di Biancamaria Valeri
Nel territorio di Ferentino, sul Colle detto nei documenti antichi “Colle del Fico”, era eretta una “cona”, una cappella rurale, dedicata a S. Antonio abate, padre del deserto. Passò per Ferentino Pietro del Morrone, mentre si recava a Roma per farsi riconoscere dal papa Urbano IV la regola della sua Congregazione, “Fratelli dello Spirito Santo”. Con la bolla Cum sicut del 1º giugno 1263 il Papa riconobbe la Congregazione e diede mandato al vescovo di Chieti di incorporare l’eremo di Santo Spirito all’ordine benedettino. Il giorno seguente, con la bolla Sacrosancta Romana Ecclesia (2 giugno 1263), il pontefice concesse alla comunità la protezione apostolica e ne confermò i beni.
Passando per Ferentino Pietro del Morrone fu particolarmente colpito dalla chiesa di S. Antonio abate, dove si svolgeva vita eremitica e contemplativa; riconoscendo il luogo molto adatto all’insediamento della sua Congregazione religiosa, la rilevò e ne fece un’abbazia con annesso monastero. I suoi monaci ressero la chiesa e il monastero fino alla fine del XVII secolo, quando per motivo di contrazione delle vocazioni religiose, si ritirarono a Roma nel monastero unito alla Chiesa di S. Eusebio (attualmente in Piazza Vittorio).
Dal XVIII secolo la chiesa di S. Antonio abate e monastero, amministrata dalla Parrocchia di S. Valentino (chiesa urbana), conobbe un lento declino. A nulla valsero gli interventi episcopali di far insediare tra ottocento e primi del Novecento nuove congregazioni religiose (Salvatoristi, Passionisti, Cappuccini, questi ultimi ressero la parrocchia di S. Antonio abate fino alla fine di febbraio 1926); tale situazione di stallo fu risolta dall’ordinario diocesano che il 30 giugno 1924 costituì la nuova parrocchia autonoma e rurale di S. Antonio abate e ne delimitò i confini. La casa parrocchiale sarebbe stata ricavata nel monastero, anch’esso, come la chiesa, spettante all’amministrazione della mensa vescovile. Il Vescovo si sarebbe riservato, nel monastero, l’uso di tre camere. Il 17 gennaio 1926 il Re Vittorio Emanuele III riconobbe la parrocchia autonoma di S. Antonio abate, visto il Decreto episcopale 30 giugno 1924, vista l’istanza per ottenere l’assenso regio, visto l’art. 16 ultimo capoverso della legge 13 maggio 1871 n. 214 e l’art. 2 del Codice Civile, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Guardasigilli.
Nel 1982, quando la chiesa di S. Antonio abate fu affidata alle cure di don Cataldo Zuccaro, la situazione della chiesa e del monastero era disastrosa: tutto il complesso giaceva in uno stato di completo abbandono e gravissimo dissesto architettonico. Il genio Civile era intervenuto negli anni Settanta del secolo scorso per riparare le coperture della chiesa e di un’ala della casa canonica e delle scuole elementari ivi allocate. Ne sono testimonianza le foto scattate che si pubblicano di seguito.
da: Francesca Pomarici, Il monastero di S. Antonio abate presso Ferentino: l’architettura e gli affreschi, In Territorio e Ricerca – I Celestini a Ferentino, Atti del Convegno organizzato da “Gli Argonauti 1982, Casamari 1984, pp. 111-126
La chiesa era irriconoscibile e il monastero medievale era quasi diruto.
Si era costituita da poco l’Associazione Culturale “Gli Argonauti” con finalità di tutela e promozione del patrimonio culturale e artistico della Città di Ferentino (atto del notaio Giuliano Floridi del 1980). Il parroco don Cataldo Zuccaro la convocò e chiese aiuto per perorare la causa di una restauro della chiesa e del monastero di S. Antonio abate, fondata da Celestino V, che ospitò per trent’anni le spoglie mortali di Celestino V, divenuto questo patrono della Città che conservava come reliquia preziosa il suo cuore incorrotto. L’Associazione visitò i locali e provò un senso di gelo nell’anima dei suoi soci e di acuto dolore per tanto degrado. Il Presidente dell’Associazione aveva collaborato con la Scuola della prof.ssa Angiola Maria Romanini, docente insigne di storia dell’Arte Medievale alla Sapienza di Roma. Si decise di contattarla per poter portare all’attenzione di tutti questo monumento così importante. La Professoressa accettò la proposta coinvolgendo alcuni dei suoi studenti che si erano distinti nello studio decennale su Ferentino città modello di riferimento per l’analisi di un insediamento-tipo medievale, dove le maestranze cistercensi avevano dato prova di grandi capacità urbanistiche, architettoniche e artistiche. Si preparò un grande convegno che vide la partecipazione della prof.ssa Romanini e del gota dei docenti di archeologia e storia dell’Arte della Sapienza di Roma. Si presentò il volume su Ferentino (Electa, 1981) e si prospetto il metodo a cui ci si sarebbe dovuti richiamare per condurre lo studio sulla città di Ferentino e in particolare sul proseguimento degli studi scientifici su S. Antonio abate.
Dal 1982 al 1996 quattordici anni di ricerche scientifiche condotte ai più alti livelli e con il coinvolgimento di Università italiane e straniere, Accademia dei Lincei, École Française de Rome, del Ministero per i Beni Culturali, delle Soprintendenze Archeologica e ai Monumenti del Lazio, del Centro di Studi Internazionali Giuseppe Ermini e del Centro di Studi Celestiniano dell’Aquila e del Consorzio delle Città Celestiniane. Si arrivò persino a delineare la Carta del Restauro dei monumenti ferentinati; prima si “studiavano” i Monumenti ferentinati, a 360°, poi si progettava l’intervento di restauro, si ottenevano i finanziamenti e si presentava pubblicamente l’evento, anche attraverso la pubblicizzazione degli interventi di conservazione e restituzione.
Un lavoro da “Argonauti”; questa Associazione fu sprone e spinta propulsiva non solo per gli studi ma anche per gli interventi di restauro. Una felice congiuntura politica e amministrativa (a livello comunale, provinciale e regionale) determinò il successo e il raggiungimento di un risultato inimmaginabile: il completo restauro di S. Antonio abate e del suo monastero e la loro restituzione al culto e alla chiesa locale. Mi fermo solo questo argomento, invitandovi a leggere tutti i volumi pubblicati dagli Argonauti dal 1984 al 1996.
Nel 1997 gli Argonauti diedero vita ad una nuova Associazione: L’Accademia “Celestino V”, sempre con atto del notaio Giuliano Floridi, associazione culturale che avrebbe dovuto assolvere al compito di approfondire ulteriormente l’attività e la promozione della conoscenza dell’esperienza celestiniana di Ferentino e dal 1263 ad oggi. L’Accademia Celestino V, eretta in Roma con atto notaio Giuliano Floridi del 1997 ha lo scopo di celebrare e promuovere nella città di Ferentino la memoria storica e religiosa di Celestino V, che in Ferentino fondò uno dei suoi primi monasteri, S. Antonio abate (1267 circa) e in questo ebbe la sua prima sepoltura (21 maggio 1296 – 1330). L’Accademia in collaborazione con il Comune di Ferentino e l’Associazione Culturale “Gli Argonauti” il terzo sabato del mese di maggio, ogni anno, a norma di Statuto comunale, organizza la Giornata della Giustizia e della Solidarietà in onore di S. Pietro Celestino, nel corso della quale oltre ai Cittadini e alle scolaresche invita i Sindaci delle Città legate alla memoria del santo eremita del Morrone, affinché si rifletta su un tema di grande rilevanza sociale, scelto dal Comitato scientifico dell’Accademia e correlato alla persona e all’opera del papa “angelico”: la povertà, perché Pietro del Morrone fu “povero” e nella sua azione fu molto vicino ai poveri e ai diseredati per offrire loro le ricchezze divine ed aiutarli ad uscire dallo stato di miseria in cui questi versavano.
le finalità del pio sodalizio, così come indicate nell’art. 3 del suo Statuto:
“L’associazione si propone di perseguire i seguenti fini non aventi scopo di lucro:
a) – studio e trasmissione della vita e delle opere di San Pietro celestino attraverso iniziative culturali, artistiche, sociali e popolari.
b) – Diffusione del messaggio e dei valori predicati da S. Pietro celestino:
– La preghiera
– La penitenza e conversione
– Il rinnovamento spirituale della Chiesa.
c) – Sollecitare e suggerire iniziative religiose alla Chiesa locale, come segni di collaborazione e di servizio, per la diffusione della devozione a S. Pietro Celestino.
L’associazione, con deliberazione della propria assemblea, potrà comunque svolgere qualsiasi altra attività connessa ed affine a quelle sopra elencate, privilegiando, in particolare, il rapporto di collaborazione con la Confraternita di S. Pietro Celestino, la Veglia dello Spirito Santo, la festa di S. Pietro Celestino e la promozione di Giornate di Spiritualità nei periodo di Avvento e Quaresima, in sintonia con la Chiesa locale”.