In una zona periferica di Anagni, precisamente in via San Magno, nei giorni scorsi è stato avvistato un lupo. Pochi giorni prima (forse) lo stesso esemplare era stato visto e fotografato dalle parti di Cerere Navicella. Questi episodi hanno sollevato curiosità ma anche interrogativi e preoccupazioni tra i cittadini, che ora si interrogano sulla pericolosità dell’animale e sul motivo della sua presenza sempre più frequente vicino ai centri abitati.
Fenomeno in espansione
Gli avvistamenti di lupi non si limitano solo ad Anagni, ma si stanno moltiplicando in altre zone della provincia di Frosinone e di Roma. La crescente frequenza di questi incontri ha destato l’interesse della popolazione, che si chiede quali siano i rischi effettivi di vivere così vicini a questo predatore.
Domande ai due esperti
Per fare chiarezza sulla situazione, abbiamo consultato due esperti, attivi nella tutela e salvaguardia dei lupi. A loro abbiamo posto domande cruciali riguardo alla pericolosità dell’animale, ai motivi che lo spingono ad avvicinarsi alle zone antropizzate, e ai rischi che questo comporta sia per il lupo che per le persone. Ci auguriamo che le loro risposte possano contribuire a dissipare alcuni dubbi e ad aumentare la consapevolezza sull’importanza di convivere pacificamente con questa e altre specie di animali.
Marco Antonelli è zoologo esperto di grandi carnivori. Da diversi anni lavora con il WWF in progetti di conservazione di orso bruno e lupo in Italia, e per la LIPU è coordinatore del progetto di monitoraggio del lupo nella Riserva del Litorale Romano.
Marco, intanto cosa ci può dire dell’animale ripreso nel video in via San Magno di Anagni?
Si tratta di un cucciolo di lupo di 5-6 mesi d’età. I lupi nascono generalmente nel mese di maggio. Dalle immagini si vede chiaramente che si tratta di un animale affetto da rogna, una patologia che colpisce diverse specie e che è un importante fattore di selezione in una specie come il lupo che non ha predatori naturali.
In Italia il lupo è presente oggi con più di 3.300 individui (stima nazionale del 2021) e negli ultimi decenni ha ricolonizzato in maniera naturale molte aree da cui era stato eradicato nel secolo scorso ad opera dell’uomo. Importante dire che il ritorno del lupo è un fenomeno del tutto naturale e non ci sono mai stati in Italia progetto di reintroduzione.
C’è stato un aumento della popolazione di lupi nella zona della provincia di Frosinone e di Roma negli ultimi anni? Se sì, quali sono le cause principali e quali sono le implicazioni della presenza dei lupi per la fauna locale e l’ecosistema?
Sì; il lupo è in espansione dagli anni ‘70 del secolo scorso. I motivi sono ecologici e sociali. Da un lato l’aumento dei boschi e delle prede naturali del lupo (cinghiali in primis), la protezione legale accordata alla specie dopo secoli di persecuzioni e l’abbandono delle zone rurali da parte dell’uomo hanno contribuito al processo di ritorno del lupo. Il lupo è così tornato ad occupare anche aree di pianura e anche zone litoranee, ovunque ci siano condizioni idonee alla sua presenza. Le zone di campagna intorno a piccoli e grandi centri possono essere idonee alla presenza di questa specie. È sufficiente qualche bosco tranquillo dove rifugiarsi e risorse alimentari come i cinghiali. Il ritorno di questo predatore è sicuramente un evento positivo per l’ecosistema. I predatori svolgono un ruolo essenziale per gli equilibri ambientali, ad esempio regolando la presenza degli ungulati come il cinghiale o di altre specie come la nutria, che numerosi danni può apportare agli agricoltori.
Ci sono stati episodi di conflitto tra lupi e attività umane, come allevamenti o agricoltura, nel Lazio e in particolare nelle province di Frosinone e Roma? Se sì, come vengono gestiti questi conflitti?
Sì; dove il lupo torna in contesti dove non si ha più memoria storica della sua presenza ovviamente possono nascere dei conflitti. Allevare allo stato brado ovini e caprini senza alcun controllo dove c’è il lupo non si può fare. Occorre adeguarsi e applicare le corrette tecniche di prevenzione, come cani da guardiania e recinzioni elettrificate. Ricordando poi che i danni da predazione da lupo sono rimborsati dalla Regione. Il conflitto dipende soprattutto dalla capacità o meno degli allevatori di applicare le giuste strategie. Dove si fa bene il conflitto viene mitigato, dove invece c’è resistenza il conflitto può crescere.
Ci sono progetti sul lupo in queste aree?
Nel Lazio ci sono associazioni impegnate a favorire la coesistenza tra uomo e lupo in numerosi contesti. Investimenti vengono fatti per supportare anche gli allevatori fornendo assistenza e recinzioni se necessario. In alcune aree specifiche sono in corso anche progetti di monitoraggio per studiare l’evoluzione della popolazione di lupo nel tempo. Bisogna certamente lavorare di più per diffondere corrette conoscenze sul lupo e sulle buone pratiche di comportamento da adottare dove il lupo è presente. Prevenire il conflitto e far conoscere il lupo è la migliore strategia per vincere la paura.
In che modo la presenza dei lupi può influenzare le altre specie di carnivori o prede nell’ecosistema locale?
Il lupo è un predatore apicale, che sta al vertice della catena alimentare e svolge quindi un ruolo di regolazione di tutte le specie con cui convive. Un ecosistema con il lupo è un ecosistema sano. Ma il lupo è anche una specie opportunista e adattabile. Per questo è importante adottare buone pratiche di comportamento per evitare che il lupo si avvicini alle case e nei centri abitati. Non bisogna mai lasciare rifiuti organici a disposizione e non bisogna mai dare da mangiare attivamente agli animali selvatici per non cambiare il loro comportamento e non accendere nuovi conflitti.
Daniele Ecotti è presidente dell’associazione “Io non ho paura del lupo” che ha sede in Emilia Romagna che – per statuto – agisce per favorire la conservazione del lupo (Canis lupus) sul territorio italiano ed europeo, migliorandone l’accettazione tra la popolazione e i portatori di interesse; promuovere la diffusione e l’adozione di mezzi di prevenzione dagli attacchi dei predatori tra le aziende e le attività zootecniche; accrescere la conoscenza e la cultura sul tema attraverso campagne di sensibilizzazione, comunicazione ed attività sul campo.
Daniele, come possono le persone contribuire alla conservazione del lupo e a una convivenza più armoniosa con questo predatore? E cosa posso fare le istituzioni locali, per garantire che la presenza del lupo sia sostenibile a lungo termine ad Anagni, ma anche in altre città della provincia?
Alla base della conservazione e della coesistenza con il lupo c’è la necessità di far sì che le persone imparino a conoscere e a rapportarsi questo animale e acquisiscano delle buone abitudini comportamentali, che servono a minimizzare le possibili situazioni di conflitto. Senza queste precauzioni, si possono verificare problemi. Le Istituzioni, a mio avviso, possono fare molto in questo senso, promuovendo l’informazione, facendo conoscere il lupo e contribuendo alla crescita culturale delle persone nel rapporto che hanno non solo con l’uomo, ma anche con la fauna selvatica.
Le persone possono contribuire nello stesso modo: tramite la conoscenza e cercando di non avere paure ingiustificate. Una sana dose di attenzione è comprensibile, ma è fondamentale che i Comuni e le Istituzioni facciano sì che i lupi non vengano attirati verso le aree abitate a causa della disponibilità di rifiuti o di altre fonti di cibo. Il problema principale per i lupi che vivono in contesti più antropizzati è la disponibilità di risorse alimentari che noi, volontariamente o involontariamente, mettiamo a disposizione. Questi rifiuti attirano anche altri animali selvatici, come i cinghiali, che a loro volta sono prede dei lupi.
Il nostro rapporto con la fauna selvatica deve essere assolutamente rivisto. Oggi è distorto. Gli animali selvatici devono rimanere selvatici, e non devono trovare motivi per frequentare aree urbane o abitate.
Quali misure possono adottare gli allevatori per proteggere il bestiame dalla predazione dei lupi?
Per proteggere il bestiame dalla predazione dei lupi, non esiste una ricetta unica che vada bene per tutti. Ogni caso deve essere gestito in modo specifico, perché i sistemi di prevenzione devono essere adattati alle esigenze di ciascun allevatore. In generale, però, per proteggere il bestiame dagli attacchi dei lupi, si possono utilizzare recinzioni elettrificate, la custodia notturna se gli animali sono al pascolo, la presenza umana e, eventualmente, l’impiego di cani da guardiania per la protezione del bestiame.
Il problema è che tutte queste soluzioni richiedono un grande impegno e lavoro da parte degli allevatori, che spesso non hanno il tempo necessario per metterle in pratica. Lo dico perché io stesso sono un allevatore, quindi conosco molto bene questo mondo. È vero che in alcune regioni, grazie ai PSR (Piani di Sviluppo Rurale), è possibile ricevere alcuni materiali per la prevenzione, ma le istituzioni dovrebbero fare molto di più.
Gli allevatori dovrebbero essere messi nelle condizioni di fare una prevenzione adeguata, fornendo loro le risorse necessarie e garantendo che vengano seguiti da persone competenti che li guidino in questo percorso. Non basta prendere una rete o due cani per risolvere il problema: i cani, ad esempio, devono essere gestiti correttamente e, se ci sono difficoltà, è fondamentale avere un supporto.
La ricomparsa del lupo in zone nel territorio della provincia di Frosinone può essere considerato come un segnale positivo per la biodiversità?
Da un punto di vista ecologico, la ricomparsa del lupo in territori precedentemente poco frequentati è scientificamente fondamentale. I grandi carnivori e predatori come il lupo regolano la densità delle prede selvatiche, come i cinghiali, i cervi, e i caprioli, contribuendo all’equilibrio dell’ecosistema. Da questo punto di vista, è assolutamente positivo.
Tuttavia, per chi alleva bestiame, la presenza del lupo può rappresentare una sfida. È qui che entra in gioco la prevenzione, che può ridurre i conflitti. Tali conflitti, spesso, sono amplificati da una comunicazione che alimenta paure e tensioni, in parte dovute alla scarsa conoscenza dell’animale e delle sue abitudini.
Se, ad esempio, si trova un capriolo o un cinghiale predato vicino a un centro abitato, o se si vede un lupo passare di giorno nelle vicinanze, la reazione della gente è spesso di panico. Tuttavia, il lupo si comporta semplicemente da lupo, e non sempre c’è motivo di allarmarsi.
Le nostri fonti alimentari, che siano rifiuti, scorti, crocchette per i nostri pet lasciati per periodi prolungati in luoghi accessibili ai lupi o altri animali selvatici diventano degli attrattivi che possono portare i lupi a frequentare centri abitati. Questo naturalmente nn va bene perché potrebbero abituarsi alla presenza umana e perdere la loro innata paura nei nostri confronti. Se un lupo viene avvistato con regolarità e per periodi prolungati é necessario segnalare immediatamente alle autorità competenti. Mentre avvistare un lupo che transita anche durante il giorno occasionalmente a ridosso degli abitati é un evento che nn deve destare particolari preoccupazioni