storia della Valle è Benedetto e i vincitori in qualche modo plasmano la storia. Una storia come quella basiliana che nell’area è stata nel tempo dimenticata, ma non cancellata.
Nel libro sostengo che con molta plausibilità potrebbero essere stati quei monaci a portare la vite del Cesanese nella Valle dell’Aniene, come accaduto in altri luoghi dell’Italia meridionale dove nei secoli hanno emigrato, come per la Quercia Vallonea da ghianda in Puglia o ancora la pianta di Gelso.
Ritengo che quella che espongo sia una pista credibile e con una sua solidità, utile da considerare per provare a spiegare le origini del Cesanese di Affile, anche in mancanza di altri anelli genetici di parentela.
Credo, crediamo, che sia giunto il momento di fare un po’ di chiarezza sul Cesanese, sui disciplinari delle Denominazioni della Terra Storica del Cesanese, delle Doc di Affile e Olevano Romano, della Docg di Piglio, sull’immagine stessa del Cesanese, unico e irripetibile, e ancora sui suoi territori che meritano un dovuto riconoscimento.
LE NOSTRE INTERVISTE:
L’AUTORE DI QUEST’ARTICOLO, PIERO RICCARDI
Piero Riccardi è attualmente un vignaiolo che fa vini naturali con l’azienda Cantine Riccardi Reale.
Si è occupato di cinema, teatro, televisione. Ha collaborato come autore di inchieste e documentari per la Rai (Mixer, Report, Raieducational). Tra le pubblicazioni: Il mondo alla rovescia, Roma 2009; Il piatto è servito, in Ecofollie , di M.Gabanelli, Milano 2009; Riprendiamoci in cibo, Roma 2015; Il cuore del vino (2021) e L’Enigma Cesanese (2023) per Iacobellieditore.