ANAGNI – La protesta degli studenti del Liceo “Regina Margherita” per il freddo nelle aule si trasforma in un caso che rischia di approdare nelle aule di tribunale. Il dirigente scolastico Marcello Bianchi ha firmato una circolare durissima, protocollata con il numero 26563/2025 del 27 novembre 2025, con cui non solo contesta le modalità della manifestazione studentesca del 24 novembre scorso, ma accusa esplicitamente i ragazzi di aver diffuso “notizie false” attraverso interviste e social media.
Il riferimento, molto probabilmente, è alle interviste rilasciate ad anagnia.com da due studentesse – entrambi appena 18enni – che motivavano le ragioni della protesta.

La chiusura del documento non lascia spazio a interpretazioni: “Lo scrivente si riserva ogni azione a tutela dell’immagine e del buon nome dell’Istituto”.
La protesta e le motivazioni degli studenti
Come raccontato nei giorni scorsi da anagnia.com, gli studenti del liceo anagnino avevano deciso di incrociare le braccia per protestare contro il malfunzionamento dell’impianto di riscaldamento. Temperature rigide nelle aule, lezioni in condizioni disagiate, la sensazione – espressa dalle due studentesse intervistate ma anche da diverse altre studentesse – di non poter studiare in un ambiente adeguato. Una protesta pacifica, nata dal disagio concreto di chi ogni mattina deve affrontare ore di lezione al freddo.
La risposta del dirigente: “non è sciopero, è assenza ingiustificata”
Nella circolare diffusa a tutta la comunità scolastica, il professor Bianchi chiarisce innanzitutto un punto formale: “Il diritto di sciopero è un diritto dei lavoratori, non degli studenti”. Citando l’articolo 40 della Costituzione e il D.P.R. n. 249/98 (Statuto delle studentesse e degli studenti), il dirigente ricorda che il diritto primario degli studenti è quello alla frequenza scolastica, non all’astensione dalle lezioni.
Pur riconoscendo agli studenti il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero (articolo 21 della Costituzione), Bianchi pone una condizione: le proteste devono essere “esercitate nel rispetto delle norme vigenti” e devono avere “ragioni valide e fondate”. Ed è proprio su questo punto che si consuma lo scontro.
“Il problema è stato risolto in mezz’ora”
Secondo la versione ufficiale della scuola, il guasto all’impianto di riscaldamento sarebbe stato “un’eventualità contingente”, risolta dal personale tecnico della Provincia entro appena mezz’ora dall’inizio delle lezioni. Una volta ripristinato il funzionamento dei termosifoni, sostiene il dirigente, “è venuta meno la ragione valida e fondata per il prosieguo della protesta”. Continuare l’astensione dalle lezioni, dunque, sarebbe stata una decisione “non suffragata da una motivazione legittima”.
Ma è davvero andata così? Gli studenti e le loro famiglie non sembrano essere d’accordo.
L’accusa pesante: “Diffusione di notizie false”
La parte più dura della circolare è quella in cui il dirigente Bianchi accusa esplicitamente gli studenti di aver mentito. Secondo quanto scritto nel documento, alcuni ragazzi avrebbero rilasciato interviste agli organi di stampa e pubblicato post sui social media con affermazioni “platealmente non veritiere”, sostenendo che:
- i termosifoni continuassero a non funzionare nell’edificio principale;
- l’impianto fosse spento anche nella sede succursale.
Il dirigente invita la componente studentesca a “riflettere sulla grave responsabilità morale” di chi getta discredito sulla propria scuola attraverso “la diffusione di informazioni false”. Un passaggio che suona – sì – come un monito, ma anche come una minaccia.
La minaccia di azioni legali
Ed è nell’ultimo paragrafo della circolare che il tono si fa ancora più severo. Marcello Bianchi ricorda che la diffusione intenzionale di notizie false atte a ledere l’onore e la reputazione di un’istituzione può configurare fattispecie di reato previste dal Codice Penale, come la diffamazione aggravata dall’uso di mezzi di comunicazione.
E poi la frase che ha fatto discutere: “Lo scrivente si riserva ogni azione a tutela dell’immagine e del buon nome dell’Istituto”. Una formula che, nel linguaggio burocratico, equivale a una chiara apertura verso possibili azioni legali contro chi ha parlato pubblicamente del disagio vissuto in quelle giornate di freddo.
Il padre di una studentessa denuncia la circolare “intimidatoria” del dirigente Bianchi: “la protesta è formazione democratica, non va repressa con minacce”
Il Protocollo 26563/2025 del 27 novembre 2025, firmato dal rettore, ha scatenato la reazione indignata di genitori e famiglie. Uno di loro, padre di un’alunna del liceo e appartenente alle Forze dell’Ordine, ha scritto una lettera aperta alle autorità competenti in cui denuncia l’approccio repressivo dell’istituto verso una legittima forma di protesta studentesca.
“La scuola minaccia gli studenti invece di educarli al confronto”
“È con profondo rammarico che mi vedo costretto a scrivere questa mail”, esordisce il genitore nella sua missiva. “Non posso nascondere di aver provato un profondo senso di frustrazione e disappunto dopo aver letto la comunicazione del rettore.”
Il cuore della critica riguarda i toni utilizzati dal dirigente Bianchi, che nella circolare si riserva ogni azione a tutela dell’immagine della scuola. Una formula che lascia intendere chiaramente la possibilità di ricorrere alle vie legali contro gli studenti che hanno partecipato alla protesta.
“Le parole del rettore lasciano l’amaro in bocca a un servitore dello Stato che ha affidato la formazione della propria figlia a chi si limita a paventare frasi intimidatorie verso coscienze in via di formazione”, scrive il padre, sottolineando come quegli stessi ragazzi avrebbero invece necessitato di “un costruttivo momento di confronto“.
La scuola deve educare alla democrazia, non reprimere il dissenso
Nella sua lettera, il genitore richiama i principi fondamentali della Costituzione italiana e del D.P.R. 249/98, che definiscono la scuola come “luogo di formazione e di educazione mediante lo studio, l’acquisizione delle conoscenze e lo sviluppo della coscienza critica“, nonché “una comunità di dialogo, di ricerca, di esperienza sociale, informata ai valori democratici“.
“L’articolo 21 della Costituzione garantisce la libera manifestazione del pensiero”, ricorda il padre. “Quella stessa libertà di pensiero che esprime un valore fondamentale della nostra società democratica e che la Costituzione tutela sotto ogni forma.”
Il richiamo alle radici storiche del Paese è netto: “Siamo stati studenti anche noi! Abbiamo protestato anche noi!“, scrive con passione. “E mai, dicasi mai, la scuola si è fatta esclusivo ‘garante giuridico’ nei confronti di persone a cui, oltre allo studio, deve essere garantita la possibilità di crescere e sviluppare la propria coscienza come libero cittadino.”
“La protesta è un momento educativo, non una minaccia”
Una posizione condivisa anche da altre voci della comunità scolastica. Una mamma, commentando la vicenda, ha espresso un concetto che racchiude perfettamente il senso educativo della protesta: “Lasciateli ‘protestare’, lasciateli che creino un momento di aggregazione sana, lasciateli che poi vadano a fare colazione insieme. Lasciamogli lo spazio di lamentarsi di qualcosa. Insieme. La caldaia verrà aggiustata a prescindere… ma questi momenti resteranno impressi nella loro mente.”
Parole che evidenziano come la protesta studentesca non rappresenti una minaccia all’ordine scolastico, ma un’occasione preziosa di crescita collettiva, di apprendimento della cittadinanza attiva, di sperimentazione della democrazia. Quegli stessi valori che la scuola dovrebbe trasmettere ogni giorno.
Un padre servitore dello Stato contro la logica della repressione
La lettera si chiude con una riflessione amara ma lucida: “Mi chiedo se chi ha l’onere e la responsabilità della formazione – sotto ogni aspetto – dei nostri figli, debba avere quale fine ultimo l’esclusiva tutela dell’immagine e del buon nome dell’istituto.”
Una domanda che mette in discussione le priorità del dirigente Bianchi: davvero l’immagine dell’istituto vale più della formazione democratica degli studenti? Davvero la risposta a una protesta legittima – nata da un disagio reale come il freddo nelle aule – deve essere la minaccia di azioni legali?
Il padre firmatario della lettera, in quanto appartenente alle Forze dell’Ordine e quindi “rappresentante istituzionale” dello Stato, ricorda che il nostro Paese “vanta radici storiche e culturali permeate dalle più svariate forme di protesta”. Sono proprio quelle proteste che, nel tempo, “ci hanno consentito di acquisire maggiore coscienza dei nostri diritti e dei nostri doveri di cittadini, che ci hanno fornito maggiore consapevolezza e capacità di interazione con il tessuto istituzionale.”
Gli studenti del Liceo Regina Margherita hanno protestato per il freddo, per una caldaia rotta. Una richiesta semplice, concreta, legittima. La risposta del dirigente Marcello Bianchi con una circolare che minaccia azioni legali a tutela dell’immagine della scuola ha però trasformato una questione pratica in un caso simbolico: quale scuola vogliamo? Una scuola che educa al confronto o una che reprime il dissenso?
La lettera del padre – servitore dello Stato che ogni giorno difende le istituzioni – suggerisce una risposta chiara: la scuola deve essere il luogo dove si impara la democrazia, non dove la si teme.




