di Santo Marcianò, vescovo delle diocesi di Anagni/Alatri e Frosinone/Ferentino/Veroli
È ancora Natale. E noi, ancora, siamo in viaggio verso il Bambino che nasce. Mentre si chiude la Porta Santa del Pellegrinaggio Giubilare, anche questo è un Pellegrinaggio, come quello che compirono i pastori a Betlemme andando verso la Grotta, spinti dal primo annuncio evangelico: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore». Come fecero gli angeli ad attrarli, a spingere a mettersi in viaggio verso un Bambino pastori stanchi, assonnati, infreddoliti, impauriti? Come furono testimoni di quella «gioia» che annunciavano a parole? «E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama”». Lo immaginiamo così il loro annuncio: come un canto nella notte! Un canto dolcissimo, delicato, ma audace, che rimanda a Dio e annuncia quel Dono che Egli vuole portare sulla terra e che tutti, oggi in modo speciale, vorremmo implorare per il mondo, per le nostre famiglie, per i nostri cuori inquieti e spesso troppo soli: la Pace! La cerchiamo nelle pieghe della storia, nelle decisioni della politica, nelle grandi lotte per i diritti umani… ma dimentichiamo di iniziare da lì: dal volgere lo sguardo verso un Bambino; dal tacere, chiudendo gli occhi e aprendo il cuore, per ascoltare un canto nella notte.
La tradizione del Natale, nei nostri Paesi soprattutto, risplende di luci e risuona di canti. Quanti canti ci hanno tramandato i nostri anziani, quanti canti sentiamo ancora dalle voci dei nostri ragazzi, quanti canti riemergono nel cuore come ricordi del tempo in cui noi stessi eravamo bambini. Canti che rapiscono il cuore, come rapirono il cuore dei pastori di Betlemme, e sembrano scioglierlo da durezze e incrostazioni, quasi richiamando a un “essenziale” che nessuna parola umana, da sola, riesce a spiegare. Il canto è il linguaggio che il Bambino Gesù ha scelto per farsi introdurre nella scena del mondo. Perché la musica, ha detto Papa Leone qualche giorno fa, è «la possibilità di far risuonare, attraverso la bellezza, una scintilla della presenza di Dio». L’armonia del Natale del Signore, che già risuona nei canti per le strade, nelle Chiese, nelle scuole, nelle famiglie, dice che anche noi, come gli angeli, sappiamo che, per raggiungere ogni notte dell’uomo e rapire i cuori verso la Grotta di Betlemme, non basta l’annuncio: ci vuole la lode!
Cari fratelli, care sorelle, sono tra voi da pochi mesi e, in questo nostro “primo Natale”, vorrei che, insieme, riscoprissimo il linguaggio del canto e della lode. Che spalancassimo i nostri cuori stanchi di fatiche e delusioni, infreddoliti da solitudini e dolori, impauriti dalla storia, e ci lasciassimo raggiungere da melodie lontane, che attingono alla stessa Voce di Dio e possono restituire armonia e pace a un mondo frammentato e vuoto. Ma vorrei pure che chiedessimo il dono del canto, di quella musica che, dice ancora il Papa, è «l’arte di guidare il cuore verso Dio, è una via privilegiata per comprendere l’altissima dignità dell’essere umano e per confermarlo nella sua più autentica vocazione». Ogni cristiano è un «pastore», che nella notte si mette in viaggio verso Betlemme, ed è un «angelo», chiamato ad annunciare con gioia il Dio Bambino e la Sua Pace, che regna solo dove l’altissima dignità di ogni essere umano sia riconosciuta, protetta, contemplata, servita, amata. Ad annunciare così: come un canto nella notte!
Buon Natale!




