Di seguito pubblichiamo integralmente e senza modifiche una nota inviata a questa redazione dall’avv. Fulvio Giorgilli:
Scrivo in riferimento all’articolo apparso ieri 12 febbraio sulla testata
giornalistica on line Anagnia.it, relativo alla “…condanna a sette anni
di reclusione confermata in appello per un uomo di Acuto che è stato
accusato di pedofilia su una ragazzina all’epoca dei fatti 13enne ed a lui
legata da vincoli di parentela….”, riportato in calce per intero.
In qualità di legale difensore dell’uomo citato nell’articolo di cui, per
ovvi motivi, ometto il nome, esercito il diritto di replica, ai sensi
dell’art.8, L 47/1948, ed a tale proposito chiarisco alcuni passaggi della
vicenda.
Innanzitutto, il titolo del reato non è quello di pedofilia ma di presunte
molestie sessuali, per il quale la pena già comminata in primo grado di sei
anni più uno per le aggravanti, è quella minima prevista dal codice penale
e non la massima, come erroneamente indicato.
Ad oggi non è dato conoscere le motivazioni esatte della sentenza della
Corte di Appello, depositate nei prossimi mesi. Per contestarle, come è
certamente noto, è ancora percorribile la via del giudizio per Cassazione,
solo all’esito del quale si potrà dichiarare definitivamente chiusa la
vicenda processuale.
Ricordo, infatti, che l’imputato non è considerato colpevole sino alla
condanna definitiva ovvero sino alla sentenza che non si può più impugnare.
Dunque, per l’uomo, oggi di certo non si “spalancano le porte del carcere”,
come frettolosamente scritto nell’articolo.
Alquanto deprecabile è anche la dichiarazione della collega difensore della
parte offesa, come riportata nel pezzo, perché ella lo diffama
chiamandolo “orco che si è avventato su una vittima indifesa”, ben
conoscendo il principio sopra richiamato della colpevolezza dell’imputato
attestata solamente all’esito della definitività della sentenza di
condanna. L’avvocato della parte offesa si assume la responsabilità delle
sue affermazioni. Ritengo che sarebbe stato opportuno un maggiore controllo
editoriale rispetto al contenuto di tale affermazione diffamatoria riferita
dalla collega avversaria e così riportata, anche relativamente alla
continenza delle espressioni utilizzate, pur ammesso il diritto di cronaca.
Ritengo l’articolo profondamente lesivo della immagine dell’uomo e per egli
pericoloso dato che la piccola comunità di Acuto potrebbe risalire alla sua
identità e giudicarlo ancor prima che il giudizio penale su di lui sia
definito e definitivo.
In ordine alla questione delle prove processuali preciso che, al contrario
di quanto si legge nell’articolo, le testimonianze assunte nel giudizio di
primo grado non hanno dimostrato alcunché avendo avuto solamente una
valenza de relato ovvero i testimoni hanno riferito quanto da loro detto
dalla ragazzina non sussistendo, allo stato, alcuna altra prova dei fatti,
nè fisica nè oggettiva, mentre l’attuale pronuncia di colpevolezza si è
basata solamente sulle dichiarazioni della parte offesa che sono da
considerare tutt’altro che assolutamente credibili, come erroneamente valutato
dal tribunale di primo grado ed, a questo punto, sembra anche da parte
della Corte di Appello. Infatti, non è ammissibile che la parola di una
presunta vittima di abusi sessuali, ancorché minorenne, possa portare ad
una condanna sic et simpliciter. In definitiva, qui si tratta della
parola della “presunta” parte offesa contro quella del “presunto” colpevole
il quale, giustamente, si è sempre dichiarato innocente e continuerà a
farlo sino alla fine del giudizio di Cassazione. Il concetto di presunzione
è d’obbligo in questo caso giudiziario.
Invito i lettori a non dimenticare il noto principio processualpenalistico
per cui, qualora non si sia in presenza della certezza della colpevolezza,
il giudice dovrà necessariamente optare per la presunzione di innocenza. Si
confiderà, a questo punto, sul prossimo giudizio finale della Corte di
Cassazione che chiuderà la vicenda e sulla applicazione di tale principio
da parte dei giudici di legittimità.
Per quanto precede, vorrà pubblicare questa mia nota di replica, come da
richiesta.
Cordialità.
Avv. Fulvio Giorgilli