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    La Cucina italiana è Patrimonio Unesco: primo riconoscimento mondiale per l’intera gastronomia di un Paese

    storica decisione a New Delhi: non solo piatti ma cultura, tradizione e affetti. Un mosaico di sapori che diventa impegno per le future generazioni
    10 Dicembre 20258 Mins Read
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    Una giornata da ricordare per l’enogastronomia tricolore. Questa mattina, precisamente alle 10.44 ora italiana, il Comitato intergovernativo dell’Unesco riunito a New Delhi ha pronunciato il verdetto tanto atteso: la cucina italiana diventa ufficialmente patrimonio culturale immateriale dell’umanità. Un risultato senza precedenti che segna una prima volta storica nel panorama internazionale.

    Fino ad oggi, l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura aveva inserito nelle proprie liste singole eccellenze gastronomiche e specifiche pratiche culinarie: dal raffinato pasto gastronomico transalpino alla tradizione del washoku giapponese, dal kimchi coreano al borscht ucraino, passando per le specialità del Michoacán messicano. Mai prima d’ora, tuttavia, era stato riconosciuto l’intero sistema gastronomico di una nazione nella sua complessità e varietà.

    Il traguardo raggiunto oggi si affianca ai precedenti riconoscimenti ottenuti dal Belpaese: la Dieta mediterranea, l’arte dei pizzaiuoli napoletani, la cerca e cavatura del tartufo, la viticoltura ad alberello di Pantelleria e i suggestivi paesaggi vitivinicoli di Langhe, Roero e Monferrato. Questa volta, però, entra in lista qualcosa di più ampio e articolato: l’intero sistema della gastronomia italiana, con le sue molteplici declinazioni territoriali e le infinite varianti che caratterizzano ogni famiglia.

    La strada verso questo riconoscimento non è stata breve né semplice. Il dossier presentato, dal titolo eloquente “La cucina italiana, tra sostenibilità e diversità bioculturale”, rappresenta il frutto di un lavoro certosino coordinato dall’Ufficio Unesco del Ministero della Cultura. La redazione è stata affidata al giurista Pier Luigi Petrillo, mentre il coordinamento scientifico ha visto protagonista lo storico dell’alimentazione Massimo Montanari, affiancato da un gruppo di esperti di primo piano.

    Sul fronte delle istituzioni, i promotori principali dell’iniziativa sono stati il Masaf (Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste) e il Ministero della Cultura, supportati da un tessuto associativo che da decenni studia e valorizza la tradizione gastronomica nazionale: l’Accademia Italiana della Cucina, la Fondazione Casa Artusi (custode della tradizione culinaria domestica), la storica testata La Cucina Italiana con la direttrice Maddalena Fossati (che nel 2019 diede avvio all’idea della candidatura), oltre ad Anci, Slow Food e Federazione Italiana Cuochi.

    Nel documento presentato non si celebra un singolo piatto simbolo, ma si delinea un concetto profondo: la “cucina degli affetti”. Una pratica quotidiana intrecciata di conoscenze tramandate, gesti rituali, abitudini condivise tra generazioni. Si parla della selezione accurata degli ingredienti, del rispetto delle stagioni, dell’utilizzo ingegnoso degli avanzi, della biodiversità come elemento invisibile ma fondamentale. È il pranzo domenicale attorno al quale si riunisce la famiglia, il sugo che cuoce lentamente per ore richiedendo pazienza e attenzione, la tovaglia immacolata che si apparecchia con cura e che a fine pasto racconta, attraverso le sue macchie, la storia di un momento conviviale. È quel gesto spontaneo di passarsi il pane, evitando però di passare il sale perché – si sa – porta sfortuna.

    Gli autori del dossier insistono su un termine particolarmente significativo: mosaico. La gastronomia italiana viene rappresentata come un insieme composito di tradizioni locali, comunitarie e familiari, che non si prestano a una classificazione rigida di ricette “più autentiche” rispetto ad altre, ma che dialogano costantemente tra loro e con le influenze esterne. In questo grande mosaico trovano spazio i pomodori giunti dal Nuovo Mondo, la pasta secca che ha viaggiato lungo rotte mediterranee e arabe, le contaminazioni portate dalle comunità italiane sparse per il globo.

    Il messaggio di fondo è inequivocabile: non si sta celebrando un monumento statico, ma un organismo in continua trasformazione, con ricette e modalità di preparazione che non restano immutabili nel tempo ma evolvono, si adattano, si rinnovano. Con il voto odierno, l’Unesco riconosce questo sistema vivente come eredità da tutelare e tramandare.

    È importante chiarire un aspetto fondamentale: questo riconoscimento non rappresenta un’attestazione di superiorità rispetto ad altre tradizioni culinarie – non esistono gastronomie “più patrimonio” di altre – né costituisce un marchio commerciale da esibire sulle etichette dei prodotti. Si tratta piuttosto di un impegno preciso e vincolante. In base alla Convenzione stipulata nel 2003, l’Italia dovrà catalogare e proteggere questa pratica culturale in collaborazione con le comunità che la mantengono viva ogni giorno: nuclei familiari, professionisti della ristorazione, produttori agricoli, realtà associative.

    Questo significa sostenere attività di ricerca, promuovere l’educazione alimentare, sviluppare iniziative nelle istituzioni scolastiche, valorizzare musei dedicati alla gastronomia, creare archivi della memoria culinaria. Comporta inoltre l’obbligo di presentare, ogni sei anni, una relazione dettagliata all’Unesco sui metodi attraverso cui si sta trasmettendo questa eredità alle nuove generazioni.

    Sul piano simbolico, il riconoscimento comunica al mondo intero che l’identità nazionale passa anche attraverso la tavola. Sul versante pratico, diventa uno strumento aggiuntivo nella lotta contro il fenomeno dell’Italian sounding: di fronte a imitazioni come un presunto gorgonzola straniero o un falso aceto balsamico, ci sarà ora anche la protezione di un patrimonio riconosciuto a livello mondiale, che si aggiunge alle già esistenti e cruciali tutele Dop e Igp.

    Oggi, 10 dicembre, molti stappano una bottiglia “per celebrare l’Unesco“. La proposta è anche di brindare a qualcosa che al contempo risulta più semplice e più complesso: la promessa di continuare a meritare questo riconoscimento. Continuare a macchiare tovaglie, a condividere il pane, a discutere (civilmente) sulla carbonara senza panna ma poi a dividerla insieme. Perché da oggi la cucina italiana è patrimonio dell’umanità. Ma, prima di ogni altra cosa, resta patrimonio di chi, quotidianamente, si siede a tavola.


    CUCINA ITALIANA PATRIMONIO UNESCO, ROCCA: «UN TRAGUARDO CHE RAFFORZA IL RUOLO DELL’ITALIA NEL MONDO»

    Roma, 10 dicembre 2025 – «La cucina italiana riconosciuta Patrimonio Culturale Immateriale dell’UNESCO è un risultato che riempie il Paese di orgoglio. Come Regione Lazio abbiamo sostenuto questo percorso sin dall’inizio, convinti che la nostra tradizione culinaria non sia solo un insieme di ricette, ma un’eredità fatta di cultura, identità, radici. È anche un valore economico enorme, custodito e portato avanti ogni giorno da maestranze straordinarie. Nel Lazio questo è tangibile. Ogni provincia, dal reatino al sud pontino, può vantare un’eccellenza gastronomica che racconta la storia delle sue comunità e la qualità dei suoi prodotti. È un mosaico di saperi che merita di essere protetto e promosso. Desidero ringraziare il Governo Meloni, in particolare i ministri Lollobrigida e Giuli per il lavoro svolto su questo dossier. Il loro impegno ha permesso di raggiungere un traguardo che appartiene a tutti e che rafforza il ruolo dell’Italia nel mondo».

    Così il Presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca.


    UNESCO, RIGHINI: «RICONOSCIMENTO STORICO
    ALLA CUCINA ITALIANA. COMPLIMENTI AL MINISTRO LOLLOBRIGIDA»

    Roma, 10 dicembre 2025 – «Accogliamo con profonda soddisfazione e autentico orgoglio la notizia dell’ingresso ufficiale della Cucina italiana nella Lista rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale dell’UNESCO. Un traguardo storico che premia non soltanto la straordinaria ricchezza delle nostre tradizioni gastronomiche, ma anche i valori di sostenibilità, lotta allo spreco e tutela della biodiversità che caratterizzano il nostro modello alimentare. Desidero rivolgere un sentito ringraziamento e un convinto plauso al Governo Meloni e il particolare al ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, per il lavoro svolto e per l’impegno costante nel valorizzare in sede internazionale, le eccellenze agroalimentari italiane. Questo riconoscimento è anche il frutto della determinazione con cui il Ministero ha sostenuto un percorso culturale capace di rappresentare la cucina italiana non solo come tradizione, ma come identità condivisa e pratica quotidiana che unisce territori, comunità e stili di vita. Un ringraziamento va anche ai nostri agricoltori che ci regalano sempre ingredienti unici al mondo. La decisione dell’UNESCO rafforza ulteriormente la nostra missione regionale: proteggere e promuovere le filiere agricole, salvaguardare le produzioni tipiche, sostenere la qualità e l’autenticità del cibo che nasce dai nostri territori. È un successo dell’Italia intera, che ci sprona a continuare con rinnovato entusiasmo il lavoro a sostegno del mondo agricolo e del valore culturale che esso esprime», lo dichiara l’assessore all’Agricoltura e alla Sovranità Alimentare della Regione Lazio, Giancarlo Righini.


    CUCINA ITALIANA PATRIMONIO UNESCO, PALAZZO:
    «È UNA VITTORIA PER TUTTI I NOSTRI TERRITORI»

    Roma, 10 dicembre 2025 – «La Cucina Italiana è finalmente Patrimonio immateriale dell’UNESCO: una notizia straordinaria che riempie d’orgoglio l’Italia e ciascuno dei nostri territori. È una vittoria per tutti, che parla delle radici, della creatività e della capacità tutta italiana di trasformare la tradizione in un valore universalmente riconosciuto» – così l’assessore al Turismo, all’Ambiente e allo Sport della Regione Lazio, Elena Palazzo, commenta con grande soddisfazione il riconoscimento UNESCO.

    «Questo traguardo, raggiunto grazie all’impegno del Ministro Lollobrigida, celebra il lavoro delle famiglie che custodiscono ricette secolari, degli agricoltori, dei produttori e dei ristoratori che ogni giorno portano nel mondo l’autenticità del Lazio e dell’Italia. Un patrimonio che, da oggi ancor di più, sarà capace di attrarre turismo e generare sviluppo. Dunque, una straordinaria opportunità di crescita per i territori. Lavoreremo tutti insieme per difendere e promuovere il valore del Made in Italy in tutto il mondo», conclude l’assessore Palazzo.

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