Un nutrito gruppo di rappresentanti sindacali, semplici cittadini, rappresentanti di associazioni e lavoratori si è dato appuntamento questa mattina nei pressi della sede comunale, nella parte alta del capoluogo, per manifestare il proprio dissenso contro le politiche economiche del governo e le condizioni del mondo del lavoro italiano.
La protesta, promossa dall’USB (Unione Sindacale di Base), anticipa lo sciopero generale di 8 ore indetto per il 28 novembre contro quella che il sindacato definisce una “finanziaria di guerra“, accusata di penalizzare lavoratori, pensionati, studenti e disoccupati.
Al centro della mobilitazione c’è la denuncia di una situazione insostenibile per chi produce la ricchezza del Paese. I salari, secondo i manifestanti, sono fermi da trent’anni, mentre lo Stato destinerebbe miliardi di euro all’economia di guerra, riducendo contestualmente le risorse per sanità e servizi pubblici e aumentando la precarietà del lavoro.
Il quadro tracciato dai sindacalisti è quello di un sistema industriale italiano al collasso. Dopo i casi di Stellantis, Jabil e le difficoltà della Piaggio, la chiusura dell’ILVA viene indicata come l’ultimo di una serie di fallimenti e ristrutturazioni che hanno progressivamente svuotato settori strategici come l’automotive, la chimica, la siderurgia e il settore degli elettrodomestici.
L’USB rifiuta quello che definisce un modello di Paese basato sul ricatto, sulla precarietà, sulla repressione delle lotte e sull’obbedienza agli interessi dell’industria bellica. Da qui la decisione di proclamare uno sciopero generale che vuole rappresentare una rottura con le politiche attuali.
Le richieste avanzate dal sindacato sono articolate e ambiziose. In primo luogo, 2000 euro come paga base, a partire dal livello più basso per ogni CCNL (Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro), per tutte le mensilità. Una rivendicazione che mira a ridistribuire la ricchezza attraverso aumenti salariali adeguati al costo della vita, con l’introduzione di una nuova scala mobile.
Tra le altre richieste figura la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, con l’obiettivo di abbassare i ritmi produttivi e rispondere alle trasformazioni portate dall’innovazione tecnologica. Il sindacato chiede inoltre la nazionalizzazione delle aziende e delle infrastrutture strategiche, proponendo la creazione di una nuova IRI che tuteli il patrimonio industriale, l’occupazione e il salario.
Per affrontare le crisi aziendali, l’USB propone l’introduzione di un salario di transizione che copra integralmente la retribuzione persa dai lavoratori coinvolti. Sul fronte della sicurezza, viene chiesto lo stop ad appalti e subappalti, definiti una “catena permanente di precarietà, divisione e morti sul lavoro“, insieme all’introduzione del reato di omicidio sul lavoro e al rafforzamento dei poteri dei RLS (Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza).
In tema previdenziale, la richiesta è netta: basta con la riforma Fornero, con il ritorno alla pensione a 62 anni.
Lo slogan della mobilitazione è chiaro: “Alzare i salari, abbassare le armi“. Il sindacato lega infatti la questione economica a quella della pace, dichiarando di voler scioperare contro quella che definisce la “barbarie della guerra” che distrugge i popoli, riduce la democrazia e sottrae fondi alla spesa sociale.
La manifestazione di questa mattina rappresenta dunque il preludio di una giornata di mobilitazione nazionale che si preannuncia significativa per numeri e partecipazione. Lo sciopero del 28 novembre sarà un banco di prova per misurare il livello di adesione dei lavoratori a una piattaforma rivendicativa che tocca temi sensibili come salari, precarietà, sicurezza sul lavoro e scelte di politica economica.
Resta da vedere quale sarà la risposta delle istituzioni e delle controparti datoriali a questa ondata di protesta che, al di là delle posizioni politiche espresse, intercetta certamente un disagio diffuso nel mondo del lavoro italiano, alle prese con l’inflazione, la stagnazione salariale e le trasformazioni strutturali dell’economia.




