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    Per il Palium (o Bravium) di San Pietro Celestino

    breve nota storica sulle feste civiche in onore dei Patroni di Ferentino
    12 Settembre 20246 Mins Read
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    di Biancamaria Valeri

    Bisogna distinguere tra palio e corsa equestre. Il termine palio deriva dal latino pallium, che significa “mantello”; per estensione vuol significare la gara equestre, ma tecnicamente significa il drappo riccamente intessuto o ricamato o dipinto, che dal Medioevo è il premio nelle gare equestri.
    La corsa equestre, che ho rinvenuto nei documenti medievali e moderni attraverso le mie ricerche storiche, si denomina, sulla ricostruzione storica da me effettuata e presentata all’Amministrazione che mi richiese informativa nel 2002 (amministrazione di Roberto Valeri), si denomina “Giostra dell’Anello”. Nei documenti antichi risulta la spesa che sosteneva il Comune per l’acquisto dell’anello per la gara equestre.


    Negli Statuti comunali medievali si faceva esplicito riferimento alle feste celebrate dal Comune per i Santi Patroni della Città di Ferentino:

    per S. Ambrogio centurione e martire il 15 e il 16 agosto (due corse in due giorni; gareggiavano in un giorno cavalli e nell’altro giorno cavalle), giorni in cui si celebrava la Madonna d’Agosto, l’Assunta protettrice della Città e il martirio di S. Ambrogio avvenuto durante la persecuzione di Diocleziano nel 304 d. C. il 16 agosto.

    Per S. Pietro Confessore (Celestino V, canonizzato il 5 maggio 1313 ad Avignone con questo titolo e patrono della Città sicuramente intorno a tale data o subito dopo la sua morte, essendo sepolto dal 1296 in S. Antonio abate, la sua fondazione in Ferentino).
    Con ogni probabilità la corsa equestre si correva nella Piazza del Mercato o di S. Valentino, oggi denominata Piazza Matteotti. La Piazza del Mercato in antico era molto più ampia. Su di essa si affacciava la chiesa romanica di S. Valentino, che era arretrata rispetto all’attuale (si riscontra quanto dico dall’analisi delle strutture murarie ben visibili sul lato di Via Marianna Candidi
    Dionigi). La chiesa romanica di S. Valentino, che insieme a mia sorella Maria Teresa ho studiato ampiamente, collassò nel XVII secolo. La sua ricostruzione ebbe fase lunghissima e terminò nel Nel corso del XVII e XVIII secolo vennero costruite al lati della Piazza di S. Valentino il Palazzo Stampa, oggi Municipio (dopo la ricostruzione nel secondo dopoguerra), e i Palazzi Scala, Apolloni, e altri caseggiati che subirono danni nei bombardamenti furiosi del 1944. Queste nuove costruzioni restrinsero di molto la Piazza del Mercato detta anche di S. Valentino. A partire dalla fine del XVII secolo intorno alla piazza del mercato si sviluppò un’area di forte insediamento
    abitativo, un’espansione urbanistica della città
    . Questa si presentò come terzo polo all’interno di una triangolazione urbanistica. La Piazza del Mercato continuò, anche se ridimensionata, ad essere il cuore pulsante del mondo rappresentativo delle attività produttive; questo polo commerciale era
    collegato al centro amministrativo rappresentato dalla piazza del Governo (attuale Piazza Mazzini) sulla quale si affacciava il medievale Palazzo Consolare; ed era in rapporto distintivo con il centro religioso, identificato sull’acropoli romana cristianizzata nella cattedrale e nel palazzo episcopale.
    Sicuramente dalla fine del XVII secolo le cerimonie del palio non vennero più effettuate. Furono sostituite dalle processioni civili dedicate al Patrocinio di S. Ambrogio curate dal Comune: le processioni del triduo di preparazione: dette poi popolarmente ” dei Tre Gattoni”, 28,29,30 aprile con l’accensione della “pantasma” di cui sopravvive memoria dei fuochi propiziatori vicino alle Porte di S. Agata e Sanguinaria; e la processione solenne del 1° maggio con il simulacro argenteo del martire commissionato e pagato dalla Comunità (i cittadini distinti per appartenenza ai quattro quartieri in cui era divisa la città ab immemorabili, identificati dai quattro quartieri delimitati dall’incrocio degli assi viari romani cardo e decumano massimi e dalle quattro porte di riferimento: S. Agata, Sanguinaria, S. Francesco o Posterula, Montana riferimenti nei documenti), dagli Amministratori e dal Vescovo Ennio Filonardi (quest’ultimo donò del suo ben cento scudi).


    Non sto sconfessando la tradizione; sto solamente raccontando quanto i documenti dicono o suggeriscono o fanno dedurre … uso questi verbi perché gli archivi ferentinati sono stati devastati e distrutti e saccheggiati: nel XVII secolo l’Archivio capitolare fu distrutto da un incendio; l’archivio vescovile superstite inizia a datare dal 1585 e nei secoli successivi presenta molte lacune nei documenti … Per ricostruire in parte la storia di Ferentino ho faticato non poco nella ricerca di documenti… l’Archivio comunale si è salvato a stento; ha perso la parte medievale, superstite in poche e preziosissime pergamene; la parte moderna è conservata in modo abbastanza completo dal XVI secolo. Dobbiamo essere riconoscenti al notaio Giuliano Floridi e all’ins. Benedetto Catracchia, che con la loro preziosa opera archivistica e di tutela sono riusciti a conservare l’archivio storico notarile dal XV secolo alla seconda metà del XX secolo. Conosco perfettamente le vicende degli archivi religiosi e comunali perché li ho frequentati assiduamente dal 1980. Le processioni civiche a partire dalla metà del XVII secolo in onore di S. Ambrogio hanno sostituito per ovvi motivi economici (erano meno dispendiose ed erano cambiati i tempi e la mentalità religiosa e devozionale) la gara equestre. La spiritualità e il sentimento “barocco” preferivano la scenografia di una processione e feste che sono sopravvissute, quasi inalterate, fino a noi.


    La gara equestre in onore di S. Pietro Celestino, forse è sopravvissuta fino a quando la Congregazione Celestiniana è rimasta a Ferentino fine del XVII secolo. La Congregazione del Celestini, fondata da Pietro del Morrone, venne riconosciuta su richiesta di Pietro del Morrone dal papa Urbano IV con la bolla Cum sicut del 1º giugno 1263. Il papa Urbano IV diede mandato al
    vescovo di Chieti di incorporare l’eremo di Santo Spirito all’ordine benedettino. Il giorno seguente, con la bolla Sacrosancta Romana Ecclesia, il pontefice concesse alla comunità la protezione apostolica e ne confermò i beni. La Congregazione prese il nome di Congregazione dei Fratelli
    dello Spirito Santo
    . Dopo la morte di Celestino V, avvenuta nella rocca di Fumone e dopo la sepoltura in S. Antonio per ordine di Bonifacio VIII, la Congregazione assunse la denominazione di Congregazione dei Celestini (Congregatio o anche Ordo Coelestinorum, sigla O.S.B. Coel.).

    lo stemma della Congregazione: una croce con una S (Spirito Santo) sull’asta inferiore, così come si evidenzia in un bassorilievo conservato in una chiesa pugliese. I gigli araldici che si evidenziano nel bassorilievo ai lati della croce, sono gli emblemi dei Celestini, NON DEL COMUNE DI FERENTINO

    l’abito dei Celestini


    Il Comune di Ferentino preferì celebrare i suoi Patrono con riti e cerimonie anche civiche più “economiche” e più confacenti al rinnovato spirito religioso che cominciava a pervadere la comunità cristiana nel XVIII secolo (periodo dell’Illuminismo): celebrazione di messe, dono della cera per garantire l’illuminazione di un anno nelle chiese dove si conservavano le reliquie dei
    Patroni, decorazione delle vie urbane con archi di trionfo e spari di mortaretti.

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