di Biancamaria Valeri
“Spècola” è un collettivo artistico nato nel 2009; è un sodalizio composto da giovanissimi Artisti, che hanno condiviso il proprio percorso di studi nell’Accademia di Belle Arti di Frosinone, decidendo una via di manifestazione delle loro performance in uno spazio fisico e concettuale libero, autonomo, illimitato, non allineato ai grandi canali di divulgazione. I “Giovani” vivono attualmente una congiuntura sociale e storica in cui gli spazi per loro sono spesso ristretti; per questo i Fondatori, gli organizzatori, i promotori della “Spècola”, Alessandra Galanti, Denise Scascitelli Benedetti, Davide Stirpe, Luciano Sarracino, Maria Elena Piroli e Francesco Savelloni, attenti anche alle nuove modalità di comunicazione che il nostro mondo offre, si sono creati un sito o meglio, desumendo da loro stessi la denominazione, un blog: https://www.specolartblog.it/. Il loro blog, in realtà, è una galleria virtuale, un luogo astratto, simbolico, di alta valenza comunicativa, che cerca di scavalcare l’incomunicabilità di un sistema a circuito chiuso, per divenire portavoce di un nuovo modo di guardare. E la scelta aperta della nuova comunicazione d’arte si colora di social, attraverso l’elaborazione e la conduzione di un gruppo Facebook: Spècola – L’arte dall’alto in basso, che invito caldamente a seguire per la vivacità, la freschezza, la spontaneità artistica, per la multidisciplinarità che la contraddistingue.
La “spècola” [dal lat. specŭla «osservatorio», der. di specĕre «guardare, osservare»] anticamente era la denominazione data ad un luogo elevato, adatto per osservazioni astronomiche; successivamente assunse il significato di “osservatorio astronomico”: quindi un luogo “in alto” per guardare “più in alto”. I Giovani fondatori di https://www.specolartblog.it/ capovolgono il significato o meglio il punto di prospettiva e di osservazione: non più un luogo dove osservare le stelle, di “guardare in alto”; essi vogliono guardare “dall’alto”, come un uccello che vola e osserva il mondo in un orizzonte sempre più vasto. E “Spécola” diventa il luogo comune in cui vengono accolti tutti coloro che vogliono esprimere la propria arte guardando il presente dall’alto, non per superbia, ma per guardare l’insieme, che nel livello fisico potrebbe risultare entropico, confusionario, disordinato, mentre distaccandosi dalla terra, ma restando sempre in relazione con essa, si può immaginare, rilevare immerso in una costante di proporzionalità che lega tra loro le parti e le lega al tempo stesso con l’insieme. Sembrerebbe un gioco di parole, ma veramente staccandosi dalla terra, quasi inserendosi in uno spazio virtuale, non tangibile con i sensi, con la fisicità materiale in senso comune, si riescono a vedere contorni, cose, forme che su un piano orizzontale non si toccano quanto sono distanti per contorno, cosalità, forma; ma viste dall’alto sono inserite in un universo più esteso, largo, non rettilineo e giustapposto, ma curvilineo, quasi circolare, dove ogni parte è in-sé quello che è, ma non può sussistere senza la relazione biunivoca con-l’-altro-da-sé
Così il “virtuale” diventa “fisico” e alla visione dalle altitudini del pensiero e dell’immaginazione, l’arte si cala nella materia, la plasma la fa diventare “altra”, dandole forma, che apparentemente sembra contrastare vivacemente con la logicità e con le regole dell’armonia, delle proporzioni del bello estetico in equilibrio statico e perfetto. La perfezione, il bello dell’arte non è il conformarsi a un comune, ordinario pensiero standardizzato; ma è rilevare una forma che, pur manipolando gli oggetti, li fa sussistere perché li fa emergere in una forma in cui arte, manipolazione della materia, pensiero ed emozione, all’unisono interpretano metaforicamente e simbolicamente la realtà.
Nelle opere che verranno esposte nello spazio fisico della Galleria d’Arte Harpax a Ferentino si trasmetterà il vivace credo di questi giovanissimi Artisti: Alessandra Galanti, Denise Scascitelli Benedetti, Davide Stirpe, Luciano Sarracino, Maria Elena Piroli e Francesco Savelloni, ognuno con la sua cifra personale, con la sua visione concettuale, ma anche fisica del fare-arte-oggi. Il Corpo diventa Arte si disarticola, si complica, si agita, si dissocia in forme da umane in animalesche, facendo uscire il groviglio di sensi e di passioni, di equilibrio e instabilità e forse anche di bene e male. E il colore cola sulle superfici e con pochi colori su fondo senza colore disegna macchie che suggeriscono castelli, torri, piazze e planimetrie, che l’osservatore considera ponendosi da diversi punti di vista: dall’alto, di scorcio, frontalmente. L’opera diviene metafora di pieni e vuoti dove, nonostante il colore della vita, il calore di questa è assente proprio la vita. Sorge un grido di condanna come quello di opere che rielaborano opere d’arte famose, fotografie, in cui il dolore, l’amore e la morte che toglie la vita, è graffio, è colatura di macchie che rendono difficile la comprensione del fatto e delle azioni.
Ma la vita è incomprensibile … forse perché non c’è più oggi né comunicazione né dialogo, avvolti come siamo da conformismi e collusioni. L’Arte non è didascalica, perderebbe il suo valore di messaggio per il futuro. L’Arte è Arte senza ulteriori superfetazioni. Allora, anche gli oggetti della vita quotidiana perdono la loro funzione utilitaristica; diventano basi anonime su cui si posa la trama sottesa agli eventi, trama che dobbiamo interpretare avendo sguardo d’insieme e dall’alto. Ci può essere grido di denuncia nell’arte, invito al mutamento al superamento di steccati e di tradizionalismi; ma tali finalità sono lasciate al libero gioco del pensiero del fruitore e di chi vuole comprendere e intendere il sottile messaggio di giustizia e pace che promana dall’opera.
E il cielo, guardato con stupore tra i vicoli di Fumone, gli spicchi di cielo che vide anche Pietro del Morrone nella sua permanenza nel suo castello (è castello non è soltanto la fortezza, il mastio, ma è anche la piazza d’armi, i vicoli, le botteghe, i magazzini, le case dei contadini e degli artigiani, che vivevano in tale struttura fortificata e cinta da mura), resta a guardare dall’alto, ma noi, che lo vediamo dal basso, riusciamo a comprendere il significato riposto del suo messaggio e a vederlo come simbolo di speranza e di bene.