Importavano grandi quantità di ovini dall’Est Europa, in particolare da Romania e Ungheria, li macellavano all’interno di un impianto di lavorazione delle carni situato in provincia di Frosinone e li rivendevano sul mercato spacciandoli per prodotti nazionali. Le carni venivano etichettate come abbacchio italiano e, in alcuni casi, riportavano persino la dicitura Igp – Indicazione Geografica Protetta, ingannando così i consumatori.
Cinque persone finite sotto inchiesta
A smascherare il meccanismo fraudolento sono stati i Carabinieri del Reparto Operativo per la Tutela Agroalimentare di Roma, che hanno individuato le responsabilità di cinque soggetti. Nei loro confronti la Procura di Frosinone ha notificato gli avvisi di conclusione delle indagini preliminari con l’accusa di frode in commercio, falsificazione di atti e immissione in vendita di alimenti potenzialmente pericolosi. Durante l’operazione, i militari hanno posto sotto sequestro circa due tonnellate di carne ovina. Dalle verifiche è emersa inoltre la mancanza di adeguati controlli sanitari sulle carcasse, che avrebbero dovuto essere eseguiti regolarmente dagli operatori del macello.
Le omissioni nei controlli veterinari
Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, la frode sarebbe stata favorita anche da carenze nei controlli veterinari, in particolare su partite di carne di provenienza estera che venivano introdotte per la lavorazione. Alcune verifiche obbligatorie sarebbero state infatti ritardate o del tutto omesse, consentendo così l’immissione sul mercato di prodotti non conformi.
Lollobrigida: «Tutela del Made in Italy significa tutela della salute»
Sul caso è intervenuto il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, che ha sottolineato l’importanza di operazioni di questo tipo: «Questa attività investigativa dimostra l’efficacia del sistema di controlli che stiamo potenziando. Difendere il Made in Italy vuol dire proteggere la salute dei cittadini e sostenere le imprese che operano nel rispetto delle regole. Non permetteremo a chi cerca scorciatoie illegali di minare la credibilità delle nostre filiere».