La battaglia contro il West Nile Virus entra in una fase cruciale nel territorio pontino. Ieri, presso l’aula magna dell’Ospedale Santa Maria Goretti di Latina, si è tenuto un importante tavolo tecnico per fare il punto sulla situazione epidemiologica e coordinare le strategie di prevenzione e contenimento della malattia infettiva che ha già fatto registrare i primi casi nella provincia.
L’incontro ha visto la partecipazione dei massimi esperti del settore sanitario regionale e nazionale. Presente la dott.ssa Sabrina Cenciarelli, direttore generale della Asl di Latina, insieme ai rappresentanti della Direzione Salute e Integrazione sociosanitaria della Regione Lazio, del Ministero della Salute, dell’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani e dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana. A testimonianza dell’importanza dell’evento, ha partecipato anche il sindaco di Latina Matilde Celentano in qualità di presidente della conferenza dei sindaci sulla sanità.
La riunione rappresenta un ulteriore tassello nell’intenso lavoro di coordinamento svolto dalla Cabina di regia istituita dalla Regione Lazio specificamente per fronteggiare l’emergenza West Nile. Un organismo che coinvolge la Direzione regionale Salute, il Centro regionale del sangue, gli istituti Spallanzani e Zooprofilattico e le Aziende sanitarie locali interessate dal fenomeno.
Il primo campanello d’allarme era suonato lo scorso 14 luglio, quando proprio al Santa Maria Goretti era stato diagnosticato il primo caso di West Nile Virus nel territorio pontino. “La diagnosi precoce del primo caso registrato al Santa Maria Goretti è stata possibile grazie alle professionalità della Azienda sanitaria e all’immediata applicazione del Piano regionale di sorveglianza delle sindromi neurologiche di sospetta origine infettiva”, ha sottolineato la dott.ssa Cenciarelli.
Il direttore generale della Asl ha evidenziato come l’azienda sanitaria abbia messo in campo “oltre a una task force aziendale multidisciplinare, una risposta tempestiva e un importante sforzo organizzativo per garantire la tutela della salute pubblica e contenere il rischio di diffusione del virus”. Un lavoro che prevede anche “il raccordo costante tra le strutture di prevenzione e di igiene pubblica della Asl con i Comuni della provincia, il Consorzio di bonifica e le autorità locali“.
Particolarmente significativo l’apporto dell’Istituto Spallanzani, come ha spiegato Francesco Vairo, direttore del Servizio regionale per Epidemiologia, Sorveglianza e controllo delle malattie infettive. “Nella gestione dell’emergenza West Nile Virus, lo Spallanzani ha messo in campo tutte le sue expertise e le tre anime che lo contraddistinguono: Virologia, clinica ed epidemiologia“, ha dichiarato l’esperto.
I numeri dell’attività di controllo sono impressionanti: il laboratorio di Virologia ha effettuato centinaia di test, raccogliendo campioni sospetti da tutto il territorio laziale. Ma non solo analisi: l’istituto ha formato centinaia di medici di medicina generale, pediatri di libera scelta e specialisti del territorio per affinare la capacità di diagnosi precoce.
“Il sospetto clinico da parte dei medici, che rappresentano il primo fronte, è fondamentale considerando la sintomatologia aspecifica sia in caso di semplici febbri con rash cutaneo che in caso di forme neuro invasive“, ha precisato Vairo. Un aspetto cruciale, considerando che la rete di malattie infettive e il sistema di sorveglianza regionale partono proprio dai medici di base e di pronto soccorso.
L’approccio seguito dalle autorità sanitarie si basa sul concetto di “one health”, che riconosce l’interconnessione tra salute umana, animale e ambientale. Come ha spiegato Stefano Palomba, commissario straordinario dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale, “il coordinamento tra livelli nazionale, regionale e locale, è la chiave: solo unendo le competenze possiamo ridurre la circolazione del virus e proteggere la salute”.
Il monitoraggio sul territorio rappresenta un’attività incessante: “Raccogliamo campioni, analizziamo i dati e interveniamo in maniera tempestiva“, ha aggiunto Palomba. Un virus che “ci ricorda quanto sia profonda l’interconnessione tra ambiente, salute umana e animale: solo un’autentica visione one health, fondata sulla collaborazione tra medici, veterinari, biologi ed entomologi, può garantire la prevenzione strutturale, sistemica ed efficace sul territorio”.
Le misure di contenimento messe in atto dalla Regione Lazio sono articolate su più fronti. Si va dalla sensibilizzazione dei medici agli interventi di disinfestazione mirati nei focolai larvali di zanzara Culex pipiens, la specie responsabile della trasmissione del virus. Particolare attenzione viene rivolta all’informazione ai cittadini sull’importanza della prevenzione dalle punture di zanzara e sulla collaborazione per eliminare i focolai larvali.
Il virus West Nile viene trasmesso esclusivamente dalle zanzare e non si diffonde da persona a persona. L’uomo viene occasionalmente infettato tramite punture di zanzare, ma non è in grado di trasmettere l’infezione ad altre zanzare, né ad altre persone. Per questo motivo, l’arma più efficace contro le zanzare resta sempre la prevenzione che ogni cittadino può mettere in atto per proteggersi dalle punture.
Le autorità sanitarie raccomandano particolare attenzione alla diagnosi di casi invasivi neurologici da West Nile Virus, con la tempestiva valutazione neurologica di forme febbrili protratte in persone a rischio di forme gravi. Il virus deve essere incluso nella diagnosi differenziale delle encefaliti, meningiti a liquor limpido, poliradicoloneuriti e paralisi flaccide acute.
La risposta del sistema sanitario regionale si conferma tempestiva ed efficace, dimostrando come l’integrazione tra diversi livelli istituzionali e la collaborazione tra professionisti di settori diversi rappresenti la strategia vincente per fronteggiare emergenze sanitarie complesse come quella del West Nile Virus.