Per circa 50 anni ha vissuto ad Anagni, nella centralissima piazza Sant’Angelo, pieno centro storico, dopo che – terminato il secondo conflitto mondiale e venuta a sapere che il suo fidanzato era morto in battaglia in Albania – si era trasferita qui prestando i propri servigi come collaboratrice domestica presso una importante famiglia nobiliare.
Ad Anagni era molto conosciuta, e tutti le volevano bene; Severina Facco era nata il 25 settembre 1918 a Campo San Martino in provincia di Padova e ieri – mercoledì 5 luglio – è venuta a mancare all’età di quasi 105 anni. Durante gli anni della Resistenza il suo nome di battaglia era “Italia”: già da giovanissima era molto attiva; il suo ruolo – che le è valso la medaglia del Ministero della Difesa conferita in occasione dei 75 anni della Liberazione – fu quello di staffetta.
“Nella stalla di maiali vicino alla sua casa a Marsango – si legge in Patria Indipendente, periodico dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia – la partigiana Italia si organizzava per nascondere i messaggi per i combattenti del Primo Battaglione Stella della Brigata Garibaldi “Francesco Sabatucci”, operante nel nord della provincia. Negli stessi locali era abituata anche a organizzare incontri clandestini o a nascondere persone, come molti militari alleati“.
“Severina non si limitava ovviamente a celare i messaggi partigiani in luoghi sicuri. Il vero compito era quello di distribuirli e farli arrivare a destinazione, facendo la spola in bicicletta tra Padova e Cittadella. Quando aveva poco più di vent’anni nelle ruote della sua vecchia bici c’erano già centinaia di chilometri percorsi per recapitare i messaggi”.
“Se la vide brutta, ricordava il partigiano Emilio Pegoraro proprio su Patria, quando i tedeschi si insediarono in un palazzo di proprietà di un certo Silvino Facco dove erano nascoste numerose armi del Battaglione. Venne così incaricata dal Comando di recarsi nell’edificio e rendersi conto della situazione. Gli occupanti però si insospettirono, la trattennero e la interrogarono. Lei non cedette e riuscì a notte fonda a farsi rilasciare”.
“Un’altra volta, mentre consegnava alcuni manifesti a un partigiano, fu vista da alcuni fascisti. Poteva essere la fine, ma Italia non era tipo da perdersi d’animo: strinse a sé il partigiano fingendo un incontro romantico. I fascisti passarono oltre, non senza riservare sorrisetti maliziosi alla coppia. Delle sue frequentazioni molto sorpresi erano i vicini di casa, che non avevano capito quale era l’attività di Severina nella lotta e vedendo che riceveva visite da molti giovani (persone da accompagnare in montagna) commentavano: “Ma quanti morosi ha Severina!”. Severina Facco, coraggiosa, stimata e amata, ha ricevuto vari riconoscimenti istituzionali nel corso del dopoguerra”.
Tornata, alcuni anni fa, nella sua Piazzola sul Brenta, dove con l’ANPI aveva festeggiato un secolo di vita, si è spenta ieri, circondata dall’affetto dei nipoti e dei tanti pronipoti.
Le esequie si terranno domani – venerdì 7 luglio – nella chiesa di Marsango; porterà l’omaggio dell’ANPI la presidente provinciale e componente del Comitato nazionale, Floriana Rizzetto.