di Ivan Quiselli
Domani, 19 novembre 2025, gli occhi del mondo dell’Arte si poseranno su Firenze, dove la rinomata casa d’aste Pandolfini proporrà al pubblico una selezione di prestigiosi dipinti del XIX secolo. Tra le stelle della collezione spiccano quattro opere magnifiche di Giovanni Colacicchi, il maestro della pittura novecentista nato ad Anagni il 19 gennaio 1900 e che legò indissolubilmente il suo nome alla città toscana dove si spense nel 1992.
Il pittore lasciò la città laziale all’età di sedici anni per trasferirsi nel capoluogo mediceo, dove la sua vocazione artistica trovò terreno fertile.
Nato da famiglia nobile, figlio di Roberto, proprietario terriero, e Pia Vannutelli, discendente del pittore Scipione Vannutelli. Colacicchi divenne uno dei protagonisti assoluti del movimento artistico Novecento Italiano, condividendo le scene con giganti della pittura come Carrà, Casorati, De Chirico, De Pisis, Guidi e Morandi.

La prima opera proposta da Pandolfini è “Conchiglie sulla spiaggia“, un olio su tela di dimensioni 39,5×70 centimetri, siglato e datato “Colacicchi 43“. Un lavoro che testimonia la capacità dell’artista di trasformare soggetti apparentemente semplici in composizioni cariche di poetica intensità.

Particolarmente significativo è il “Nudo di donna“, un olio su tela di notevoli dimensioni (121×85,5 centimetri), che ha fatto parte di importanti rassegne espositive. L’opera è stata presentata nella mostra “Percorsi della pittura figurativa del Novecento” presso Palazzo Strozzi a Firenze nel 2005 e successivamente nell’antologica “Giovanni Colacicchi. Figure e Ritmo di Luce nella Firenze del ‘900” al Museo di Villa Bardini nel 2014. Il dipinto incarna perfettamente quel linguaggio classicista pervaso di simbolismo che caratterizzò la produzione dell’artista.

Di straordinario interesse storico e collezionistico è il “Ritratto di Francesca Sebregondi“, un olio su tela 55×65 centimetri che racconta una storia affascinante. Francesca Sebregondi fu allieva di Colacicchi presso l’Accademia e nel 1948 posò, insieme ad alcuni compagni, per il fregio del Cinema Gambrinus al quale il maestro stava lavorando. Il ritratto, appartenuto alla Collezione Sebregondi Tinu, presenta al retro un cartiglio che recita “(L’arte nella vita) del Mezzogiorno d’Italia / Roma 1953”. L’opera ha viaggiato attraverso l’Europa, essendo stata esposta in oltre dieci mostre tra Firenze, Legnano, Göteborg, Roma e Torino tra il 1950 e il 2014.
L’impassibile solidità della figura ritratta rimanda all’interesse che Colacicchi nutriva per Piero della Francesca, filtrato attraverso gli studi di Roberto Longhi e le riflessioni di Bernard Berenson contenute nei “Pittori dell’Italia centrale“. Nel 1955, proprio Berenson scrisse la presentazione di una mostra di Colacicchi a Göteborg, in Svezia, segnando la prima volta che lo studioso si occupava di un pittore contemporaneo
Il vertice dell’asta è rappresentato da “Il Sogno di Giacobbe“, proposto sia nella versione definitiva a olio su tela (127×127 centimetri) sia con uno studio preparatorio a matita nera su carta (253×190 millimetri). Quest’opera ebbe un’esecuzione travagliata: gli angeli al centro della scala furono completamente ridipinti nel 1958, con le vesti trasformate in abiti moderni. L’artista immaginò la visione della vallata tra Anagni e i monti Lepini, immersa nella luce lunare, mentre tra Giacobbe e la scala si estende un prato fiorito di piccole calle bianche, ispirate a quelle che il pittore aveva osservato durante il suo viaggio in Sudafrica nel 1935.

Il dipinto porta con sé un senso profondo di nomadismo, riflesso nella figura di Giacobbe che stringe il bastone, simbolo tanto del pastore quanto del viandante, quasi un’allusione autobiografica alle peregrinazioni che segnarono l’esistenza del maestro. L’opera testimonia il legame indissolubile che Colacicchi mantenne con la Ciociaria, sua terra d’origine e fonte perenne di ispirazione.
“Il Sogno di Giacobbe” è stato protagonista di numerose esposizioni, dalla Galleria Firenze nel 1950 al Palazzo Comunale di Anagni nel 1974, fino alla grande retrospettiva del 2014 al Museo di Villa Bardini. L’opera è stata ampiamente studiata dalla critica d’arte e risulta catalogata in diverse pubblicazioni specialistiche.
Colacicchi frequentò il celebre Caffè delle Giubbe Rosse, epicentro della vita culturale fiorentina, dove strinse amicizia con personalità del calibro di Eugenio Montale, Giuseppe Ungaretti e Aldo Palazzeschi
Dal 1940 al 1970 insegnò all’Accademia di Belle Arti di Firenze, di cui fu anche direttore per molti anni, formando generazioni di artisti.
L’asta di domani rappresenta un’occasione imperdibile per ammirare e acquisire testimonianze preziose della produzione di un maestro che seppe coniugare la lezione dei grandi del Rinascimento con una sensibilità moderna, creando un linguaggio artistico inconfondibile che ancora oggi parla al cuore degli amatori dell’arte.




