Trent’anni di ignara esposizione all’amianto, una grave pneumopatia interstiziale e infine la giustizia tanto agognata. È la storia di M.R., 56 anni, ex operaia della storica Videocolor di Anagni, che ha coronato una lunga battaglia legale con una vittoria significativa presso la Corte d’Appello di Roma.
La sentenza ha condannato l’INPS a riconoscere le maggiorazioni contributive per l’esposizione al cancerogeno e alla ricostituzione della posizione contributiva. Un risultato che si aggiunge alla precedente condanna dell’INAIL, già sancita dal Tribunale di Frosinone in primo grado, per l’indennizzo del danno biologico relativo alla malattia professionale.
La VDC Technologies S.p.A., azienda italiana specializzata nella produzione di componenti elettronici e cinescopi per televisori a colori, aveva fatto ampio uso di materiali contenenti amianto nei propri impianti. Per la donna, impiegata nei reparti pedana, sala maschere e reparto vuoto, l’esposizione quotidiana alla fibra killer era una realtà inevitabile: macchinari, forni, vasche e sistemi di ventilazione erano sistematicamente rivestiti con pannelli e coibentazioni contenenti le pericolose fibre asbestiformi.
I sintomi della malattia si sono manifestati nel 2015, quasi dieci anni dopo la cessazione del rapporto lavorativo. Tosse persistente, dispnea e affanno hanno portato alla diagnosi di una patologia asbesto-correlata che ha segnato definitivamente la vita dell’ex operaia.
Il riconoscimento giudiziario va oltre il mero aspetto formale della malattia professionale. La donna, già in pensione da quattro anni, beneficerà di un risarcimento economico concreto: circa 20.000 euro di arretrati e un incremento mensile della pensione di circa 500 euro, una boccata d’ossigeno per chi ha pagato con la propria salute il prezzo del lavoro.
“Questa vittoria è un altro tassello che si aggiunge alla battaglia per i lavoratori invisibili”, commenta l’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto. “Parlo di tutti coloro che hanno respirato per decenni la fibra killer, spesso ignari e nel silenzio delle istituzioni”.
Il caso di M.R. non rappresenta un episodio isolato nel panorama della Videocolor di Anagni. L’azienda ciociara è già stata protagonista di altre vicende giudiziarie simili, con ex dipendenti come Domenico Catracchia che hanno ottenuto il riconoscimento dei danni per patologie correlate all’esposizione all’amianto.
La vicenda dell’ex operaia anagnina rappresenta un esempio emblematico di come la giustizia, seppur con tempi dilatati, possa restituire dignità e diritti a chi ha sacrificato la propria salute sull’altare della produzione industriale. Una storia di sofferenza e resistenza che illumina le ombre di un passato industriale ancora troppo spesso caratterizzato dall’omertà e dall’indifferenza verso la sicurezza dei lavoratori.