Un luogo per creare e raccontare
È stato ufficialmente presentato questa mattina, 23 giugno 2025, nella sala dell’Episcopio del palazzo vescovile di Anagni, il progetto che prevede l’assegnazione in uso all’artista Jago della storica chiesa della Madonna del Popolo, nel cuore del centro storico cittadino. Alla conferenza stampa erano presenti mons. Ambrogio Spreafico, vescovo della Diocesi di Anagni-Alatri, il sindaco di Anagni Daniele Natalia, e lo stesso Jago, che ha illustrato la visione di un percorso artistico e culturale ispirato a quello già realizzato a Napoli, nel rione Sanità.
«La Madonna del Popolo – ha spiegato Jago – sarà inizialmente un luogo di lavoro, come lo è stata la chiesa di Sant’Aspreno ai Crociferi, dove si è cominciato in silenzio, con le mani nella materia. Poi, quando il numero delle opere lo permetterà, si aprirà al pubblico come museo».
Due spazi, un’unica visione
Non solo la chiesa della Madonna del Popolo: durante l’incontro, il sindaco di Anagni Daniele Natalia ha annunciato anche il coinvolgimento nel progetto dell’ex chiesa di Sant’Antonio Abate, oggi sconsacrata, già auditorium comunale. Entrambi gli spazi saranno parte di un circuito espositivo integrato, con laboratori, mostre e visite guidate, concepiti secondo un modello museale dinamico e contemporaneo, che punta a valorizzare la bellezza esistente, senza inventare nulla ma lavorando con ciò che già c’è.
Il percorso prevede diverse fasi: si comincerà con l’adattamento della Madonna del Popolo a studio-laboratorio dell’artista, a porte chiuse ma con una narrazione costante. In parallelo, si progetteranno gli interventi per la musealizzazione: impianti, illuminazione, accoglienza, storytelling interno e collegamento con gli altri luoghi coinvolti.
Arte come generatore di comunità
L’intento, come accaduto a Napoli, è quello di innescare una rigenerazione culturale e urbana. A partire dall’opera di Jago, l’intero tessuto cittadino potrà beneficiare di un nuovo slancio creativo e attrattivo, capace di coinvolgere cittadini, turisti, istituzioni e imprese locali. La creazione di un museo diffuso non è solo un atto culturale: è un gesto di fiducia verso il territorio, una proposta concreta per abitare il bello.
«Anagni – ha affermato Jago – può diventare un museo. Ma non nell’accezione rigida del termine: un museo come luogo vivo, dove si proteggono le idee di bellezza e si condivide un’eredità culturale con la collettività».
Jago: “torno ad Anagni con gratitudine. Lavoriamo insieme per trasformare la città in un museo diffuso della bellezza”
«Ogni volta che torno ad Anagni è una emozione», ha esordito l’artista Jago durante la conferenza stampa di questa mattina, esprimendo un profondo senso di riconoscenza verso la propria città natale. «I miei genitori mi dicevano sempre che prima o poi sarei tornato, ma non ci credevo. Eppure oggi comprendo che ciò che cercavo altrove l’ho sempre avuto sotto gli occhi: mi mancava solo la chiave per leggerlo.»
La bellezza va protetta e condivisa
Jago ha sottolineato come il suo lavoro artistico sia un atto di fede e fiducia, un gesto continuo di trasformazione: «Lavoro partendo da un blocco grezzo, che sia di marmo o di spazio urbano, e lo scolpisco seguendo un’idea. Così è accaduto a Napoli, dove abbiamo ridato vita a uno spazio abbandonato. Ma nulla si fa da soli: il mio merito è quello di circondarmi di persone migliori di me, con cui condividere una visione comune.»
“Anagni è casa. E può essere museo”
La sua visione per Anagni è ambiziosa ma concreta: farla diventare un museo diffuso, capace di valorizzare l’esistente, proteggere la bellezza e generare un impatto reale sulla comunità. «Un museo è prima di tutto un tentativo di proteggere un’idea di bellezza. Qui ce ne sono tante. Il nostro compito è conservarle, raccontarle, renderle vive.»
Jago ha inoltre fatto riferimento all’esperienza napoletana come modello: «A Napoli, in due anni, abbiamo accolto oltre 250.000 visitatori. Ma non si è trattato solo di numeri: l’intero quartiere si è trasformato, l’economia locale ha reagito, i bar e le attività commerciali hanno iniziato a vivere anche di sera. È questa l’idea: un progetto culturale che sia anche generativo, collettivo.»
Lavorare con il tempo, non contro
«Le grandi opere richiedono tempo, come una scultura complessa o un dipinto. Viviamo in un’epoca in cui vogliamo tutto subito, ma la bellezza ha bisogno del suo ritmo. E noi, insieme, dobbiamo avere la pazienza e la volontà di costruire qualcosa che resti.»
Infine, con il suo consueto tono sincero e appassionato, ha concluso: «Io mi metto a disposizione. Abbiamo scelto Anagni come sede della nostra società anche se lavoriamo in tutto il mondo. È un gesto concreto, un segno. E lo facciamo con gratitudine, rispetto e amore per il bello. Se ci mettiamo tutti insieme, possiamo davvero scolpire una nuova forma per la nostra città.»