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    Home » Lo Schiaffo a Bonifacio VIII: un’analisi storica
    Anagni

    Lo Schiaffo a Bonifacio VIII: un’analisi storica

    l'analisi degli eventi del 7 settembre 1303, tra conflitto politico e potere temporale
    21 Ottobre 20249 Mins Read
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    Anagni, in primo piano la Cattedrale di Santa Maria Annunziata
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    di Guglielmo Viti

    Premessa sulla “Questio”

    Premetto che sulla “questio” se quello a Bonifacio VIII fu un vero schiaffo sul viso, se fu dato con un guanto ferrato, da chi, o fu un oltraggio morale a seguito della cattura, non sarà mai detta l’ultima parola. In questo mio breve scritto mi voglio soffermare su due punti principali: sullo “schiaffo” e dove fu dato. Mi voglio soffermare su questi due punti perché sul resto del racconto sono tutti d’accordo, fonti letterarie, storici del passato e del presente.

    Il Contrasto tra Papa e Re

    Fine del XIII sec., da anni esiste un contrasto tra il Papa Bonifacio VIII e il re di Francia Filippo IV il Bello, un contrasto formalmente basato sulla titolarità della riscossione delle “decime”, una tassa istituita da Papa Innocenzo III per finanziare le crociate ma anche la Chiesa stessa. In realtà, il contrasto è molto profondo e risale a tempi lontani e riguarda essenzialmente il potere temporale del Papa alternativo a quello del re, contrasto che, a proposito dei papi anagnini, ritroviamo anche fra il grande Innocenzo III e Giovanni d’Inghilterra detto “senza terra”. Papa Bonifacio VIII, autoproclamatosi discendente morale di Giulio Cesare, non accetta intromissioni nella gestione del suo potere, anche temporale, mentre Filippo IV il Bello ha necessità di soldi per le sue campagne militari contro l’Inghilterra.

    L’Evento del 7 Settembre 1303

    il palazzo di Bonifacio VIII

    Sta in questo panorama che matura l’evento che cambierà per sempre il rapporto fra Stato e Chiesa. Ricordo che dopo la morte di Bonifacio VIII fu proprio Sciarra Colonna, capitano del popolo, ad eleggere a Roma imperatore Ludovico il Bavaro, che non aveva riconosciuto l’autorità papale. Nella “giornata particolare” dell’7 settembre 1303, l’inviato del Re di Francia, suo consigliere e futuro cancelliere Guglielmo di Nogaret, insieme a Giacomo Colonna detto ‘Sciarra’, rappresentante della famiglia Colonna, acerrima nemica dei Caetani, famiglia di Bonifacio VIII, stanno nei pressi della città di Anagni su incarico del Re, ufficialmente per trattare con il Papa e trovare una soluzione all’antico contrasto. In realtà, non si va per trattare con centinaia di uomini armati e, sembra, 600 cavalieri “un vasto numero di milites e feudales“, e, soprattutto, avvalendosi del contributo determinante di chi, Sciarra Colonna, odia il Papa in modo viscerale e non ne vuole che la morte.

    I Partecipanti alla Congiura

    Molti erano i partecipanti alla congiura di parte francese: Rainaldo da Supino con il figlio Roberto e Tommaso da Morolo, Giovanni di Landolfo de Ceccano, Adenolfo de Mattia, Massimo, Balduino, Stefano di Raynaldo Rubeo di Trevi, Goffredo Bussa, Nicola e Giacomo, Pietro de Luparia col figlio Orlando, Giovanni Saraceno, Gerardo, Stefano, Raynaldo Paccalotti, Giordano, Gualcano, Pietro da Sgurgola, Angelo Martini, Simone Boccapecus, Giacomo Ruffellus, Pietro Danza, Pietro Niger de Balle, Andrea Ottonis de Anticullo, Metello de Urbe, Pietro da Genazzano, Pietro de Olevano col figlio Stefano, Giovanni di Capua, Francesco Graziani di Subiaco. Riporto questo lungo elenco per dimostrare quanti fossero gli alleati “ciociari” nemici del Papa con il loro stuolo di servi e guardie.

    L’Assalto e la Tregua

    Tralasciamo gli antefatti relativi al luogo di raccolta ecc. su cui ci sarebbe anche da trattare, ma andiamo all’alba di quel giorno. Certo sembra quasi impossibile che ad Anagni nessuno si fosse accorto che un esercito stava alle porte della città in attesa di entrare, ma sembra probabile che il Papa confidasse molto sull’effetto scomunica che avrebbe emesso il giorno dopo contro Filippo IV, scomunica che era certamente la ragione prima della missione di Guglielmo di Nogaret. Scomunicare il Re dei Francesi significava togliergli ogni autorità e invitare i nobili a detronificarlo, sciogliendo loro il vincolo di fedeltà, ed eleggerne un altro.

    “Umiliazione” di Otello Peruzzi, esposto a Casa Barnekow di Anagni

    Fatto sta che si apre la porta di Anagni. Quale? Chi fu l’anagnino traditore ad aprire? Ci sono varie teorie sul nome del varco: c’è chi lo individua in Porta San Nicola, non più esistente, chi in Porta Tufoli, di cui resta una piccola vestigia, chi, addirittura, Porta Cerere. Io preferisco accettare la versione dello storico P. Zappasodi che la individua in Porta Santa Maria ex Porta degli Idoli. Questa versione mi pare più compatibile con lo svolgersi degli eventi e i luoghi teatro dell’evento. Secondo la tradizione, fu Adenolfo de Mattia il responsabile dell’apertura, anche se al processo si autodenunciò Goffredo Bussa. Forse sarebbe giusto anche pensare che le porte aperte furono diverse, visto il numero dei soldati.

    L’Assalto ai Palazzi

    Da questo momento seguirono gli assalti ai palazzi del “castello”, ovvero quelle costruzioni sorte accanto alla Cattedrale che formavano una sorta di muro invalicabile a difesa della dimora del Papa. Bonifacio, all’udire tanta rovina e rumore e tante grida e minacce, domandò una tregua fino alle ore 9, che gli fu accordata. Il Papa chiese l’aiuto del popolo anagnino, ma come capitano del popolo, era stato nominato in quel frangente proprio il traditore Adenolfo de Mattia, che, chiaramente, non intervenne. Le richieste di Sciarra Colonna al pontefice per evitare l’arresto furono assurde, come, per esempio, il dichiarare la sua elezione nulla; naturalmente, l’anziano e fiero Papa rifiutò. La tregua ebbe fine e Sciarra Colonna alle 15 si mosse all’assalto.

    L’Intento di Sciarra Colonna e Guglielmo di Nogaret

    Sciarra voleva uccidere il Papa, mentre Nogaret ha il compito di catturarlo e portarlo in Francia, dove, essendo stato già condannato con varie fantasiose accuse, sarebbe stato imprigionato. Se immaginiamo che alcuni armati fossero entrati da Porta Tufoli mentre altri, guidati da Colonna, fossero entrati da Porta Santa Maria, ci spiegheremo come da una parte si ha l’assalto ai palazzi dei Caetani, dei loro familiari e sostenitori, mentre dall’altro si ha l’assalto alla Cattedrale per arrivare direttamente al palazzo del Papa.

    Dopo aver dato alle fiamme la porta della chiesa, che rappresentava un ostacolo, “impedimentum” agli assalitori, e per chi conosce la planimetria anagnina lo capisce bene, entrarono e, prima di attraversarla e uscire sulla scalinata esterna (non più esistente), si diedero a vari crimini, “a far man bassa sulle robe ed arredi sacri” e “parecchi altri che adoperavansi ad impedire il saccheggio, parte fu uccisa da quei forsennati e parte ferita sulla stessa porta della Cattedrale”. Cadde vittima anche l’arcivescovo ungherese Gergely Biekei, che si era opposto.

    Le Ipotesi sulla Residenza di Bonifacio VIII

    Dalla Cattedrale dove vanno i congiurati guidati da Sciarra Colonna e Nogaret? Qui le ipotesi sono molte: una versione vuole che la residenza del Papa fosse alcuni ambienti dell’Episcopio, fatto costruire proprio da Bonifacio ed oggi scomparso, ma di cui rimangono, forse, i sotterranei chiamati “Grottoni”, probabilmente le stalle.

    Questa ipotesi si basa sul fatto che Papa Caetani a Roma risiedesse in Laterano, ovvero in edifici non di sua proprietà e rappresentanti “l’autorità religiosa e politica del Pontefice“. Un’altra ipotesi vuole che il palazzo dove si trovava il Papa ad attendere i suoi carnefici fosse l’odierno Palazzo Traietto, allora Palazzo Caetani. Esiste poi la tradizione che indica come residenza del Papa il Palazzo di Bonifacio VIII, dove si visita la famosa sala dello “schiaffo“.

    Il saccheggio della Cattedrale

    Abbiamo lasciato Sciarra e i suoi a fare scempio della Cattedrale, rubando tutto quello che c’era da rubare e vendicandosi con uccisioni e ferimenti. Nel frattempo, il resto dell’esercito trovava una forte resistenza da parte dei nobili filobonifaciani, con il lancio di pietre e frecce dalle case. A un certo punto, “i manigoldi”, come li definisce Pietro Fedele, irruppero nell’edificio e giunsero alla presenza di Bonifacio VIII.

    La scena nella Cattedrale e la presenza dei mercanti

    I congiurati nella Cattedrale incontrarono anche commercianti, “mercanti che erano venuti in città per vendere coltelli e altre mercanzie in occasione della festa del giorno seguente“. La presenza di questi mercanti, rifugiatisi per paura all’interno dell’edificio sacro, fa supporre che il mercato si dovesse svolgere lì vicino, escludendo quindi Palazzo Traietto, situato in quella che oggi è Piazza Bonifacio VIII.

    La residenza del Papa e la scena dell’assalto

    La scena all’interno del palazzo papale viene descritta in questo modo: “Il Papa si presenta agli assalitori vestito da Pontefice Massimo con la tiara e con una croce in mano”. Celebre è la frase che Bonifacio pronunciò in presenza dei suoi carnefici: “Ec le col, e le cape” (“ecco il collo e la testa”), una fiera sfida al nemico. Bonifacio VIII ricevette i suoi assalitori nella veste di Pontefice Massimo, non nella sua residenza abituale, ma in quello che era da decenni la sede ufficiale anagnina del Papa, il Palazzo di Gregorio IX.

    La questione della proprietà del Palazzo

    Alcuni sostengono che l’attuale Palazzo di Bonifacio VIII non potesse essere stato il luogo della cattura perché era di proprietà del nipote, Pietro Caetani. Tuttavia, non è certo che il palazzo di Pietro Caetani fosse lo stesso di Gregorio IX, e in ogni caso il Papa non poteva avere beni propri. Anche l’ipotesi dell’Episcopio come alternativa sembra contraddire la funzione storica del Palazzo di Gregorio IX come sede dell’autorità papale.

    La presenza del Papa e delle guardie del corpo

    Il Papa era seduto in trono, che si dice si trovi oggi al Louvre, con accanto le sue guardie del corpo, un Templare e un cavaliere Gerosolimitano. Questo scenario dimostra chiaramente l’intento di Bonifacio VIII di impressionare i suoi assalitori, senza tuttavia riuscirci.

    Lo schiaffo: mito o realtà?

    Ma ci fu lo schiaffo? Fu un vero ceffone dato con il guanto di ferro da Sciarra Colonna o solo un oltraggio morale con la cattura? Le testimonianze sono chiare: Papa Benedetto XI, presente alla scena, racconta esplicitamente di un’aggressione fisica, confermata anche dal successore Clemente V. Antiche cronache riportano di uno schiaffo dato da Sciarra Colonna con un guanto di ferro.

    Il ruolo di Nogaret nell’assalto

    Nogaret si vantò in seguito, durante il processo in Francia, di aver impedito per almeno due volte che Bonifacio VIII venisse ucciso. Sciarra Colonna, infuriato dalle parole del Papa, stava per ucciderlo, ma Nogaret intervenne in extremis per evitare l’eccesso. Questo episodio, rappresentato nel quadro Umiliazione di Otello Peruzzi, esposto in Casa Barnekow Anagni, illustra l’aggressione.

    L’eredità dell’evento

    La storia proseguì con sviluppi noti e indiscutibili. Questo racconto, sebbene contestato in alcuni dettagli, conferma una tradizione antica di luoghi ed eventi. Un atto che cambiò il corso degli eventi in Occidente, creando uno spartiacque nella storia del Medioevo europeo.

    Bibliografia:

    Pietro Zappasodi, Anagni attraverso la storia, ed.1985; Gioacchino Giammaria, Lo schiaffo
    a Bonifacio VIII ed. 2004; Lorenzo Proscio. Lo schiaffo di Anagni ed. 2023

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