La “zona rossa” in Provincia di Frosinone è principalmente un problema di tipo infrastrutturale. Nel senso che ormai la principale questione con la quale gli addetti ai lavori, ma anche i cittadini, si troveranno a dover convivere è l’assenza cronica di posti letto e servizi sanitari sul territorio.
L’aumento esponenziale dei contagi di questi giorni ha messo a dura prova il sistema sanitario provinciale e dimostrato che l’ottimismo di Zingaretti e del direttore generale ASL D’Alessandro fosse in realtà solo uno slogan e che la sanità provinciale non fosse affatto pronta ad affrontare l’emergenza Covid.
Se oggi la Ciociaria ha una percentuale di contagi ed una diffusione del Covid pari alla Lombardia è perché il sistema sanitario provinciale, basato su pochi grandi ospedali territoriali e strutture periferiche di supporto (come i PAT o le case della salute di fatto prive di posti letto), non poteva reggere l’impatto del virus e delle sue varianti.
Facile scaricare la colpa sugli “irresponsabili” ma la verità, amara per qualcuno, è che le istituzioni regionali nulla hanno fatto per far sì che ai cittadini della Ciociaria fossero garantiti i servizi essenziali. La “zona rossa” non è solo una misura attuata per il contrasto del Covid, ma la prova del depauperamento del nostro territorio, privo dei servizi e delle infrastrutture che ne garantiscono l’efficienza. È un tema su cui ci sarà da riflettere ma che oggi necessita di risposte immediate.
A maggior ragione oggi i colpevoli di questo sono facilmente individuabili nei vertici del centrosinistra regionale e nei dirigenti ASL che hanno sempre rifiutato, nonostante gli appelli e la disponibilità mostrata dai sindaci – per giunta lasciati letteralmente solo a combattere contro l’emergenza – per una riapertura degli ospedali oggi chiusi in funzione anti-Covid.
nota a cura di Filippo Del Monte