Il recupero delle radici culturali è inscindibile dalla devozione popolare, spesso legata a Sacre Reliquie o a Sacre Icone. L’iniziativa intende porre l’attenzione su quel particolarissimo oggetto di culto che è l’Icona.
L’allestimento, che occuperà le due sale iniziali dell’esposizione, ha come intento quello di fornire al visitatore i riferimenti storici e gli strumenti interpretativi delle icone: solo il simbolismo metaforico consente un qualsiasi discorso su Dio, ciò vale per la Parola, a partire dai nomi divini, e lo stesso a maggior ragione vale per le immagini sacre, dove ogni segno, ogni gesto descritto appartiene al mondo dei simboli, spesso assorbiti dalla cultura pagana in cui si diffuse il cristianesimo. Decodificando quei simboli si dà voce all’immagine.
Il viaggio ideale in mostra parte da una grande mappa del Mediterraneo, perché è lungo i suoi confini che l’icona appare, seguendo i passi degli Apostoli, e si presenta come “una finestra aperta sull’Infinito”, il luogo di una presenza: il mondo in essa rappresentato si irradia verso colui che vi si pone dinanzi in contemplazione. È una via per la Sapienza.
Il percorso prosegue alla ricerca delle origini della devozione mariana e la sua evoluzione da potere imperiale a pietà popolare. Il culto mariano si diffuse in tutto il mondo Cristiano già dal concilio di Efeso, convocato dall’imperatore Teodosio II nel 431, e la Madre di Dio divenne presto il “soggetto” più rappresentato; la Madre con il Bambino sulle ginocchia emoziona ed è fonte di una pura devozione popolare, perché ogni madre ha vissuto questi momenti, fanno parte dell’esperienza quotidiana. Gli occhi della fede vedranno in questi dipinti la sacralità dei personaggi solo dopo aver «interiorizzato una narrazione metafisica complessa, che inizia con l’insubordinazione, il peccato e la conoscenza del bene e del male. […] C’è una differenza tra sapere che la Madonna e il Bambino sono felici e sapere che la Madonna è libera dal Peccato ed è stata scelta come veicolo dallo Spirito Santo», secondo le parole del Filosofo critico d’arte Arthur Danto.
La teoria bizantina dell’immagine si basa sul dogma dell’Incarnazione: non appena il corpo virginale di Maria ha accolto e incarnato il Verbo, la Parola divina ha sacralizzato la materia e dato legittimità alla produzione e venerazione di immagini, conferendo ad esse il potere di mediare lo scambio tra la sfera divina e quella umana.
L’interesse imperiale di Bisanzio per la devozione mariana, fu in principio suscitato dall’Inno Akathistos, che costruisce un’immagine di Maria con esplicite funzioni statali. È uno dei testi più influenti della letteratura bizantina e ancora oggi cantato nelle chiese ortodosse. Nello svolgersi dell’Inno, a Maria, da “contenitrice” del Verbo, viene conferito un potere attivo capace di assicurare vittoria e protezione. Il Suo potente ruolo resta tutt’ora preminente nella Chiesa d’Oriente ed è esplicitato dalle parole con le quali ci si rivolge ad Essa: Theotókos “Colei che ha partorito Dio”, o Meter Theou “Madre di Dio”. Entrambi i termini rimandano ad una forte connotazione di potere, Colei che tutto può, non più ora orientato al potere statale ma alla protezione di ogni fedele. Diversamente dalla percezione occidentale moderna, filtrata dalla cultura medievale dell’amor cortese che la vide come tenera e delicata Madre, a Lei di conseguenza ci si rivolge con gli appellativi di Vergine, Madonna, mia Signora, ma sempre potentissima Madre nelle manifestazioni della Pietà Popolare.
Il viaggio si sofferma allora negli spazi dedicati al culto della Vergine a Fumone: la venerazione per la Madonna del Perpetuo Soccorso ebbe origine nel 1866, con l’arrivo della magnifica Icona a Lei dedicata, da allora divenuta il fulcro amante di tutta la popolazione.
Da qui, “Il luogo del silenzio”: la Parola prende voce nelle splendide icone ortodosse dell’artista Sofia Nicoletti, il cui curriculum accademico include la State University of New York, la DAMS- Università di Bologna e l’Accademia delle belle arti di Urbino e Frosinone.
“La ricerca espressiva di Sofia Nicoletti s’accompagna ad una cultura profonda. La tradizione russa, tanto letteraria quanto pittorica, appartiene alla storia della sua formazione, che si nutre di passione e dell’appassionato bisogno di rintracciare rami delle sue radici dentarie; e la stagione internazionale della linguistica strutturale e della semiologia, vissuta a cominciare dagli anni newyorkesi, le ha offerto e persiste ad offrirle spunti di conoscenza, di riflessione e di programmazione operativa dal particolare, acuto rilievo. Sul piano artistico, ne risulta una fusione tra memoria popolare e lucidità stilistica, preziosità ed eleganza del segno, nonché una particolare cura della materia che danno vita ad un viaggio incantato tra fisico e metafisico, tra mito e storia, tra eterno e passeggero: il viaggio incantato della ricerca”.
(Marcello Carlino, Critico d’arte).
«La bellissima mostra di Icone dell’iconografa Sofia Nicoletti al castello di Fumone, rappresenta l’eco della Chiesa d’Oriente al richiamo di Celestino V, Papa di Roma. La mediatrice per eccellenza, la Madonna del Perpetuo Soccorso, ha come voluto questa mostra, curata da Lucia De Carolis. Una realizzazione di una unità perfetta tra mondo occidentale e orientale. Con l’icona il tempo è fermato e le tavole esposte, compresa quella su Celestino V, è come se riscattassero una storia mondana che poteva dispiegarsi in altro modo. Esattamente in quello che Sofia Nicoletti ci presenta come Logos che si manifesta in forme, colori che ci trasferiscono su un altro piano, quello dell’eternità».
(Prof. Biagio Cacciola, Comitato Scientifico dell’Amministrazione provinciale di Frosinone).
“Il tempo dell’Icona – afferma Lucia De Carolis – si può dire che sia ‘il tempo di Dio’: un eterno presente. L’iconografo deve fedelmente riprodurre i topoy, sempre rigidamente quelli. C’è poco spazio per la rielaborazione e l’intuizione creativa, tutto è estremamente definito da secoli di confronto tra teologi e artisti, tramandato prima oralmente e poi, dal XVIII secolo (circa) attraverso la trascrizione delle ‘memorie di laboratorio’. Il più importante di questi manuali è il Canone dell’icona di Dionisio da Furnà, trovato nei primi del XX secolo presso i monaci del Monte Athos, in Grecia. Sofia Nicoletti – prosegue la curatrice – pur osservando rigidamente i canoni ortodossi, riesce a dar forma al suo genio artistico: alcune figure sembrano uscire dai quadri di Gauguin o evocare la sinuosità di Matisse”.
L’intero evento è stato organizzato in collaborazione con il Comitato della Madonna del Perpetuo Soccorso, la Confraternita della Pia Unione, la Pro Loco di Fumone, l’Associazione Culturale Castello di Fumone, l’Associazione Culturale La Melusina, l’Azienda vinicola Casale del Giglio e la Taverna del Barone. Gode, inoltre, del patrocinio dell’Agenzia Regionale del Turismo UTT di Frosinone, della Provincia di Frosinone e del Comune di Fumone.
articolo a cura di Elisa Potenziani