Il cinema italiano del brivido si arricchisce di una nuova opera che promette di lasciare il segno: “The Big Mother”, l’ultimo lavoro del regista Antonello Altamura, è un viaggio inquietante nelle pieghe più oscure della psiche umana, dove il rapporto madre-figlio si trasforma in un incubo esistenziale sospeso tra fede e materialismo.
La pellicola si distingue per una struttura narrativa complessa e stratificata, che utilizza sapientemente flashback e flashforward per tessere un affresco delle nevrosi contemporanee. Protagonista della vicenda è un cineasta eccentrico che abbandona Roma per trasferirsi a Torino, alla disperata ricerca di risposte esistenziali. Nella città sabauda, avvolta da un’atmosfera gotica e misteriosa, incontra personaggi altrettanto tormentati, dilaniati dal conflitto tra spiritualità e mondo materiale.

Il cast del film rappresenta uno dei suoi punti di forza più evidenti. Sydne Rome, icona internazionale del cinema, torna sullo schermo con una partecipazione straordinaria che aggiunge prestigio e intensità al progetto. Al suo fianco, Marina Suma, volto indimenticabile del cinema italiano degli anni Ottanta, e Vincenzo Bocciarelli, attore di teatro e cinema dalla presenza scenica magnetica e inquietante.
Ma ciò che rende “The Big Mother” un’opera davvero peculiare è il suo approccio all’archetipo della madre: non la figura accudente e protettiva della tradizione, ma una presenza opprimente e divorante. Altamura esplora quello che lui stesso definisce “il mito della madre crudele”, un’entità psicologica che schiaccia i protagonisti tra sensi di colpa laceranti, aspirazioni infrante e un morboso desiderio di controllo sugli altri.
Il film si inserisce in una tradizione cinematografica illustre, rendendo omaggio esplicito ai maestri del thriller psicologico: da Alfred Hitchcock a Mario Bava, da Robert Aldrich a Riccardo Freda. Il regista costruisce un raffinato mosaico di citazioni e riferimenti senza mai cadere nella sterile imitazione. La figura della Dark Lady, femme fatale incendiaria e seducente cara al cinema noir degli anni Quaranta, ritorna prepotentemente come elemento narrativo centrale, fagocitando emotivamente i personaggi maschili con la sua forza archetipica.
La fotografia di Nicolò Fumero gioca magistralmente con le luci naturali e le atmosfere create artificialmente, trasformando Torino in una metropoli noir dove ogni vicolo, ogni palazzo barocco nasconde segreti inconfessabili. Gli esterni monumentali cari ai Savoia si alternano a interni claustrofobici e opprimenti, creando una tensione visiva che rispecchia perfettamente il tormento interiore dei protagonisti.
Prodotto da Francesco Lucci per CiakCompany, il film pone al pubblico una domanda filosofica e spirituale di grande attualità: la religione può davvero rappresentare la chiave di un viaggio infinito tra punizione e redenzione? Un interrogativo che risuona profondamente nel pubblico contemporaneo, sempre più alla ricerca di un senso in un mondo dominato dal materialismo e dalla superficialità.
Dopo aver collezionato riconoscimenti in diversi festival internazionali, “The Big Mother” si prepara ora a conquistare il pubblico italiano con la sua miscela unica di psicologia del profondo, estetica noir e riflessione spirituale. Un thriller che non si limita a intrattenere, ma scava nelle zone più buie dell’animo umano, interrogandosi sul peso delle figure genitoriali e sulla possibilità di liberazione dai fantasmi del passato.
La visione hitchcockiana di Altamura si fonde con la sensibilità del cinema italiano d’autore, creando un prodotto che sfida le convenzioni del genere e offre allo spettatore un’esperienza cinematografica intensa e memorabile, dove il rapporto madre-figlio diventa metafora universale di oppressione e desiderio di emancipazione.




