Roma – Una rivoluzione silenziosa sta trasformando il mondo della Procreazione Medicalmente Assistita (PMA), ridisegnando le possibilità per migliaia di coppie che desiderano diventare genitori. Al centro di questa trasformazione ci sono la genetica preimpianto e la nuova generazione di strumenti di selezione embrionaria, capaci di aumentare significativamente i tassi di gravidanza e la sicurezza riproduttiva.
Questi temi cruciali sono stati al centro del Congresso Nazionale della Società Italiana della Riproduzione (S.I.d.R.), organizzato a Roma presso la sede dell’Università Medica Internazionale UniCamillus, insieme alla Società Italiana Policistosi Ovarica (SIPO). Due giornate intense di confronto scientifico che hanno riunito i massimi esperti del settore per fare il punto sulle frontiere più avanzate della medicina riproduttiva.
“La genetica preimpianto è capace di incidere in modo significativo sui tassi di gravidanza, sulla personalizzazione dei trattamenti e sulla sicurezza riproduttiva“, ha osservato il Professor Ermanno Greco, Presidente della S.I.d.R. “Con i moderni strumenti di selezione embrionaria, da trasferire nell’utero materno, è possibile migliorare in maniera significativa il successo delle tecniche di fecondazione in vitro, soprattutto quando la donna ha più di 35 anni. Una condizione, questa, sempre più comune nei centri di PMA, dove l’età media femminile è di 38 anni, un’età in cui le anomalie cromosomiche ovocitarie sono fisiologicamente più presenti”.
Il dato sull’età non è casuale: rappresenta uno degli aspetti più delicati della crisi della natalità italiana, dove si fanno figli sempre più tardi e spesso si arriva troppo tardi ad affrontare l’infertilità.
“Negli ultimi anni il ruolo della Diagnosi genetica preimpianto per anomalie cromosomiche (PGT-A) e delle tecniche genomiche ad alta risoluzione ha trasformato il modo in cui i centri di PMA identificano gli embrioni con più elevato potenziale riproduttivo“, ha spiegato Greco. “Ciò consente, oggi, una valutazione più precisa delle anomalie cromosomiche e del mosaicismo embrionale, ovvero la contemporanea presenza in un embrione di cellule sane e malate”.
Si tratta di un’area d’intervento su cui la comunità scientifica sta concentrando grande attenzione, considerate le implicazioni nella scelta degli embrioni trasferibili, a dieci anni dalla scoperta che anche gli embrioni a mosaico possono dare origine alla nascita di bambini sani. Il passaggio è stato epocale: dalla tradizionale selezione basata sulla sola morfologia, all’integrazione di parametri genetici, morfocinetici e bioinformatici.
L’analisi cromosomica embrionale, combinata con sistemi di intelligenza artificiale applicati al time-lapse, sta infatti migliorando l’accuratezza predittiva, riducendo il numero dei transfer necessari e contribuendo a diminuire il rischio di aborto. Tutto questo a completo vantaggio della salute fisica e psicologica della donna.
Questo approccio innovativo, come hanno rilevato molti specialisti durante il Congresso, integra non solo le scelte cliniche, ma anche la comunicazione con le coppie, offrendo loro una maggiore consapevolezza delle probabilità reali di successo. In particolare, il tema del mosaicismo è stato indicato come una delle aree più delicate e innovative, con linee guida in continua evoluzione.
Pur riconoscendo il potenziale delle nuove tecnologie, i relatori hanno sottolineato la necessità di un uso appropriato, trasparente e basato sulle evidenze, per evitare aspettative irrealistiche e garantire equità di accesso. È stata messa in luce la convergenza di tre linee di innovazione: la diagnostica genetica ad alta risoluzione, la selezione embrionaria potenziata da IA e time-lapse, la biostimolazione ovarica sperimentale con PRP (sangue arricchito di piastrine).
“L’approccio integrato tra queste aree potrà contribuire, nel prossimo futuro, a migliorare la personalizzazione dei percorsi terapeutici nella PMA”, ha precisato Greco. “Le meta-analisi e le revisioni recenti riportano una pregnancy rate complessiva intorno al 20-25% e una live-birth rate intorno al 10-18% nelle popolazioni con poor ovarian response (POR) o ridotta riserva ovarica dopo PRP“.
Il Congresso ha confermato il crescente interesse scientifico e clinico su queste tematiche, offrendo inoltre una panoramica ampia con gli interventi di numerosi specialisti del settore, che hanno approfondito anche altri aspetti come la fecondazione eterologa, la stimolazione ovarica, la contraccezione, l’obesità, il diabete, gli antiandrogeni, ma anche patologie come l’endometriosi.
L’On. Maria Elena Boschi ha dichiarato: “Queste due giornate sono un appuntamento di grande valore, con un confronto scientifico di alto livello su un tema centrale per il nostro Paese. L’Italia vive una profonda crisi della natalità: si fanno figli sempre più tardi e spesso si arriva troppo tardi ad affrontare l’infertilità, che colpisce un numero crescente di coppie. Serve maggiore consapevolezza dei fattori di rischio, dagli stili di vita alle patologie che incidono sulla fertilità“.
La parlamentare ha poi aggiunto: “Abbiamo ascoltato interventi importanti su come le istituzioni possano promuovere un’informazione più ampia, sia per gli uomini che per le donne, non solo sull’infertilità ma anche sulle tecniche oggi disponibili per superarla. È essenziale inoltre accompagnare le coppie con attenzione psicologica e umana. Dal punto di vista legislativo, dobbiamo garantire risposte concrete, come sostenere le donne che scelgono il congelamento degli ovociti anche quando non hanno risorse economiche. Dobbiamo anche investire in campagne informative e in un’educazione sessuale mirata nelle scuole, per costruire una vera consapevolezza fin dalla giovane età”.
Il Prof. Gianni Profita, Rettore UniCamillus, ha affermato: “Accogliere il Congresso S.I.d.R.-SIPO a UniCamillus, sapientemente promosso dal nostro Prof. Ermanno Greco, significa accendere i riflettori su temi che toccano profondamente la vita di tante coppie: la fertilità, l’attesa, la paura di non farcela, il desiderio di diventare genitori. Sono dimensioni umane che meritano ascolto, rispetto e competenza”.
“Per questo sono orgoglioso che la nostra Università diventi, per due giorni, il luogo in cui la scienza si mette al servizio della speranza, dove professionisti di altissimo livello condividono conoscenze e si uniscono per trovare risposte a problemi che non sono solo clinici, ma emotivi e sociali. È nella capacità di comprendere e accompagnare la fragilità che la medicina esprime il suo valore più autentico”, ha concluso il Rettore.




