Non la racconta giusta Saxa Gres quando dice che “ordini e fatturati raddoppiano e la ceramica della provincia di Frosinone deve spegnere i forni”. Secondo Saxa Gres ci sarebbe da produrre, vendere e creare occupazione, ma il costo dell’energia non lo permette e deve fermare la produzione per non lavorare in perdita.
Perché non la racconta giusta.
Perché, come la stessa azienda dice, non è isolata, ma in buona compagnia nelle attuali difficoltà comuni a tutte le produzioni energivore ( ma non solo…) in seguito alla crisi dell’aumento dei costi dell’energia (aumenti che gravano su tutti, e in particolare sulle bollette delle famiglie).
Perché sembra che, a fronte di questa crisi generale, l’azione risolutiva sia la disponibilità di un enorme biodigestore per autoprodursi il metano. Quindi tutte le aziende energivore ( o meno …) dovrebbero avere il “diritto” di autoprodursi energia o con il metano dei biodigestori o con il calore degli inceneritori : una stravaganza che prevederebbe ogni azienda autoproduttrice di energia. E ci si dovrebbe poi domandare quale ruolo in questa bizzarra situazione dovrebbero avere le aziende energetiche nazionali.
Perché il biodigestore non è vero, come dice la azienda, che “ci spetta”. Non è scritto da nessuna parte che un’ azienda ha il “diritto” a costruirsi un megabiodigestore per risolvere i propri problemi di competitività, soprattutto se al vantaggio degli incentivi e al vantaggio industriale presunto si presentano svantaggi certi per la popolazione.
Perché a fronte della crescita dei costi dell’energia quale componente dei costi del prodotto, si possono recuperare anche parzialmente tali aumenti dei costi aumentando i prezzi ai clienti, ( lo sperimenteranno le famiglie nei prezzi dei loro acquisti…). Un aumento dei prezzi che, in un contesto di una domanda che prevede il raddoppio degli ordini come si afferma, non metterebbe a rischio più di tanto i volumi, consentendo la tenuta dei margini di guadagno. E di non fermare la produzione.
Perché la disponibilità di un megabiodigestore con gli incentivi nazionali che comporta, costituirebbe una concorrenza sleale. Concorrenti italiani in altre regioni del comparto ceramica ai quali non vengono concesse le autorizzazioni per un proprio megabiodigestore verrebbero penalizzate risultando non competitive con Saxa Gres e sarebbero costrette a loro volta a licenziare i loro dipendenti (con un risultato a somma zero in area nazionale).
Ci vuole effettivamente molta abilità comunicativa per giustificare le prime avvisaglie dell’inceppamento di un progetto di riconversione che fin dall’origine ha sollevato perplessità sulle sue concrete possibilità di successo. Già si prefigura la strategia dell’attribuire la colpa del fallimento alla miope politica nazionale e ai cittadini oppositori del megabiodigestore.
Quella stessa abilità comunicativa che viene utilizzata con la definizione di “pietra ceramica green” una ceramica che contiene le ceneri pericolose degli inceneritori di rifiuti urbani, incredibilmente approvata, unica in Italia, dalla Regione Lazio.
Ma così vanno le cose nel nostro Paese: gli uffici stampa valgono di più dei centri di ricerca, l’abilità della narrazione vale di più dell’abilità di fare impresa. Quella tecnologica e competitiva che non ricorre agli aiuti di Stato.
Nota stampa a cura del coordinamento Ambiente di Anagni e Colleferro composto dalle associazioni Anagni Viva, Comitato Residenti Colleferro, Diritto alla Salute, Re.Tu.Va.Sa.
PER SOSTENERE LE SPESE DI CUI IL COORDINAMENTO DELL’AMBIENTE DI ANAGNI-COLLEFERRO SI E’ FATTO CARICO, GIÀ DA DIVERSO TEMPO, PER IL RICORSO AL TAR CONTRO LA REALIZZAZIONE DEL MEGA BIODIGESTORE, I CONTRIBUTI POSSONO ESSERE VERSATI SULL’ IBAN N. IT 96 X08 344 7429 000000 184 8050 INTESTATO ALL’ASSOCIAZIONE ANAGNI VIVA, PRESSO BANCANAGNI, CON CAUSALE : NO AL BIODIGESTORE.