Un’operazione condotta alle prime luci dell’alba dai Carabinieri ha portato all’arresto di quattro persone accusate di aver organizzato una vera e propria trappola ai danni di un uomo di 37 anni. La vicenda, che ha dell’incredibile per la freddezza con cui è stata orchestrata, risale ad aprile 2024 e si è conclusa con l’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Velletri.
I militari del Nucleo Operativo della Compagnia di Colleferro e della Stazione di Segni hanno dato esecuzione alla misura nei confronti di due coppie: un uomo di 43 anni, già detenuto nel carcere di Rieti per altri reati, e una donna di 33 anni ora agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico; un uomo di 36 anni e una donna di 49 anni, entrambi sottoposti all’obbligo di presentazione quotidiana in caserma. I quattro sono gravemente indiziati dei reati di rapina e lesioni personali aggravate.
L’agguato in casa: una trappola studiata nei minimi dettagli
Tutto inizia quando la vittima, un 37enne di Colleferro, viene contattata dalla donna di 33 anni con una proposta apparentemente innocua: consumare insieme sostanze stupefacenti nell’abitazione di lei a Segni. L’uomo, ignaro del piano che si stava per abbattere su di lui, accetta l’invito e si reca nell’appartamento.
Ma una volta varcata la soglia, la situazione precipita rapidamente. Il 37enne si accorge che la donna ha lasciato la porta d’ingresso aperta: un segnale prestabilito per far entrare il complice, il 43enne, che piomba sull’ignara vittima aggredendola fisicamente. L’obiettivo è chiaro: impossessarsi del marsupio contenente uno smartphone e la somma di 150 euro in contanti.
Dopo il pestaggio, il malloppo viene consegnato al terzo complice, il 36enne, che aiuta l’aggressore a fuggire a bordo di un’auto condotta dalla quarta componente della banda, la donna di 49 anni. Prima di dileguarsi, il 43enne minaccia pesantemente la vittima per dissuaderla dal denunciare l’accaduto.
La denuncia e le indagini lampo
Nonostante le minacce ricevute, il 37enne riesce a chiedere aiuto ad alcuni passanti e viene trasportato all’ospedale di Colleferro, dove i medici gli diagnosticano lesioni con una prognosi di 20 giorni. L’uomo trova poi il coraggio di presentarsi alla Stazione Carabinieri di Segni per sporgere denuncia, innescando così le indagini.
Le attività investigative si rivelano rapide ed efficaci. La mattina successiva all’aggressione, i Carabinieri del Norm di Colleferro rintracciano il presunto aggressore: l’uomo indossa ancora gli indumenti sporchi di sangue, particolare che conferma la dinamica del pestaggio. Nonostante fornisca una versione dei fatti differente, la sua ricostruzione non trova alcun riscontro nelle meticolose verifiche condotte dagli inquirenti.
Le minacce per ritirare la denuncia
L’arroganza del 43enne non si ferma qui. I Carabinieri di Segni accertano che un mese dopo la rapina, l’uomo si è presentato presso l’abitazione della vittima con l’intento di intimidirla e indurla a ritirare la denuncia. Questo comportamento configura anche il reato di tentata violenza privata, aggravando ulteriormente la sua posizione.
L’attività investigativa decisiva
A fare la differenza sono state le testimonianze raccolte, l’acquisizione di immagini e le individuazioni fotografiche che hanno permesso agli investigatori di ricostruire passo dopo passo l’intera vicenda e di circoscrivere le responsabilità dei quattro indagati. Gli elementi raccolti sono stati sottoposti alla Procura della Repubblica di Velletri, che ha richiesto e ottenuto le misure cautelari.
Attualmente la donna di 33 anni si trova agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, mentre l’altra coppia deve presentarsi quotidianamente in caserma per l’obbligo di firma. Il 43enne, considerato il più pericoloso del gruppo, resta detenuto nel carcere di Rieti dove si trovava già per altri reati.