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    Home » SIN Valle del Sacco: Sinistra Italiana Anagni critica l’immobilismo ventennale dopo la pronuncia del Consiglio di Stato
    Politica

    SIN Valle del Sacco: Sinistra Italiana Anagni critica l’immobilismo ventennale dopo la pronuncia del Consiglio di Stato

    la sentenza n. 6417 del 21 luglio 2025 riaccende il dibattito sulla gestione ambientale: "Salute pubblica sacrificata agli interessi economici"
    26 Luglio 20258 Mins Read
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    una porzione della Valle del Sacco; sullo sfondo, Anagni
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    La pronuncia del Consiglio di Stato n. 6417 del 21 luglio 2025 ha riacceso il dibattito sulla gestione del Sito di Interesse Nazionale (SIN) della Valle del Sacco, ma stavolta con una prospettiva diversa. Mentre molti amministratori e organi di stampa hanno interpretato la sentenza come una vittoria contro vincoli ritenuti eccessivi, il circolo di Sinistra Italiana Anagni ribalta completamente la narrazione, definendo la pronuncia “un atto di accusa all’immobilismo che dal 2005 permea gli enti pubblici”.

    La questione tocca nel vivo una delle zone più delicate dal punto di vista ambientale del Lazio, dove da vent’anni si dibatte tra necessità di tutela sanitaria e pressioni del tessuto economico locale. Una diatriba che la recente sentenza del Consiglio di Stato ha contribuito a riportare sotto i riflettori, ma con letture diametralmente opposte.

    Il cuore della pronuncia del Consiglio di Stato risiede in una questione procedurale che ha implicazioni sostanziali profonde. I giudici amministrativi hanno stabilito che “l’inclusione nel SIN non può essere arbitraria: è necessario, in applicazione dei criteri di legge, individuare indizi di sufficiente gravità tali da far ritenere, secondo logica, che il terreno stesso sia stato apprezzabilmente interessato dall’evento contaminante”.

    In parole più semplici, per far parte del SIN non servono prove definitive di inquinamento, ma sono sufficienti indizi talmente gravi da far presumere che il terreno interessato possa essere considerato inquinato. Il problema, secondo la Corte, è che l’amministrazione ha commesso un errore procedurale nel caso dell’area dove insiste la Dobfar: prima ha eseguito la perimetrazione e solo successivamente ha utilizzato le caratterizzazioni del terreno per giustificare l’inclusione nell’area.

    Come sottolinea il Consiglio di Stato, “la motivazione contenuta nella risposta all’osservazione è quindi insufficiente, perché dà per scontato quanto invece si doveva dimostrare, ovvero che si trattava di aree sospette”. Una lacuna procedurale che ha portato all’accoglimento della richiesta aziendale.

    La critica più pesante del circolo di Sinistra Italiana Anagni si concentra su un dato temporale che parla da solo: il SIN è stato istituito nel 2005 e oggi siamo nel 2025. Vent’anni durante i quali, secondo il movimento politico locale, “salvo casi eccezionali, nessuna amministrazione comunale si è prodigata per fare i dovuti controlli sulle aree interessate, al fine di verificare il reale grado di inquinamento delle superfici”.

    Un’accusa diretta che tocca trasversalmente diverse amministrazioni succedutesi nel tempo, tutte apparentemente incapaci di affrontare con decisione una questione che richiedeva invece azioni concrete e tempestive. La conseguenza di questa inerzia sarebbe paradossale: molti soggetti “tuonano” contro l’attuale perimetrazione del SIN, ma contemporaneamente non fanno nulla affinché le aree vengano effettivamente controllate e, eventualmente, bonificate.

    Il dibattito si è infiammato quando il sindaco di Anagni ha commentato sui social la pronuncia del Consiglio di Stato, definendo la perimetrazione del SIN “un provvedimento che, oltre a non avere basi concrete, ha causato per anni gravi danni al tessuto economico-produttivo del nostro territorio, limitando investimenti, frenando la crescita e colpendo cittadini e imprese”.

    Una posizione che Sinistra Italiana Anagni considera “quantomeno fuorviante” nell’interpretazione della sentenza, ma soprattutto gravemente limitata nella visione complessiva del problema. Il movimento politico locale punta il dito contro quella che definisce una logica puramente economicista, che non terrebbe conto della salute pubblica dei cittadini che “abitano e frequentano quotidianamente le zone SIN“.

    Il j’accuse di Sinistra Italiana si fa ancora più duro quando attribuisce la responsabilità dei danni lamentati dal sindaco “esclusivamente all’amministrazione comunale e al sindaco stesso”. Una critica che tocca il nervo scoperto della gestione politica locale: se i controlli previsti fossero stati effettuati tempestivamente dalle amministrazioni competenti, oggi non ci troveremmo in questa situazione di incertezza.

    Il movimento sottolinea come il primo cittadino fondi le sue critiche “solo sull’aspetto economico”, trascurando completamente le implicazioni sanitarie per una popolazione che, “forse, dal punto di vista ambientale, ha beneficiato dell’istituzione di quel vituperato provvedimento”.

    La polemica raggiunge il suo apice quando Sinistra Italiana Anagni solleva due domande che definisce “ovviamente senza risposta” ma che vanno dritte al cuore del problema: “quanto vale in termini economici anche una sola vita umana? Più o meno dei mancati introiti avuti dalle aziende di zona per l’istituzione del SIN?”

    Domande provocatorie che evidenziano quella che il movimento considera una gerarchia di valori sbagliata, dove gli interessi economici delle aziende sembrerebbero prevalere sulla tutela della salute pubblica. Una logica che viene definita “di pancia”, priva di quella visione complessiva che dovrebbe caratterizzare l’azione di un’amministrazione responsabile.

    Il circolo politico locale conclude il suo intervento con una considerazione amara: “In città tutti sappiamo cosa significa avere un parente, un amico, un familiare colpito da una malattia incurabile, ma ciò dai ragionamenti dell’amministrazione passa in secondo piano”.

    La pronuncia del Consiglio di Stato apre ora nuovi scenari per la gestione del SIN della Valle del Sacco. Da un lato, la sentenza evidenzia l’importanza di procedure amministrative corrette e motivazioni adeguate per ogni decisione che incida su territorio e attività economiche. Dall’altro, rilancia il tema della responsabilità delle amministrazioni locali nel garantire controlli tempestivi ed efficaci.

    La partita è tutt’altro che chiusa: mentre le aziende potrebbero vedere nella sentenza un precedente favorevole per contestare inclusioni ritenute improprie, resta aperta la questione di fondo sulla necessità di verifiche ambientali serie e sistematiche. Solo attraverso controlli approfonditi e scientificamente fondati sarà possibile conciliare le legittime esigenze del tessuto produttivo con l’irrinunciabile tutela della salute pubblica.

    La Valle del Sacco attende ancora risposte concrete, dopo vent’anni di attesa che hanno visto susseguirsi amministrazioni, sentenze e polemiche, ma pochi fatti concreti sul terreno della prevenzione e della bonifica ambientale.


    La nota integrale di Sinistra Italiana Anagni

    La pronuncia del Consiglio di Stato n. 6417 del 21 luglio 2025, a differenza di quanto molti amministratori e organi di stampa vorrebbero far credere, risulta essere un atto di accusa all’immobilismo che dal 2005 permea gli enti pubblici sulla risoluzione delle problematiche ambientali sul nostro territorio.

    Chiariamoci meglio. Il Consiglio di Stato rileva che “l’inclusione nel SIN non può essere arbitraria: è necessario, in applicazione dei criteri di legge, individuare indizi di sufficiente gravità tali da far ritenere, secondo logica, che il terreno stesso sia stato apprezzabilmente interessato dall’evento contaminante che ha giustificato l’istituzione del sito, e dar conto in motivazione del percorso logico seguito per arrivare a questo risultato” . Cioè, per far parte del SIN, è necessario che vi siano indizi (non prove, ma indizi) talmente gravi da far presumere che il terreno interessato sia da considerarsi inquinato.

    Quindi, secondo la Corte, l’amministrazione ha errato nel ricomprendere il territorio dove insiste la Dobfar nell’area del SIN perché prima ha eseguito la perimetrazione e DOPO ha usato le caratterizzazioni (vale a dire i controlli del terreno per fare la bonifica) per giustificare l’inclusione nell’area. Quindi, prosegue il Consiglio di Stato: “la motivazione contenuta nella risposta all’osservazione è quindi insufficiente, perché dà per scontato quanto invece si doveva dimostrare, ovvero che si trattava di aree “sospette”, proprio perché tali da assoggettare a più approfondite indagini” . Ne consegue che, siccome non è stato provato con indagini più approfondite che l’area fosse inquinata, la richiesta dell’Azienda deve essere accolta.

    Ora, tralasciando le questioni di carattere giuridico e dell’azienda in questione, la sentenza evidenzia alcune problematiche soprattutto di carattere politico. La prima che salta agli occhi è che il Sin è stato istituito nel 2005 e oggi siamo nel 2025. In venti anni di permanenza del vincolo nella Valle del Sacco, salvo casi eccezionali, nessuna amministrazione comunale si è “prodigata” per fare i dovuti controlli (come era di sua competenza) sulle aree interessate, al fine di verificare il reale grado di inquinamento delle superfici.

    Di conseguenza, molti imprenditori, politici e giornalisti “tuonano” contro l’attuale perimetrazione del SIN, ma non fanno nulla affinché le aree vengano controllate e, nel caso, bonificate. I soggetti in questione fanno solo riferimento all’aspetto economico. Basta leggere cosa scrive la pagina social del sindaco di Anagni che, “interpretando” a suo modo la pronuncia del Consiglio di Stato, scrive che la perimetrazione del SIN è “un provvedimento che, oltre a non avere basi concrete, ha causato per anni gravi danni al tessuto economico-produttivo del nostro territorio, limitando investimenti, frenando la crescita e colpendo cittadini e imprese che si sono trovati immobiliari e terreni bloccati senza motivo reale.”

    Ora, il fatto che la perimetrazione, così com’è, non abbia basi concrete è una interpretazione quantomeno fuorviante. Ma ciò che è più grave è che la colpa di tali danni è esclusivamente dell’amministrazione comunale e del Sindaco stesso. Peraltro, il primo cittadino fonda le sue critiche, come detto, solo sull’aspetto economico, ma non prende in considerazione la salute di coloro che abitano e frequentano quotidianamente le zone SIN che, forse, dal punto di vista ambientale, hanno beneficiato dell’istituzione di quel vituperato provvedimento.

    In città tutti sappiamo cosa significa avere un parente, un amico, un familiare colpito da una malattia incurabile, ma ciò dai ragionamenti dell’amministrazione passa in secondo piano, atteso che il garante della nostra salute (il sindaco), dalle sue esternazioni, baderebbe principalmente agli interessi economici delle aziende. Ora, a prescindere dal mandato avuto dagli elettori, ci sentiamo di dire che ci vuole coraggio a fare delle dichiarazioni di tal genere.

    D’altronde loro ci hanno abituato a tali logiche “di pancia”, senza considerare che un paio di domande (ovviamente senza risposta) ci sentiamo di farle a questa amministrazione: quanto vale in termini economici anche una sola vita umana? Più o meno dei mancati introiti avuti dalle aziende di zona per l’istituzione del SIN?

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