di Giorgio Alessandro Pacetti
Il campo sportivo comunale Frajegari di Piglio ha trovato una nuova gestione. Per i prossimi nove mesi, l’impianto sarà affidato alla società ASD Piglio Scalambra, che potrà così disputare regolarmente il campionato dilettantistico 2025-2026.
La decisione è stata assunta dai consiglieri della maggioranza durante il Consiglio Comunale tenutosi il 2 ottobre 2025 alle ore 16:00. Il Sindaco Felli ha motivato l’urgenza dell’affidamento con l’imminente inizio del campionato, previsto per il 5 ottobre 2025, data in cui la squadra locale avrebbe dovuto scendere in campo per la prima giornata.
Ma dietro questa decisione amministrativa si nasconde una storia lunga quasi trent’anni, che vale la pena ripercorrere per comprendere appieno il valore e le controversie che hanno accompagnato la nascita di questo impianto.
La vicenda del campo sportivo Frajegari affonda le radici nel gennaio 1997, quando venne pubblicata sull’Albo Pretorio del Comune la delibera relativa all’approvazione del terzo campo sportivo cittadino. Già allora non mancarono le polemiche: i consiglieri di minoranza Salvatori, Neccia e Lucidi votarono contro il progetto, giudicando la località prescelta troppo distante dal centro abitato.
Il progetto fu redatto dall’ingegnere Cesare Pofi e comportò un investimento complessivo di un miliardo e 700 milioni di lire, una somma considerevole per l’epoca. Il piano prevedeva la realizzazione di un campo di gioco senza manto erboso ma dotato di impianto di illuminazione, in località Vado Scuro.
Nazzareno Gabrieli, all’epoca Assessore ai Lavori Pubblici, illustrò ai consiglieri le ambizioni del progetto: l’impianto avrebbe avuto due ingressi separati e, in un secondo momento, si sarebbe provveduto ad ampliare i servizi con la realizzazione di un campo di calcetto, un campo da tennis e una palestra coperta. Opere, queste ultime, che però non hanno mai visto la luce.
Anche le tribune, secondo le dichiarazioni di Gabrieli, avrebbero dovuto ospitare fino a 800 persone, di cui 400 al coperto. Ma anche la copertura delle tribune è rimasta incompiuta, lasciando l’impianto privo di una delle sue componenti fondamentali.
Il finanziamento del progetto venne strutturato attingendo a diverse fonti: circa 600 milioni di lire dal Credito Sportivo, 380 milioni con fondi propri del Comune e 700 milioni dalla Cassa Depositi e Prestiti.
Le critiche della minoranza consiliare di allora si concentrarono su due aspetti principali: innanzitutto, la scelta della zona non fu supportata da un’adeguata documentazione, apparendo più come una decisione politica che tecnica. In secondo luogo, la distanza di oltre cinque chilometri dal centro abitato avrebbe richiesto l’istituzione di collegamenti con navette, mai previste nel progetto iniziale.
Oggi, a distanza di quasi tre decenni, l’impianto trova finalmente una gestione strutturata. La soluzione prospettata per il futuro potrebbe seguire il modello adottato dal Comune di Paliano, con un affidamento a lungo termine alla squadra locale, garantendo così la continuità gestionale e il bene comune dell’intera comunità sportiva.